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Draghi uomo solo al comando, ma il populismo non è finito. L’analisi di Ignazi

Il politologo dell’ateneo felsineo spiega e analizza la compagine dell’esecutivo guidato da Mario Draghi.  Sarebbe interessante ricevere spiegazioni dei leghisti sulle posizioni anti europeiste abbandonate in 48 ore. E i 5 Stelle? “La svolta dei pentastellati è partita due anni fa”, con il tentativo di affiliarsi ai liberali europei

“L’esecutivo è formato da un nucleo di tecnici che si occuperanno precipuamente di economia, agli altri ministri politici Draghi ha affidato le minutaglie”. Il giudizio di Piero Ignazi sulla composizione dell’esecutivo guidato dall’ex governatore della Bce non lascia spazio a fantasie interpretative differenti. Tuttavia l’accademico riconosce che “a Speranza e a Luigi Di Maio il neo incaricato premier ha lasciato posti chiave…d’altronde non sarebbe potuto essere altrimenti”.

Nell’immaginario del politologo, la compagine governativa “avrebbe potuto essere composta da un maggior numero di tecnici. Più che altro per evitare di scendere troppo a compromessi con i partiti. Tanto più che la base parlamentare, assolutamente solida e trasversale, sarebbe stata comunque garantita”. Comunque “mi sarei aspettato maggiore discontinuità rispetto al Conte bis. Si è configurato un Conte ter, con qualche tecnico di valore in più”.

In tutto, dunque, Draghi si è formato un team “per essere l’uomo solo al comando. Coadiuvato dai ministri con i quali ha maggiore feeling: Franco (con il quale ha consuetudine), Cingolani e Colao”. Benché non si spinga a formulare ipotesi sugli incarichi ai sottosegretari, Ignazi richiama alle responsabilità (pregresse) della Lega, riscopertasi partito di governo con un carezzevole verso europeista.

“Per lustri – ricorda il docente – si è detto che i vecchi comunisti non sono stati capaci di trasformarsi in autentici democratici. Alla Lega, di contro, sono bastate 48 ore per trasformarsi da partito anti europeista a partito che sostiene un esecutivo guidato dall’ex vertice della Bce. Ora mi aspetto che i vari teorici del pensiero leghista chiedano scusa. Chiariscano le posizioni che hanno sostenuto per anni. Oppure, vengano cacciati i vari Borghi. Tanto per citarne uno”. Anche se, la vera svolta, “sarebbe che Salvini facesse il passo verso la chiarificazione. Sennò questa operazione risulta essere sempre di più una macchinazione strumentale e di facciata, di scarso respiro”.

Sui pentastellati il discorso invece risale a tempi più remoti. E la svolta europeista è più lontana nel tempo. “I grillini – così il politologo – hanno sempre detto che si sarebbero alleati con chi è disposto a sostenere le loro idee e le loro battaglie. Hanno cambiato rotta nel momento in cui hanno sostenuto il Governo Conte bis. E, non va dimenticato, due anni fa Grillo in Europa tentò di entrare nel gruppo dei liberali. Eravamo a tiro di elezioni del presidente del Parlamento europeo. Le posizioni dei grillini, tanto per dirla con un eufemismo erano già piuttosto basculanti”.

Ignazi per spiegare il comportamento del Movimento 5 Stelle, che pure in queste ore sta sfilacciandosi tra dissidenti e scontenti, cita un recente studio di due ricercatrici universitarie. “Un recente saggio accademico – puntualizza – ha analizzato il comportamento di voto degli esponenti del Movimento 5 Stelle in Europa. Pare strano ma la tendenza dei grillini ha seguito quella del gruppo liberale. Dunque questa, è una svolta che parte da lontano”.

Ritornando alla coalizione di centrodestra, il docente spiega che “Forza Italia ha appoggiato il Governo per salvaguardare gli interessi di Mediaset nell’affaire Vivendi, mentre nel breve termine l’operazione di Giorgia Meloni potrà pagare, sebbene non le garantirà il successo sperato”. Comunque Ignazi non nasconde un “velo di preoccupazione. Non mi faccio illusioni: il populismo non è finito e, in questa fase, occorre interrogarsi su quale tipo di forma assumerà”.

L’unico punto di certezza rimane Mario Draghi. “Avrà il grande merito di portare l’Italia, per la prima volta dopo la Guerra, a capotavola nei consessi europei e stilerà un Recovery plan degno di questo nome”. E Giuseppe Conte? “Ha peccato di onnipotenza, senza capire che sarebbe bastato affidarsi a tecnici del calibro di….Draghi”.

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