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L’invasione delle spac negli Usa. Il perché di un successo inarrestabile

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Negli Stati Uniti oggi risiede il grosso delle società che puntano a portare in Borsa le aziende più promettenti. In parte è merito delle start-up della Silicon Valley che si sono sganciate dalle banche d’affari tradizionali per quotarsi. Ma è anche questione di dimensioni, come spiega l’economista Mario Comana

Forse è una crisi di rigetto alla finanza tradizione, o forse no. Fatto sta che le spac sono qualcosa in più di un fenomeno (qui il primo articolo di Formiche.net, dedicato al tema). C’è chi sostiene che dietro il proliferare delle spac, soprattutto negli Stati Uniti, dove l’anno scorso hanno raccolto oltre 80 miliardi sui cento globali, ci sia una sorta di ribellione scaturita nella Silicon Valley, il tempio dell’innovazione e del Big Tech.

RIVOLTA NELLA SILICON VALLEY

L’Economist ha dedicato ampio spazio al fenomeno spac. Ebbene, “il boom della spac riflette, almeno in parte, una ribellione nella Silicon Valley”. Come noto l’obiettivo delle spac è quello di portare in Borsa piccole e medie imprese dalle grandi potenzialità in termini di business. Fino a poco tempo fa il grosso delle aziende della Silicon Valley desiderose di sbarcare a Wall Street si rivolgeva soprattutto alle banche d’affari tradizionali, che assumevano veste di advisor. Le stesse banche però applicavano commissioni piuttosto alte sui servizi resi alle imprese della Silicon Valley, fino al 7%. Le spac sono più convenienti ai fini di realizzare l’Ipo.

IL BOOM AMERICANO

Al punto che proprio ad una spac si è rivolta Spotify, il leader mondiale (svedese) della musica in rete. Ma tornando in terra americana, sono tante le società quotate grazie all’intervento di una spac: Fisker, Lordstown Motors, Hyliion Holdings, Nikola Corporation e Canoo che approderà in Borsa attraverso Hennessey Capital Acquisition.

Ancora, QuantumScape diventerà presto società quotata in Borsa attraverso la spac Kensington Acquisition Corp e Romeo Power, rivale di Tesla nel mercato delle batterie. Fisker, start-up che ha intenzione di produrre Suv elettrici, è sbarcata a Wall Street proprio qualche settimana fa.

L’ultimo colpo è comunque la società americana di gestione Zest che ha lanciato il primo fondo comune di investimento alternativo focalizzato esclusivamente sulle spac quotate sulle borse Usa. Il fondo, denominato Zest US Spac Fund, ha l’obiettivo di sfruttare la rivalutazione dei titoli di queste società-veicolo quotate al Nasdaq o al New York Stock Exchange, disinvestendo sistematicamente prima del completamento della “business combination”, cioè la fusione tra la spac e la società acquisita, che, per effetto dell’incorporazione, si ritrova automaticamente quotata in Borsa.

Il fatto che negli Usa ci sia stato un boom di spac è infatti il risultato di una serie di fattori, spiegati molto bene da Deloitte in uno studio. C’è molto capitale impegnato in fondi alternativi, ma ancora investito, la cosiddetta dry powder dei fondi di private equity, che a fine dicembre 2019 era stimata attorno ai 1500 miliardi di dollari a livello globale, più del doppio dei 686 miliardi di soli cinque anni fa.

La volatilità dei mercati finanziari dovuta alla pandemia da Covid-19 è stata molto alta e i prezzi delle quotazioni ne risentono per definizione, mentre il prezzo stabilito per una business combination ne è immune. Molte società, quindi, hanno rinunciato alla tradizionale strada dell’ipo e hanno preferito quella della spac per arrivare in borsa. Anche perché l’obiettivo della spac è soprattutto quello di raccogliere capitali aggiuntivi per fornire liquidità operativa post-fusione. Questi fattori hanno fatto sì che un certo numero di noti investitori e gestori di hedge fund si siano fatti promotori e sponsor di spac.

LE DIMENSIONI CONTANO

Ora, viene da chiedersi, perché tale pullulare di spac negli Usa. Formiche.net lo ha chiesto direttamente a Mario Comana, professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari alla Luiss. “La questione delle spac è qualitativamente importante, interessante. Però bisogna fare delle distinzioni e soprattutto dei chiarimenti. Il numero delle spac è proporzionale al numero delle aziende target, quelle cioè che la spac vuole portare in Borsa. Dal momento che in Italia abbiamo poche aziende che puntano alla quotazione, le spac sono relativamente poche. Al contrario, visto che le aziende target negli Usa sono migliaia, allora ecco che il numero delle spac aumenta esponenzialmente”.

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