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5G e non solo, una road map cinese per Biden (e Draghi). Report Acus

Un report del think tank americano Atlantic Council delinea una nuova road map per Stati Uniti e alleati nei rapporti con la Cina. Serve un Consiglio Ue-Usa per la politica tecnologica, Huawei va messa al bando. Italia troppo timida sui diritti umani. Occhio all’incidente nell’Indo-Pacifico, a Taiwan si rischia una guerra

Una road map cinese per Joe Biden. Un nuovo report dell’Atlantic Council, prestigioso think tank di Washington DC, delinea un “piano transatlantico per la competizione con la Cina”.

Il documento, cui hanno lavorato decine di esperti americani di sicurezza e diplomazia, firmato da Hans Binnendijk, già consigliere di Bill Clinton al National Security Council, e dalla sinologa Sarah Kirchberger, è un vero e proprio vademecum per la nuova amministrazione americana per spiegare insidie e imprevisti di un nuovo corso nei rapporti fra Stati Uniti e Cina. La Repubblica popolare è definita nella premessa come “la più grave delle sfide” che gli Usa e i loro alleati “hanno mai affrontato fin dalla Guerra Fredda”.

CINA IN CIMA

Una certezza granitica fra i vertici della nuova amministrazione democratica, che come e più dell’amministrazione Trump ha posto la Cina in cima all’agenda diplomatica, tanto che il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha chiesto alla Nato, alleanza nata per contenere la Russia, di fare altrettanto. Per navigare le tormentate acque dei rapporti fra Washington DC e Pechino serve una bussola.

Il vertice ad Anchorage, in Alaska, fra Blinken e il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan e i loro omologhi cinesi si è fermato a una prima, diffidente interlocuzione. Il report dell’Atlantic Council parte da una considerazione. Il momento è propizio per rivedere la strategia cinese, dicono gli esperti, per tre motivi. Il primo: l’involuzione autoritaria di Xi Jinping. “Sotto la sua presidenza, il Partito comunista cinese (Pcc) ha assunto una posizione più dominante al governo cinese, l’economia è diventata più soggetta allo Stato, e i valori liberali occidentali sono stati apertamente sconfessati”. Due: tanto fra gli americani, quanto fra i politici di Washington DC, democratici o repubblicani, c’è oggi “un ampio consenso bipartisan” per una politica di contenimento cinese. Se poi si aggiunge un recente sondaggio del Pew Research, per cui il 73% degli americani, complice la pandemia, “ha una visione non favorevole della Cina”, si capisce perché il terreno sia particolarmente fertile per una forte iniziativa della Casa Bianca targata Biden.

ITALIA IN BILICO

Infine il terzo: bisogna agire subito, perché “i leader europei sono sempre più scettici della Cina, e questo apre la strada a una più forte cooperazione transatlantica”. Qui gli esperti del think tank riservano una bacchettata all’Italia e ai suoi vecchi e nuovi flirt con il Dragone. Non solo per l’ormai celebre “Via della Seta” abbracciata dal governo gialloverde nel 2019.

L’estate scorsa, quando Pechino stringeva la morsa contro Hong Kong, l’Italia si è astenuta all’Onu, insieme a Ungheria e Turchia, dal voto di una dichiarazione di condanna firmata da 27 Paesi occidentali. Roma e Budapest, stesso piano: “Questi Paesi sono stati riluttanti nella condanna della Legge di sicurezza nazionale a Hong Kong, a imporre sanzioni contro ufficiali cinesi, o a condannare gli abusi in Xinjiang”.

Di qui il report mette in fila le “aree di convergenza” fra Paesi alleati degli Stati Uniti. Su tutte, i diritti umani. Da Hong Kong al Tibet, dallo Xinjiang alla censura della stampa e la sorveglianza tecnologica. “Questi temi vanno al cuore dell’alleanza transatlantica. In queste aree, ci dovrebbe essere l’opportunità per i partner transatlantici per disegnare un approccio comune e proteggere le istituzioni democratiche e i diritti umani”. Non è wishful thinking, ma una precisa proposta di governance, che guarda all’Ue come modello da seguire. La Cina, spiega il report, “è abile a intimidire diverse nazioni transatlantiche, impedendo loro di agire in autonomia”.

5G E O-RAN, ECCO LA ROAD MAP

Ci sono aree dove sarà più difficile far cantare all’unisono il coro transatlantico. È il caso, sostengono gli esperti dell’Atlantic Council, delle infrastrutture e delle tecnologie critiche. Leggasi 5G: la rete di quinta generazione è il più delicato dei dossier contesi fra Stati Uniti e Cina, con le aziende cinesi accusate di spionaggio dagli 007 americani. Usa e alleati, si legge, “devono trovare alternative alla cinese Huawei sviluppando un’architettura aperta per il 5G”.

Ovvero l’O-Ran (Open Radio Access Network), un modello di mercato delle tlc modulare, con interfaccia aperta, intorno al quale si sta costruendo una comunità industriale che comprende alcune delle maggiori aziende del settore (fra cui l’italiana Tim).

La campagna diplomatica contro Huawei e Zte portata avanti da Trump ha avuto alterni successi: ad oggi, in Europa, solo il Regno Unito ha già messo al bando i fornitori cinesi dalla rete (dal 2027). Ecco allora il think tank avanzare una proposta: “Un Consiglio transatlantico sulla Cina” per una politica tech condivisa. “Per i settori strategici vitali per la Sicurezza nazionale […] i prodotti, le componenti e i servizi cinesi dovrebbero essere esclusi” dalla rete.

ALTA TENSIONE NELL’ INDO-PACIFICO

Un ultimo capitolo è dedicato alla sfida militare cinese. Qui il focus si sposta un’area geografica che con l’amministrazione Biden promette di finire nel mirino dell’apparato della sicurezza nazionale americana: l’Indo-Pacifico. Come ha ribadito in un’intervista a Formiche.net l’ammiraglio James Stavridis, già comandante supremo delle Forze Nato in Europa, il presidio della libertà di navigazione nel Mar Cinese Meridionale e il contenimento dell’espansionismo cinese nell’area sono una priorità per l’agenda degli alleati americani, dall’Europa (con Francia, Germania e Regno Unito pronti a prendere parte a una missione congiunta con le loro navi) fino ad Australia, Giappone, Corea del Sud.

Qui l’Atlantic Council invita alla cautela. Un conflitto diretto in Asia va evitato “a tutti i costi” e comunque la deterrenza militare della regione non deve avvenire “alle spese degli impegni per la difesa e la deterrenza in Europa, specialmente alla luce di una crescente cooperazione sino-russa” che, comunque, “non evolverà in una vera alleanza militare”. Preoccupa la situazione di Taiwan, isola autonoma che la Cina continentale vuole riportare sotto il controllo del governo centrale. Usa e Nato, si legge nel report, “dovrebbero condurre un war game strategico per calcolare l’impatto sulla sicurezza europea nel caso di un conflitto fra Cina e Stati Uniti”.

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