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Il Creval ferma l’avanzata francese. Il Crédit Agricole rilancerà?

Il board della banca italiana dice no all’offerta da 737 milioni per rilevare l’istituto. Il prezzo non riflette il valore della banca. Ora Parigi demorde o rilancia. Intanto Fratelli d’Italia chiede un uso più massiccio del golden power

No a un altro pezzo di Italia in mani francesi. E non è, almeno all’apparenza una questione di principio, ma di prezzo. Il Credito Valtellinese ferma la rincorsa del Crédit Agricole, azionista della banca al 12,3% e che lo scorso novembre ha lanciato un’Opa da 737 milioni (qui l’articolo di Formiche.net). Opa, almeno per il momento, fermata, con annessi strascichi sulla politica nazionale. Che gli asset di pregio italiani siano da anni nel mirino delle grandi industrie francesi non è certo un mistero. E il Creval è tra questi, una banca in salute dopo un 2020 chiuso con 113 milioni di utile, contro i 56 del 2019.

Adesso però le mire francesi sull’istituto di Sondrio hanno subito un brusco stop. Il Consiglio di amministrazione ha infatti respinto al mittente l’Opa promossa dal Crédit Agricole. La nota diffusa al termine del board, lascia poco spazio all’interpretazione: l’offerta francese non rispecchia il valore della banca. “Esaminati termini e condizioni dell’offerta, pur riconoscendo che l’integrazione di una banca commerciale solida e ben posizionata quale è il Creval con un gruppo bancario come l’Agricole possa generare benefici, ritiene che il corrispettivo dell’offerta pari ad 10,5 euro per azione Creval  non sia congruo da un punto di vista finanziario.”

In particolare Creval, a detta del board, “presenta diversi elementi distintivi e di valore in ottica stand-alone che si ritiene debbano essere adeguatamente valorizzati e considerati”, come “l’elevata eccedenza di capitale che crea anche le condizioni per un potenziale rafforzamento della politica dei dividendi successivamente alla scadenza degli attuali limiti posti dalla Bce sino al 30 settembre 2021 con riferimento alla crisi pandemica.”

Attenzione però. Il problema, almeno secondo i vertici della banca, è il prezzo, non la natura dell’operazione. Al punto da auspicare un rilancio francese. Il Creval “è un gioiellino, ha un enorme valore e credo che chi sa di banca capisce qual è valore intrinseco di questa banca, e quindi siccome realtà come la nostra sono uniche io farei di tutto per cercare di combinare l’operazione”, ha subito tenuto a precisare il ceo Luigi Lovaglio.

Di sicuro il no del Creval all’Opa francese ha fatto rumore, al punto da entrare nei palazzi romani. Sulla questione è intervenuta la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, per la quale il governo di Mario Draghi dovrebbe porsi il problema dell’eccessiva voracità transalpina verso il sistema finanziario italiano (qui l’articolo di Formiche.net che dà conto dell’interesse dell’esecutivo ad aumentare il grip italiano su Borsa Italiana, dopo la cessione a Euronext).

“La valutazione negativa espressa dal cda di Creval in merito all’Opa di Agricòle non può passare sotto silenzio, anche a fronte della relazione del Copasir al Parlamento in cui si rilevava proprio l’eccessiva presenza della finanza francese nel settore bancario in Italia. Appare davvero poco comprensibile il perché il governo abbia rinunciato all’uso del golden power dopo averne esteso un anno fa la tutela proprio al settore bancario e assicurativo, peraltro con decretazione d’urgenza.”



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