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Cosa unisce Usa, Cina e Russia? La morte della politica estera europea

Un editoriale di “Politico” sul funerale della politica estera Ue in occasione dell’incontro Borrell-Lavrov apre il dibattito sul ruolo dei singoli Stati membri. Intanto, però, Mosca e Pechino ne approfittano

“La politica estera europea è morta a Mosca la scorsa settimana. La sepoltura si terrà in mare questa primavera, a circa 35 braccia sotto il Baltico, dove un’imponente nave russa chiamata Fortuna sta posando la sezione finale del gasdotto Nord Stream 2 lungo 1.230 chilometri tra Russia e Germania”.

Con questo durissimo affondo inizia un editoriale di Matthew Karnitschnig di Politico che sta facendo discutere la politica europea, e non soltanto. Nell’incipit del commento c’è già tutto: la notizia, ovvero la morte della politica estera dell’Unione europea; i colpevoli, cioè la Russia e la Germania; il contesto in cui è avvenuta la tragedia, ossia la conferenza di venerdì scorso in cui Josep Borrell, l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (un “titolo altisonante”), ha combinato un “pasticcio” (Financial Times) e subito un’“umiliazione” (Euobserver) durante una conferenza stampa in diretta televisiva con Sergej Lavrov, ministro degli Esteri russo.

La conclusione è ancor più dura: “Se Bruxelles vuole essere presa sul serio, dovrebbe accettare la morte delle sue ambizioni di politica estera e andare avanti”. In mezzo le critiche, soprattutto alla Germania: come i predecessori Catherine Ashton e Federica Mogherini, Borrell ha combattuto per formulare una politica estera dell’Unione europea coerente contro le agende delle capitali nazionali, nota Karnitschnig. Ma la visita a Mosca ha chiarito a tutti che l’ufficio di Borrell gode di “poca autorità” e “ancor meno rispetto”. E ciò rende tutti felici e contenti: “la maggior parte dei membri dell’Unione europea è contenta di mantenere il comodo accordo postbellico di fare affidamento sugli Stati Uniti per la sicurezza e sui propri governi per la politica estera”, scrive Karnitschnig. Il che significherebbe una sola cosa: la fine di qualsiasi ipotesi di autonomia strategica dell’Unione europea.

L’articolo è stato commentato su Twitter da politici ed esperti. “Il testo è severo e la conclusione esagerata ma Karnitschnig fa bene a critiche le divisioni sulla politica per la Russia”, ha scritto Benjamin Haddad, direttore dello Europe Center dell’Atlantic Council, citando un passaggio dell’articolo sugli sforzi “minati” dalla Germania. Thorsten Benner, direttore del think tank tedesco Global Public Policy Institute, ha invitato a considerare il ruolo del presidente francese Emmanuel Macron nel riavvicinare la Russia di Vladimir Putin e ha ricordato gli sforzi tedeschi per un’intesa europea sulle sanzioni.

Lo stesso hanno sostenuto Wolfgang Ischinger, presidente della Munich Security Conference, l’ambasciatore Daniel Fried, ex diplomatico statunitense oggi all’Atlantic Council, e Milan Nic, responsabile dell’Est Europa del German Council on Foreign Relations. “Quando Berlino ha accettato le sanzioni, Putin aveva già raggiunto i suoi obiettivi strategici in Crimea e Ucraina orientale”, ha ribattuto Karnitschnig. Secondo Reinhard Bütikofer, europarlamentare tedesco e portavoce dei Verdi per la politica estera, “qualunque sia il problema con la politica estera dell’Unione europea, alcune persone saranno sempre felici di incolpare la Germania. Come Ischinger e Fried hanno scritto, è più complicato. Le politiche tedesche non sono monocolore, rappresentano contraddizioni interne, mentre l’Unione europea nel complesso è meno divisa di quanto non sia stata”.

Quella della politica estera europea è una condizione talmente critica che Russia e Cina ne hanno approfittato cambiando registro, passando da uno mellifluo a uno assertivo. L’ha dimostrato Mosca durante la visita di Borrell. Ma l’ha fatto anche Pechino definendo “commenti irresponsabili” la richiesta dell’Unione europea di revocare la decisione di oscurare la Bbc.

E anche a Washington qualcuno storce il naso. Nei giorni scorsi su Formiche.net avevamo sottolineato il commento di Judy Dempsey, nonresident senior fellow del Carnegie Europe (il ramo europeo del think tank presieduto dal prossimo direttore della Cia, William J. Burns): “Il viaggio di Josep Borrell a Mosca ha confermato lo stato miserabile della politica estera europea, priva di strategia e direzione. A partire dalla Germania, gli Stati membri devono pensare oltre i propri interessi nazionali”. A meno di non voler diventare, volenti o nolenti, gregari degli Stati Uniti, decisi, come spiegavano nei giorni scorsi su Formiche.net, seguire una strada non-multilaterale inasprendo le politiche con la Russia e portandosi dietro l’inseguimento e l’adeguamento dell’Unione europea.

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