La Cina è la principale minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti. Parola di William Burns, prossimo capo della Cia, ascoltato dalla commissione Intelligence del Senato. E nella disclosure spuntano anche bottiglie di vino regalate dall’ambasciatore italiano
“Non è come la competizione con l’Unione Sovietica durante la Guerra fredda”. Gli Stati Uniti hanno di fronte “un avversario con un’ambizione tecnologica straordinaria e capace anche in termini economici”. Così William Burns, nominato dal presidente Joe Biden come futuro direttore della Cia (qui un ritratto di Formiche.net con le voci di chi l’ha visto da vicino), ha definito la Cina la principale minaccia per la sicurezza degli Stati Uniti durante l’audizione di conferma di fronte alla commissione Intelligence del Senato. Diplomatico di carriera per 33 anni al servizio della dipartimento di Stato, ha criticato fortemente la postura della Repubblica popolare cinese durante la presidenza di Xi Jinping, il cui approccio è stato definito in termini di “ambizione e assertività aggressive e palesi”.
PIÙ DIPLOMAZIA CHE INTELLIGENCE
L’audizione è stata “molto più un’incoronazione che una sessione di domande e risposte”, con “discussioni più incentrate sulla politica estera che su questioni di intelligence”, ha evidenziato il New York Times.
ATTENZIONE A MOSCA
Da ex ambasciatore Mosca, Burns ha sottolineato come nonostante il declino la potenza guidata da Vladimir Putin abbia dimostrato di poter essere comunque dirompente, in particolare con operazioni “asimmetriche” come l’hackeraggio del colosso SolarWinds. “Non possiamo permetterci di sottovalutarli”, ha dichiarato.
I RAPPORTI CARNEGIE-CINA
Alcune domande dei membri della commissione hanno riguardato il suo ruolo alla guida del think tank Carnegie Endowment for International Peace dal 2015. In particolare, il senatore repubblicano Marco Rubio della Florida, vicepresidente della commissione, gli ha domandato della partecipazione dell’istituto alla China-United States Exchange Foundation e dei legami con la Tsinghua University di Pechino. Il diplomatico ha risposto spiegando di aver ereditato il rapporto con il programma di scambio quando è diventato presidente della Carnegie e di averlo interrotto in brevissimo tempo a causa delle preoccupazioni di influenze cinese. Allo stesso tempo, ha cercato di assicurarsi che i legami del Carnegie con la Tsinghua University non inficiassero l’indipendenza del lavoro del think tank statunitense.
LA DISCLOSURE
Nelle risposte scritte alle domande presentate dalla commissione c’è anche spazio per una disclosure dei regali sopra i 100 dollari ricevuti da presidente del Carnegie (incarico ricoperto dal febbraio 2015). La maggior parte sono bottiglie di vino di ambasciatori alleati. In questi anni Burns, nominato nel gennaio 2017 Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dal presidente Sergio Mattarella, ha ricevuto anche due bottiglie e cesti regalo da parte dell’ambasciatore italiano (durante il mandato di Burns al Carnegie si sono alternati due ambasciatori italiani a Washington: Claudio Bisogniero e dal marzo 2016 Armando Varricchio). Qualche perplessità ha invece suscitato un viaggio di gruppo al Super Bowl, pagato dall’ambasciatore dell’Arabia Saudita, Paese al centro dell’attenzione dopo le aperture della precedente amministrazione nonostante la questione dei diritti umani.