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Come e perché Israele e Kosovo si parlano (grazie agli Usa)

L’avvio dei rapporti bilaterali porta benefici a Tel Aviv tanto quanto a Pristina, e Washington DC si congratula per un altro tassello del puzzle della stabilizzazione della regione allargata che va dal Medio Oriente al Mediterraneo

Israele e Kosovo hanno stabilito questo lunedì relazioni diplomatiche formali. Sebbene ancora solo online, a causa delle restrizioni imposte dal coronavirus, i funzionari dei due Paesi hanno dato il kick-off ai collegamenti secondo un accordo mediato dagli Stati Uniti che include l’impegno del Paese a maggioranza musulmana di aprire un’ambasciata a Gerusalemme.

“Congratulazioni a Israele e Kosovo per aver stabilito formalmente relazioni diplomatiche. Una giornata storica. Quando i nostri partner sono uniti, gli Stati Uniti sono più forti. Legami internazionali più profondi aiutano a promuovere la pace e la stabilità nei Balcani e in Medio Oriente”, ha scritto su Twitter il portavoce del dipartimento di Stato statunitense. “Oggi Israele diventa il 117esimo stato a riconoscere il Kosovo come stato indipendente e sovrano. Il nostro popolo ha rapporti amichevoli e da oggi iniziamo relazioni come due stati”, ha detto durante la cerimonia, alla quale ha partecipato il vice segretario aggiunto degli Stati Uniti, Matthew Palmer.

Per Israele l’apertura dei rapporti con il piccolo Paese balcanico è una continuazione della normalizzazione in corso con i Paesi arabi e musulmani – seguita agli Accordi di Abramo, intesa anche questa sponsorizzata dall’ex presidente americano, Donald Trump. Per Tel Aviv il successo è triplo: primo, si mostra come honest broker a Washington (e davanti alla nuova amministrazione Biden queste stabilizzazioni sono ben viste); secondo, ottiene il riconoscimento di Gerusalemme come città/rappresentanza dello stato ebraico da un altro Paese e trova sponda sulla questione palestinese (il Kosovo si unirebbe a Usa e Guatemala già presenti, e a Honduras e Malawi in via di definizione); terzo, allarga il numero di Paesi con cui normalizza i rapporti, aspetto centrale sia per il business che per la sicurezza.

Trump ha annunciato l’avviod dei rapporti dei due paesi a settembre come accordo collaterale a un altro di carattere economico tra Kosovo e Serbia. Nell’ambito di quell’intesa anche la Serbia, che ha già legami con Israele, ha accettato di aprire un’ambasciata a Gerusalemme, ma soprattutto entrambi hanno accettato di includere Hezbollah tra le organizzazioni che considerano gruppi terroristici. Un successo per Israele che ha con l’entità libanese collegata a doppio filo con l’Iran un conflitto aperto sin dal 2006 – sotto quest’ottica, le relazioni con Pristina e Belgrado assumono un valore di carattere strategico nel contenimento iraniano.

Durante una cerimonia di firma tenutasi tramite videoconferenza Zoom, il ministro degli Esteri israeliano, Gabi Ashkenazi, ha affermato che i nuovi legami sono “storici” e “riflettono un cambiamento nella regione e nel rapporto del mondo arabo (e) musulmano con Israele”. Ashkenazi ha annunciato di aver ricevuto una richiesta ufficiale dal Kosovo di aprire l’ambasciata nella città santa, e che i funzionari israeliani sperano che il progetto possa concludersi già entro la fine di marzo.

La ministra degli Esteri kosovaro, Meliza Haradinaj-Stublla, ha invece spostato l’attenzione sulla benedizione internazionale: mentre ricordava che il Kosovo e Israele condividono un “legame storico” e hanno entrambi “assistito a un percorso lungo e impegnativo per esistere come popolo e diventare stati”, ha dichiarato di aver parlato nei giorni scorsi con il Segretario di Stato americano, Antony Blinken, il quale ha detto di aver espresso il sostegno del presidente Joe Biden alle nuove relazioni del Kosovo con Israele e all’accordo economico con la Serbia.



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