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L’agenda Draghi per l’Italia e quegli anni insieme al Tesoro. Parla Cipolletta

Intervista all’economista e presidente di Assonime Innocenzo Cipolletta, che lavorò insieme a Mario Draghi ai tempi del primo governo di Bettino Craxi: entrambi ricoprivano il ruolo di consigliere economico dell’allora ministro del Tesoro Giovanni Goria

“Abbiamo lavorato insieme ai tempi del primo governo guidato da Bettino Craxi, nella prima metà degli anni ottanta: facevamo entrambi parte, in qualità di consiglieri economici, dello staff dell’allora ministro del Tesoro Giovanni Goria. Ovviamente Mario dava già grandi prove di rapidità e di intelligenza”. L’economista e presidente di Assonime Innocenzo Cipolletta Draghi lo conosce bene anche personalmente per averci lavorato fianco a fianco a Roma prima che il presidente del Consiglio incaricato assumesse nel 1984 la carica di direttore esecutivo della Banca mondiale. “Fui io a sostituirlo a Firenze, nel corso che teneva presso l’università del capoluogo toscano, quando dovette partire per Washington”, ha ricordato Cipolletta in questa conversazione con Formiche.net, nella quale ha affrontato i principali nodi che attendono Draghi alla prova di Palazzo Chigi, pur sottolineando di non volergli rivolgere consigli specifici: “E’ talmente bravo che non ne ha bisogno”.

Professor Cipolletta, cosa pensa che Draghi abbia appreso in quel periodo al ministero con Goria?

Quell’esperienza gli dette la possibilità di passare dall’accademia, da cui proveniva, all’amministrazione che avrebbe poi caratterizzato tutta la sua carriera, dalla Banca mondiale alla direzione generale del Tesoro, dalla presidente della Banca d’Italia a quella della Banca centrale europea. Credo sia stato un passaggio certamente molto utile per la sua formazione.

Anche quell’esperienza gli tornerà probabilmente utile ora che si accinge a un incarico così prestigioso ma anche così difficile. Cosa lo aspetta?

I compiti sono numerosi, li ha enunciati lui stesso: la gestione e l’uscita dall’emergenza pandemica, l’implementazione e la definizione della campagna vaccinale, il completamento del Recovery Plan. Senza dimenticare il day by day che è già di per sé qualcosa di estremamente impegnativo. Tra le priorità su cui dovrà concentrarsi con rapidità ci sono le procedure di semplificazione così da consentire all’amministrazione di lavorare più speditamente per dare concreta esecuzione ai progetti del Recovery Fund. Penso alla realizzazione delle infrastrutture ma pure, più in generale, al compimento di tutte le attività che il Paese deve portare avanti in questa fase.

Su quale aspetto principale del funzionamento della pubblica amministrazione ritiene si debba intervenire?

Mi riferisco in particolare al sistema di controlli preventivi che non assicurano la correttezza dei comportamenti dei funzionari pubblici ma che ne frenano completamente l’operatività. Si tratta di un handicap italiano molto forte che determina una situazione di lentezza, o in alcuni casi addirittura di paralisi, della pubblica amministrazione italiana. Un elemento importante che il governo dovrà affrontare fin da subito perché altrimenti i progetti del Recovery Fund rischiano di rimanere bloccato o, nel peggiore dei casi, di non vedere neppure la luce.

Cosa occorre fare dunque a suo avviso?

Bisogna tutelare i dirigenti e i funzionari pubblici dai rischi penali e contabili collegati all’esercizio del loro lavoro. Penso al reato di abuso d’ufficio che non esiste in altri ordinamenti giuridici. Oppure al danno erariale di fronte alla Corte dei Conti, che esiste anche per fattispecie colpose e non solo dolose. Assurdo e, soprattutto, inutile. Anzi, dannoso.

Per quale ragione professore?

Perché in questo modo non si riduce il rischio di comportamenti deviati da parte dei nostri dirigenti, ma se ne mina in profondità la capacità di amministrare, che vuol dire appunto scegliere e decidere. Se non glielo consentiamo, finiamo con l’inaridire tutto il settore pubblico con conseguenze nefaste per l’intero sistema Paese. Dobbiamo ammettere che gli amministratori possano sbagliare e permettergli di svolgere il loro lavoro. E al tempo stesso, ovviamente, dobbiamo essere inflessibili nei casi di corruttela.

A cosa in particolare deve prestare attenzione Draghi? Da quale rischio si deve guardare?

Sono sicuro che si tratti di un rischio che Mario non corre perché è una persona misurata e consapevole dei limiti di ogni azione. Però in questi casi il pericolo è che l’adulazione iniziale porti a una sorta di auto-compiacimento. E, soprattutto, a credere di essere infallibile. Naturalmente nessuno lo è.

In chiave europea quale potrà essere il contributo di Draghi?

Penso possa giocare un ruolo importantissimo. L’auspicio è che il Next Generation Eu rappresenti solo l’inizio di un percorso e non una semplice casualità. Ci aspettiamo che l’Unione tenga, anche dopo la pandemia, lo stesso atteggiamento di apertura, solidarietà e spinta alla crescita economica avuto in questi ultimi mesi di emergenza. Questa grande innovazione del periodo pandemico, che finora ha rappresentato un una tantum, mi auguro davvero che diventi la politica di domani dell’Europa. E penso che Draghi possa essere determinante affinché ciò avvenga.

Con quali lenti Draghi dovrà guardare ai partiti a suo avviso?

Tranne Fratelli d’Italia i partiti oggi sono tutti allineati. Si tratta di non favorirne uno in particolare, perché evidentemente questo genererebbe problemi, e di rassegnarsi all’idea che questa larga maggioranza, nel corso dei mesi, possa via via dimagrire un po’. Mi pare fisiologico che qualcuno possa poi sfilarsi. Nel caso non sarebbe la fine del mondo. Draghi dovrà andare avanti con il suo programma, il più possibile a prescindere dalle forze politiche, che è difficile possano assicurargli questa unanimità fino alla fine del suo mandato.

Perché professore a suo avviso?

Perché governare significa assumere decisioni politiche che per loro natura non sono mai neutre. E poi perché, con il progressivo avvicinarsi del voto, qualche partito potrà iniziare a ritenere conveniente passare all’opposizione per ragioni elettorali. Non dimentichiamoci che si va verso un periodo intenso da questo punto di vista, prima con il voto per il nuovo Presidente della Repubblica e poi con le elezioni politiche che, al più tardi, si svolgeranno nella prima parte del 2023.

Professore, l’arrivo di Draghi al governo segna la rivincita dei cosiddetti civil servant?

Di civil servant ce ne sono tanti anche ora in Italia ma spesso, purtroppo, non sono messi nelle condizioni di emergere. Questo Paese è fatto di persone perbene, strutturate e di contenuto e valore. Anche la pubblica amministrazione. Guardi come abbiamo affrontato la pandemia: quel che di buon c’è stato lo dobbiamo soprattutto alle strutture burocratiche, come il comitato tecnico scientifico e gli apparati della sanità pubblica. Molto meno, invece, ai politici che hanno fatto un gran rumore di sottofondo. Penso alle regioni con questi fantasiosi governatori, ciascuno con le proprio ricette, talvolta strampalate. Sono convinto che il Paese abbia buoni amministratori. Li aveva negli anni 80 e li ha anche adesso. Dobbiamo solo lasciarli lavorare.

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