I ministri degli Esteri dei 27 decidono sanzioni contro la Russia per il caso Navalny, poi incontrano il Segretario di Stato Usa Blinken. Ma rimangono distanze sui rapporti con Mosca e Pechino. Ecco quali
Via al processo che porterà entro una settimana a sanzioni contro la Russia per il caso di Alexey Navalny. Al lavoro su eventuali nuove misure contro la Cina per la questione di Hong Kong. Ottimismo per la ripresa dei negoziati sul patto nucleare con l’Iran. Accordo politico per sanzioni contro i responsabili del golpe in Myanmar. Sul tavolo un quarto pacchetto di sanzioni contro la Bielorussia di Aleksandr Lukashenko.
È bastata la presenza in collegamento da Washington del segretario di Stato americano Antony Blinken che l’Unione europea inviasse alcuni importanti segnali di vicinanza agli Stati Uniti al termine del Consiglio Affari esteri tenutosi oggi. Ma basteranno?
Il confronto con il capo della diplomazia statunitense è stato il “momento clou” dell’incontro tra i ministri degli Esteri dei 27 Stati membri, ha spiegato in conferenza stampa Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. È stato un momento “toccante” all’interno di un vertice “denso”, ha continuato il numero uno della politica estera europea, che ha messo in contrasto il ritrovato rapporto transatlantico (a partire dalla lotta al coronavirus e ai cambiamenti climatici) con gli altri provvedimenti prodotti, per lo più sanzioni.
Tema centrale della conferenza stampa è stata la Russia, su cui “c’è consenso tra i ministri” che “sta andando verso uno Stato autoritario e si allontana dall’Europa”, ha dichiarato Borrell. Mosca è interessata solo a “confronto e disimpegno” con l’Unione europea, ha aggiunto ancora visibilmente scottato dal flop diplomatico del suo recente incontro con l’omologo russo Sergej Lavrov — Borrell ha comunque difeso il suo viaggio, spiegando che senza esso l’Unione europea non avrebbe trovato un’intesa sulle sanzioni (vendendolo come un “sacrificio”, ha notato Shashank Joshi dell’Economist su Twitter).
“Non possiamo sanzionare gli oligarchi russi solo perché non ci piacciono”, ha detto Borrell. “Dobbiamo sanzionare chi ha avuto un ruolo nell’arresto, nella condanna o nell’avvelenamento di Navalny”. Perché si tratta dello “stato di diritto” e quindi bisogna essere “in grado di motivare le sanzioni davanti alla Corte”, ha aggiunto utilizzando parole che non hanno fatto che alimentare il sospetto che comunque Bruxelles — guidata da Parigi e Berlino — non voglia rinunciare al dialogo con Vladimir Putin.
In generale, i 27 hanno deciso una strategia per la Russia fondata su tre linee: push back nel caso di violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani); contain contro disinformazione e attacchi cibernetici; engage sui temi di interesse comune. Borrell ha promesso che l’Unione europea sosterrà “chi in Russia difende le libertà politiche e civiili”; ma ha anche invitato a “definire un modus vivendi per evitare il confronto permanente con un vicino che purtroppo sembra aver deciso di fare da avversario”.
Vediamo quale delle due indicazioni prevarrà. E, soprattutto, se ciò basterà agli Stati Uniti di Joe Biden, che hanno ancora nel mirino il gasdotto russo Nord Stream 2. Intanto, il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas ha messo le mani avanti dichiarando: “Sono favorevole a ordinare la preparazione di un elenco aggiuntivo di sanzioni per persone specifiche. Allo stesso tempo, dobbiamo trovare modi per mantenere aperti i canali di comunicazione con Mosca”.
Borrell, atteso domani allo Europe Center del prestigioso think tank statunitense Atlantic Council, ha parlato poi di Cina. E ha spiegato che, a differenza della Russia, il Dragone è disposto ad approfondire i rapporti con l’Unione europea mentre le due parti discutono di diritti umani (un tema che si intreccia con quello del contestato accordo sugli investimenti firmato a fine dicembre da Bruxelles e Pechino). Tuttavia, come ha fatto notare su Twitter Laurence Norman del Wall Street Journal, la questione è “un po’ controversa. Si potrebbe dire che ciò è dovuto al fatto che la Cina non ha mostrato assolutamente alcun segno di tenere conto delle pressioni” europee.
Anche sulla relazione transatlantica, e non soltanto sulle “sfide” comuni Russia e Cina, Borrell ha avuto parole dolci per le orecchie di Washington. Ma, un po’ come accaduto alla Munich Security Conference, sono i temi su cui il capo della diplomazia europea ha preferito sorvolare a rappresentare elementi di tensione tra Stati Uniti e Unione Europea.
Anche perché, come ha sottolineato in un commento su Formiche.net l’ambasciatore Sergio Vento, i nodi transatlantici sono diversi e conosciuti, e sui due temi esistenziali (Russia e Cina), “le perduranti distanze e incognite richiederanno un serio lavoro di approfondimento e di verifica da parte di Berlino e Parigi nei confronti di Washington da un lato, Mosca e Pechino dall’altra”.