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La Brexit picchia sulla Borsa di Londra. E Amsterdam gode

Amsterdam supera la piazza britannica per volume di azioni giornaliere scambiate. Colpa delle regole non più omogenee. Ma per gli analisti non è la fine di un’era. Londra continuerà ad essere un baricentro dei mercati

Freccia a sinistra, e sorpasso. La Brexit comincia a fare male al Regno Unito, che perde il suo primo, vero primato d’Europa: quello della Borsa. Fino a poco tempo Londra deteneva lo scettro di prima piazza finanziaria del Vecchio Continente, anche grazie alla presenza del London Stock Exchange, il gruppo che di recente ha ceduto Borsa Italiana al consorzio pan-europeo guidato da Euronext. Ora però, il vento sembra essere cambiato, complice la Brexit.

Al punto che la Borsa inglese non è più la prima in Europa per volumi scambiati. Tra gli effetti della Brexit c’è stata infatti una migrazione delle transazioni verso le piazze finanziarie continentali, in particolare Amsterdam che ha appena piazzato il sorpasso: a gennaio ha scambiato 9,2 miliardi di euro di azioni ogni giorno, contro gli 8,6 miliardi di Londra. La notizia del sorpasso olandese è arrivata niente meno che dal Financial Times, il quotidiano simbolo della City.

Che cosa c’è a monte di questo storico cambio al vertice delle Borse europee? Semplicemente il divieto imposto alle istituzioni finanziarie con sede nell’Ue ma che commerciano con Londra di godere e usufruire della medesima vigilanza. In altre parole, la Brexit ha reso certe regole di vigilanza, quelle britanniche e quelle continentali, improvvisamente eterogenee.

Risultato, senza questa equivalenza per facilitare gli scambi transfrontalieri, c’è stato uno spostamento immediato di 6,5 miliardi di transazioni da Londra verso l’Ue e questa diaspora ha finito per ingrossare i volumi della piazza finanziaria di Amsterdam. Certamente per il Regno Unito la perdita del primato nei mercati ha la sua rilevanza, nonostante con la Brexit fosse tutto sommato prevedibile.

Gli analisti affermano che l’emorragia di scambi azionari non significa automaticamente la perdita di migliaia di posti di lavoro in terra inglese. E poi  tale sorpasso “è sì simbolico in quanto Londra ha perso il suo status di sede del trading europeo, ma ha al contempo la possibilità di ritagliarsi una propria nicchia nel mercato azionari”, ha detto Anish Puaar, analista di Rosenblatt Securities a Londra. “I gestori di fondi saranno più interessati alla disponibilità di liquidità e ai costi di collocamento di un’operazione, piuttosto che se un ordine viene eseguito a Londra o Amsterdam”. Insomma, non tutto è perduto.

 

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