Quasi inattiva dal 2003, la Borsa di Caracas cresce in maniera sostenuta. L’apertura economica del regime e il processo ormai imminente di dollarizzazione offrono ad investitori e imprese l’opportunità di scommettere in un Paese ricco di risorse
I mercati finanziari continuano a stupire. Questa volta la sorpresa arriva dal Sudamerica. Nonostante la crisi economica e l’iperinflazione, negli ultimi mesi la Borsa del Venezuela è salita – e continua a farlo – in maniera sostenuta, come effetto di un’imminente apertura economica del Paese. L’ultimo giorno ha registrato +20%.
A contribuire all’ottimismo dei mercati c’è stata la notizia dell’accelerazione del processo di dollarizzazione da parte del regime venezuelano.
Nel discorso di inizio anno, Nicolás Maduro ha annunciato l’approvazione dell’uso della moneta straniera nelle transazioni bancarie: “Si sta autorizzando l’apertura di conti in moneta convertibile in dollari. […] I venezuelani adesso potranno pagare in bolivares (la moneta locale venezuelana, ndr) con le carte di conti correnti in dollari. La dollarizzazione dell’economia è una valvola necessaria per la vita economica del Paese”. Il leader del regime ha anche promesso che la produzione petrolifera nel 2021 sarebbe arrivata a 1,5 milioni di barili al giorno (ora è a meno di 500.000).
Durante il 2020, la crescita economica è caduta del -70% e il Paese ha ricevuto -98,6% delle entrate economiche rispetto al 2013. L’iperinflazione, secondo i dati ufficiali del regime, è di 3100%, ma per le organizzazioni indipendenti molto di più. Per la Bbc quella venezuelana è la terza iperinflazione più lunga della storia.
Per questo il governo socialista punta sulle cosiddette “rimesse”, ovvero, il trasferimento di denaro che arriva dall’estero da parte di privati, quasi sempre effettuato da lavoratori stranieri a beneficio di famigliari o amici. In Venezuela sono arrivati più di 2 miliardi di dollari con questa modalità.
Con la dollarizzazione delle transazioni, le banche venezuelane potrebbero offrire conti in dollari, e l’utilizzo di carte di credito in moneta straniera, e su ogni operazioni lo Stato potrebbe prendere delle commissioni.
Sebbene non si tratti di economia reale, il mercato finanziario del Venezuela sembra rinato negli ultimi mesi. Il motivo è che il sistema economico non subisce più il controllo di prezzi, che fino a poco tempo erano regolarizzati dallo Stato, né il controllo dell’indice di conversione delle valute straniere, imposto dal 2001 dall’ex presidente Hugo Chávez.
In un reportage della Bbc, il fenomeno della rinascita della Borsa di Caracas si spiega perché “c’è un ambiente più amabile per il settore privato e le transazioni, in un tentativo di attrarre investimenti ed entrate per i conti in rossi dello Stato”. E la Borsa venezuelana, beneficiata da questa liberazione, è un buon termometro di questo momento.
Fondata nel 1947, la Borsa di Caracas ha vissuto un momento di gloria negli anni ’90, quando registrava scambi per circa 5 milioni di dollari al giorno e 4 miliardi di dollari all’anno. Ma dal 2003, con il controllo di conversione della moneta straniera imposta da Chávez, è rimasta quasi inattiva.
Fino ad ora, che sembra essersi svegliata, ma comunque con cifre molto basse. In un giorno, per esempio, la Borsa di Caracas può registrare circa 40.000 dollari, ma rispetto agli anni precedenti è già abbastanza.
A novembre, il regime venezuelano autorizzò le emissioni del debito in dollari, la moneta che circola quotidianamente nel Paese. Secondo l’agenzia di consulenza venezuelana Ecoanalítica, in Venezuela due terzi delle operazioni (dall’acquisto del pane al pagamento dello stipendio) avvengono in dollari.
Nel 2017 solo quattro compagnie venezuelane erano in Borsa; quest’anno sono 32, con indici di titoli che continuano a battere record. Di fronte all’incapacità delle banche di offrire finanziamenti, le poche imprese che sopravvivono in Venezuela puntano alla Borsa come una soluzione.
“Il mercato serve come una via di finanziamento delle aziende che sono rimaste – sostiene la Bbc – e scommettono su una nuova Venezuela, un’apertura economica, un cambio di modello”. E se a questo si aggiunge il cambio di retorica di Maduro, più gentile verso il settore privato, la formula è vincente, almeno sulla carta.
Tuttavia, prima che questo rinascere del mercato finanziario si rifletta nel recupero dell’economia venezuelana dovrà passare molto tempo. Ad oggi, il governo di Maduro non è capace di riattivare la produzione dell’industria petrolifera, ed è ancora sotto sanzioni internazionali per violazione ai diritti umani e collegamenti con il narcotraffico internazionale. Insomma, resta una dittatura.