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Caro Pd, di contismo si muore. E Zingaretti…Parla Martelli

L’ex ministro socialista: il Pd non ha un’identità, è ossessionato dalle alleanze e da Conte, che infatti gli ruba voti. Zingaretti? Voleva fare la rivoluzione, l’ha subita. Non ditemi che i Cinque Stelle vogliono davvero entrare nei socialisti europei

Deve fare un certo effetto, a Claudio Martelli, sentire che i grillini vogliono diventare socialisti. L’ex ministro della Giustizia, socialista della prima ora e braccio destro di Bettino Craxi, sussulta un attimo quando gli raccontiamo che a Bruxelles il Movimento bussa alla porta dei socialisti europei (S&D).

Loro, dice lui, non hanno “nulla, ma proprio nulla di socialista”, e col garofano all’occhiello è difficile immaginarli. “Amano un altro socialismo, quello venezuelano, di Maduro, una forma di comunismo staliniano castrista”.

A qualcuno possono sembrare quisquiglie e invece è in Ue che si disegna la nuova cartina della politica italiana. Da una parte la Lega di Matteo Salvini sospesa fra sovranisti e Ppe, il partito dei popolari à la Merkel che si è appena liberato dell’ungherese Viktor Orban.

Dall’altra i Cinque Stelle, oggi nel Gruppo Misto, domani chissà. Martelli, 77 anni, quattro legislature e una vita in politica, uno degli ultimi veri socialisti sulla piazza, non nasconde i suoi dubbi.

“Non vorrei lasciarmi prendere dall’ira. Constato solo che questa richiesta (del M5S, ndr) ricorda l’amante che viene respinto dall’amata e si rivolge a una scelta di serie b. Sono stati respinti dai Liberali e poi dai Verdi, ora i socialisti. Temo che qualcuno li stia spingendo lì”.

Chi? “Il Pd, che è in preda a una vera e propria ossessione autodistruttiva. Dal segretario dimissionario Zingaretti a Bettini fino a Orlando, sono talmente presi dalla passione per Conte e i Cinque Stelle da non calcolare mai le conseguenze della loro infatuazione”.

Anche a questa si deve il terremoto in corso nel Pd, con il segretario che punta il dito sui logoratori di casa e sbatte la porta. Martelli è un fiume in piena. “L’alleanza organica, l’esaltazione di Conte come leader progressista, federatore con i Cinque Stelle. A forza di dire che Conte è il meglio, gli elettori del Pd votano lui”. Ma di contismo si può anche morire, avvisa l’ex Psi. “Ha rischiato di morirci l’Italia. Dal mese di giugno hanno smesso di occuparsi del Paese per parlare dei loro temi, prescrizione, taglio pensioni, reddito di cittadinanza”.

Il bilancio sull’era Zinga al timone del Nazareno è ancora più impietoso. Martelli sbuffa, “ha promesso una rivoluzione, tutti si immaginavano un maggior radicamento sociale, al sindacato, al mondo del lavoro, e invece no, aveva un’altra passione”. Cioè? “Le alleanze. Un’ossessione antica nella sinistra italiana. Fatta eccezione per il periodo renziano, che con tutte le sue pecche aveva almeno un merito: la vocazione maggioritaria”.

“La cultura post-comunista – riprende l’ex ministro – è ossessionata dal tema delle alleanze. Non avendo più un’identità, il Pd la ricava dal suo alleato. Ci provarono già ai tempi di Prodi e poi con la Margherita. Un partito parassitario”. Eppure le occasioni per dire “noi siamo qui, voi lì” ci sarebbero, anche dentro a quel pastone che è il governissimo Draghi. Come sui grandi nodi della Giustizia, che Martelli ha guidato dal 1991 al 1993, gli anni più bui della lotta alla mafia.

“Ecco, le confesso un dubbio – ci dice lui – credo che dalle parti di Palazzo Chigi così come al Quirinale ci sia un certo sconcerto per l’atteggiamento del Pd”. Ma come, notiamo noi, non è il Pd che ha benedetto per primo l’operazione Draghi? “Sì, ma non lo ha fatto in modo credibile. Hanno detto fino all’ultimo secondo ‘o Conte o il voto’. Adesso fanno un po’ fatica a dire viva Draghi”.

Chiudiamo con un pronostico. Se le premesse sono queste, quanto dura per Martelli il governo Draghi? “Che duri quanto serve, io me lo auguro nell’interesse dell’Italia. Non inseguo interessi di parte, e da anni non ho un partito. L’ultimo era il Partito socialista. Quello vero”.

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