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Iraq, ancora missili sull’ambasciata Usa di Baghdad (e sul Jcpoa)

L’ambasciata statunitense in Iraq continua a essere il punto di sfogo delle tensioni che ruotano attorno al grande dossier mediorientale che riguarda l’Iran. Ancora razzi sulla sede diplomatica Usa di Baghdad

Tre missili sono caduti nell’area dell’ambasciata statunitense a Baghdad. A quanto pare non ci sono stati feriti, in questo che è l’ennesimo attacco del genere contro strutture americane e occidentali.

Non ci sono ancora rivendicazioni ma è del tutto presumibile pensare che dietro all’azione ci sia una delle milizie irachene collegate ai Pasdaran. Corpi armati sostentati da alcune strutture interne alla Repubblica islamica (ambienti reazionari collegati all’industria militare) che servono come vettore di influenza regionale e hanno l’obiettivo di mantenere costante l’ingaggio contro gli Stati Uniti.

Recentemente una di queste milizie è stata responsabile dell’attacco contro l’aeroporto di Erbil, dove è rimasto ucciso un operatore civile della base logistica dell’operazione occidentale anti-Is. Un’altra ha colpito la base Balad, in Iraq. Da mesi e mesi questo genere di lancia – solitamente Katyusha e razzi artigianali – colpiscono l’ambasciata americana nella Green Zone della capitale.

In passato il governo americano aveva raggiunto una sorta di tregua, poi rotta e ristabilita recentemente secondo New Arab. Erano due mesi che non c’erano attacchi del genere, ma in questo momento ci sono due fattori di tensione. Il primo riguarda i contatti in corso attorno al Jcpoa, l’accordo sul nucleare iraniano in via di complicata ricomposizione, detestato da queste formazioni massimaliste all’interno dell’Iran che vogliono creare presupposti per rompere il dialogo.

Il secondo è l’annuncio della Nato di aumentare il numero degli effettivi in Iraq, pensato sia come formula per rinfoltire il contingente che addestra le truppe locali contro lo Stato islamico, sia per controbilanciare l’aumento del potere/forze delle milizie – e dunque dell’Iran, che stanno diventando sempre più importanti all’interno del panorama politico e sociale iracheno.

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