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Le banche cinesi ora rischiano il big bang. L’alert di Pechino

Per la prima volta le grandi banche centrali della Cina avvisano gli istituti minori e locali: preparatevi a un’ondata di sofferenze sui bilanci. Colpa dei prestiti saliti improvvisamente del 6% senza calcolare le difficoltà di famiglie e imprese. E ora nel piano quinquennale si cercano contro misure

Alla fine in Cina sta succedendo quello si sperava non succedesse. Le banche di territorio, quelle legate a doppio filo alle province e alle loro economie, stanno per essere travolte da un’ondata di sofferenze. Famiglie e imprese e piccoli risparmiatori che non riescono a rimborsare i prestiti concessi dagli istituti. E a Pechino adesso si comincia ad avere paura per un effetto contagio su tutto il sistema del credito nazionale, anticamera di ogni crisi finanziaria da 30 anni a questa parte (il caso subprime ha fatto scuola).

Che l’economia cinese sia molto più fragile di quello che appare, tra deficit alle stelle, forte indebitamento e banche e grandi aziende (solo di pochi giorni fa la mina Tsinghua, gigante dei semiconduttori) a rischio default, è ormai appurato. Adesso però, a Pechino suona l’allarme rosso, tanto che che le quattro grandi banche statali cinesi (le Big Four), a cominciare dalla Pboc, la banca centrale cinese, garante della stabilità nell’ex Celeste Impero, hanno ufficialmente avvertito gli istituti minori, verso i quali rapidamente avvicinando a un’ondata di debiti in sofferenza che minaccia di minare la salute finanziaria delle medesime.

E pensare che a fine anno, la vigilanza cinese aveva concesso ai debitori una moratoria, allungando notevolmente le scadenze dei prestiti. Misura che a quanto pare non sembra aver avuto gli effetti sperati, altrimenti non si spiegherebbe la sirena partita da Pechino. Nell’ambito del pacchetto di stimolo per fronteggiare  il coronavirus infatti, il governo ha consentito alle piccole e medie imprese di differire i rimborsi, per un monte prestiti di 6,6 trilioni di yuan.

La situazione nelle province resta esplosiva e delicata. L’anno scorso i governi locali cinesi avevano 14,8 trilioni di yuan (2,3 trilioni di dollari) di debito nascosto ma quest’anno la cifra potrebbe aumentare ulteriormente. Il problema è che per finanziare la ripresa e gli investimenti dopo lo tsunami della pandemia, molte banche di territorio, e con il placet della Pboc, hanno improvvisamente aumentato del 6%  prestiti fuori bilancio. Ma ora questi finanziamenti rischiano di non tornare più indietro. Lo scorso anno sono stati ceduti oltre 3 trilioni di yuan di prestiti in sofferenza, con un aumento di oltre il 30% rispetto all’anno precedente.

Meno male che il piano quinquennale della Cina, quello fino al 2025, ha come mission il miglioramento dei meccanismi di identificazione e cessione dei prestiti in sofferenza. L’obiettivo è evitare uno scenario in cui le incertezze derivanti dalla pandemia e dall’economia globale si riversano nel sistema finanziario della nazione. Ma basterà?

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