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Il debiti spaventano Pechino. Dopo le banche, allarme rosso per le imprese

La commissione di vigilanza sulle aziende statali lancia l’allarme debito e invita i gruppi industriali a prendere misure per scongiurare il default in caso di crisi sistemica o downgrade cinese. Una nuova tegola per il Dragone, già alle prese con le sofferenze bancarie e l’enorme esposizione degli enti locali

Tutta colpa dei debiti. Qualcosa in Cina si sta inceppando, con il serio rischio di indebolire dalle fondamenta la poderosa macchina da Pil cinese. Come raccontato a più riprese da Formiche.net, sono tanti i guai del Dragone di questi mesi. E su più fronti.

Uno di questi è l’enorme debito in pancia alle imprese nazionali, banche incluse. A dispetto di un Pil 2020 aumentato del 2%, in netta controtendenza rispetto al -5% su scala globale, l’economia dell’ex Celeste Impero sta rivelando alcune fragilità strutturali, soprattutto in materia di debito: le banche continuano a scontare il peso delle sofferenze nei loro bilanci mentre le imprese, soprattutto statali, sono sempre più indebitate: la pandemia non fa sconti, nemmeno alla Cina e per continuare a vivere in assenza di fatturato, le grandi imprese cinesi hanno dovuto fare ricorso ai finanziamenti bancari.

Risultato, la situazione potrebbe sfuggire di mano, presto o tardi, soprattutto in caso di nuove crisi globali non necessariamente legate a una pandemia o di downgrade sul debito sovrano, vista e considerata la natura contagiosa di ogni debito. Al punto che avrebbe deciso di muoversi niente meno che la Commissione per la supervisione e l’amministrazione dei beni di proprietà statale, l’occhio vigile della Repubblica Popolare sul sistema industriale nazionale. Invitando espressamente le grandi imprese di Stato a mettere sotto controllo i rispettivi indebitamenti, mediante apposite linee guida. Un alert in piena regola che mira a scongiurare crisi di debito nazionali dalle conseguenze ignote.

“Un certo numero di imprese cinesi”, ha raccontato il portavoce della commissione Peng Huagang, “è stato dichiarato insolvente di recente, a causa della pandemia, delle fluttuazioni del mercato e di altri motivi esterni. Il tutto condito da una certa mala gestio.” A questo punto, la commissione formulerà una serie di linee guida per sollecitare le autorità di regolamentazione locali a identificare accuratamente le società ad alto rischio e a gestire adeguatamente i rischi di una crisi sistemica.

Le avvisaglie di un allarme rosso comunque c’erano state. Già pochi mesi fa alcune imprese cinesi avevano segnalato alla commissione alcune insolvenze sulle obbligazioni societarie emesse lo scorso anno per raccogliere liquidità dal mercato in mancanza di ricavi, causa Covid. Un esempio, il default obbligazionario del gruppo statale cinese Yongmei e del gruppo Brilliance Auto.

Ma non ci sono solo le banche e le imprese alle prese con il problema debito. Anche gli enti locali, comuni e province, rischiano di franare sotto il peso dei debiti. I governi locali (31 governi provinciali, 334 municipi, 3mila contee e 40mila città locali) hanno infatti creato una massa di debito pari al 20% del Pil, costringendo la China development bank a riscattare di volta in volta i governi locali sull’orlo del fallimento. D’altronde, le cifre del debito locale sono mostruose, come riportato dal Sole 24 Ore citando numeri del ministero delle Finanze cinese. A fine 2018, prima della pandemia, lo stock era di 18,4 trilioni di yuan (2.74 trilioni di dollari). Ma a marzo 2020 la montagna era già a 22,8 (3.2 trilioni di dollari). Non un buon programma.

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