Il primo ministro designato fatica a trovare una quadra. Incontri promossi anche dal Marocco, che vorrebbe giocare la carta di mediatore diplomatico per spingere la stabilizzazione in corso
Dopo la votazione che ha visto uscire vincitori dal Foro di dialogo libico l’accoppiata composta dal presidente Mohammad Menfi e il premier Abdulhamid Dabaiba, si delinea uno scenario politico complesso in Libia. Quello che sta cercando di fare in queste ore il premier designato Dabaiba è la costruzione del governo, che teoricamente (secondo le regole del Foro) dovrebbe essere presentato entro la mezzanotte di oggi, venerdì 26 febbraio. Ci sono riunioni parlamentari in corso, tra Tobruk e Sabratha, con quest’ultima che ha fatto da scenario per un doppio obiettivo: una votazione blitz per dare fiducia a Dabaida, non riuscita; il tentativo di eleggere un nuovo presidente del Parlamento HoR, dal Fezzan, per riequilibrare le quote regionali (e anche per andare contro all’attuale presidente dell’assemblea legislativa, Agila Saleh, esponente delle Cirenaica uscito sconfitto dal Foro), ma anche questo tentativo andato per ora fallito.
Ci sono stati problemi di quorum, oltre che questo genere di riunioni poteva essere considerata non legale, in quanto Sabratha non è l’attuale sede del parlamento HoR, che si trova a Tobruk. Menfi e Dabaiba hanno compreso questa situazione, e allora il primo ministro è volato a Tobruk per incontrare Saleh, per cercare una soluzione. Il premier non portava con sé la lista dei ministri – come è stato detto – ma ha solo spiegato al leader parlamentare dell’Est quale composizione intende dare alla squadra dell’esecutivo. Questo perché Dabaiba sta trovando grosse difficoltà nel comporre l’organico del suo governo, perché ci sono forti opposizioni e divisi interne.
In particolare ci sono scontri attorno al ministero della Difesa, con il Generale Khalifa Haftar, che intende giocare le sue carte su un tema delicatissimo che diventa anche snodo per le complicazioni della formazione del governo.
L’incontro con Saleh doveva servire a trovare una quadra, con il premier che sembra aver chiesto qualche giorno in più per non scontentare le varie parti, ricevendo però un parere negativo dal presidente del Parlamento (e sulla posizione di Saleh pesa anche lo scotto della sconfitta). Il rischio, sollevato da Saleh è che potrebbero esserci dei partiti politici che non accettano questo prolungamento contestando a Dabaiba l’incapacità di aver composto la squadra entro i termini fissato dall’accordo politico. Una situazione che mette a nudo una grande incertezza, frutto anche di un governo debole uscito dal Foro.
Non bastasse, c’è il problema che le truppe militari straniere schierate su entrambi i fronti, che il 23 gennaio avrebbero dovuto lasciare la Libia, sono ancora lì come un peso interno su un processo politicamente delicato e fragile. Fattore che pesa anche sull’idea di Saleh di riunire il parlamento a Sirte, dove i deputati della Tripolitania non si sentono sicuri perché la sicurezza locale è appannaggio delle forze haftarine supportate dai mercenari russi della Wagner.
Sempre a proposito del ruolo di attori esterni, stavolta positivo nell’ottica della mediazione, oggi era prevista una riunione tra Saleh e Dabaiba in Marocco. Un tentativo di Rabat di disinnescare le tensioni, secondo una linea che – come ricordato su queste colonne dall’ambasciatore Pasquale Ferrara, delegato per la Libia della Farnesina – le forze regionali potrebbero giocare, ma purtroppo all’ultimo il premier designato Debaiba ha declinato l’invito ricevuto dal ministro degli Esteri marocchino. Un segno delle difficoltà che sta avendo nella formazione della lista dei ministri.