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I “responsabili” non sono avvoltoi, Renzi rischia una brutta fine politica. L’analisi di Campi

Razzi

“Saltafossi e avventurieri”, ma il nostro sistema politico è sempre stato costretto a ricorrere a queste figure, che dimostrano grande capacità di manovra. È la democrazia parlamentare. Ma nel Pd si sono dimostrati molto più attaccati alla poltrona rispetto ai “responsabili”. Conversazione con Alessandro Campi, politologo e docente dell’Università di Perugia

Moriremo democristiani. “No, moriranno democristiani”. Per costruire l’identikit del ‘costruttore’, figura in auge già da dopo il discorso di fine anno pronunciato dal Capo dello Stato, abbiamo chiesto ad Alessandro Campi, politologo e docente all’Università di Perugia. “Non è un caso che da quando sono partiti gli appelli per salvaguardare la tenuta dell’esecutivo i primi a muoversi siano stati vecchi democristiani come Gianfranco Rotondi. O comunque navigati politici come Bruno Tabacci”.

Certo, sono scafati, maneggiano la dialettica parlamentare con acribia e sanno esattamente dove colpire “sfruttando le contingenze, in questo casa la crisi, sanno diventare essenziali”. La chiave di volta è proprio quella di passare “dall’essere peones qualunque al diventare indispensabili per la tenuta di un esecutivo”. Sebbene il primo impulso sia quello di trattare i ‘costruttori’ o ‘responsabili’ che dir si voglia con disdoro, Campi riequilibra la situazione, concedendo le attenuanti strategiche.

“I responsabili – dice il docente – si limitano a sfruttare le pieghe parlamentari per assumere un ruolo che in alternativa non avrebbero. Una logica che non può essere valutata solo dal punto di vista moralistico. Il problema è alla fonte: noi abbiamo un sistema politico nel quale si è costretti a ricorrere a questi mezzi per rimanere a galla”. Tradotto: democrazia parlamentare. È chiaro che per molti “alla base di alcune scelte di campo c’è un tornaconto politico, ma comunque tutto questo rientra a pieno titolo nelle dinamiche democratiche”.

Non è peraltro la prima volta che nella storia recente della politica si attinge a questi ‘concorrenti esterni’ per salvare la ghirba al Governo. Poi certo, il doppiopesismo di chi definiva queste operazioni come ‘mercimonio dei parlamentari’ e ora li definisce ‘costruttori’ è evidente. Ma questa è un’altra storia. Non nasconde neanche Campi che comunque spesso si tratti di “saltafossi e avventurieri, ma sui novelli Scilipoti vorrei spezzare una lancia a loro favore. Si tratta infatti di figure iper politiciste che, come detto, riaffiorano dall’ombra nei momenti delicati, ma che comunque dimostrano una grande capacità di manovra politica e di tattica”.

In questo senso, Clemente Mastella docet. C’è poi, secondo Campi, un’altra lettura delle parole pronunciate da Mattarella che in un certo senso aiutano a spiegare l’atteggiamento del Colle in questi giorni. “Il Quirinale – spiega Campi – mi pare che abbia dato il via libera al tentativo di Conte di crearsi una nuova maggioranza in Parlamento. Spinto ragionevolmente anche dalle rassicurazioni che lo stesso Conte ha dato”. Il passaggio cruciale sarà martedì al Senato “quando effettivamente vedremo se il Premier troverà una nuova maggioranza per proseguire con il suo Esecutivo”.

Quindi stando alle parole dell’accademico quella di un Conte ter con una nuova compagine che di fatto escluda il senatore fiorentino, sarebbe una prospettiva auspicata anche dallo stesso Capo dello Stato. “Mattarella ritiene che ogni altra alternativa a questo Governo sia difficilmente realizzabile o comunque politicamente complessa da formare. Per cui, di fatto, si prosegue”. Anche se la prospettiva è quella di un esecutivo “molto poco stabile e facilmente soggetto a ricatti”. Campi comunque non è dalla parte degli scandalizzati dall’atteggiamento guascone del leader di Italia Viva: “Gioca un po’ a sfasciare, fa un po’ la prima donna. Ma in fondo è il Renzi di sempre”.

Ciò che colpisce del tono utilizzato nel corso della conferenza stampa con la quale si è ufficialmente aperta la crisi di governo è “la sostanziale autocritica che Renzi ha fatto a se stesso, rivolgendo le accuse al premier. Renzi come Conte è sempre stato un accentratore, uno che ha personalizzato le sue battaglie politiche e che sui media si è sempre sovraesposto”. Va dato atto al senatore di Firenze che “la sua battaglia l’abbia condotta assolutamente alla luce del sole, ponendo anche questioni serie come la governance sul Recovery”.

La componente di rischio di questa operazione, per Italia Viva, è altissima. “Se effettivamente Conte riuscirà a trovare una nuova maggioranza senza il sostegno di Italia Viva, Renzi rischia di fare una brutta fine….politicamente. Un po’ come fece Gianfranco Fini”. Ancora echeggia il ‘Che fai, mi cacci?’. Quello che però Campi rileva è che “le battaglie che ha condotto Renzi le avrebbe dovute portare avanti Zingaretti a nome di tutto il Partito Demcratico. I dem, vista la storia che hanno alle spalle e quello che ambiscono a rappresentare, avrebbero a mio giudizio dovuto pretendere maggiore collegialità nelle decisioni del Governo”.

E invece si sono dimostrati “molto più attaccati alla poltrona rispetto ai ‘responsabili’”. Nel frattempo, nella compagine di centrodestra, più che altro si sonnecchia. “Per ora i partiti della coalizione di centrodestra hanno una posizione attendista, sebbene siano consapevoli che potrebbero essere gli unici a trarre vantaggio da questa situazione”. Specie, se si tornasse alle urne.

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