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Lavrov porta la diplomazia russa nel Golfo (contro gli Usa?). Parla Ramani

La visita di Lavrov nel Golfo Persico arriva in un momento interessante. Mentre gli Stati Uniti stanno rivalutando il proprio coinvolgimento nella regione, per Mosca c’è l’occasione di sfruttare spazi sfruttando le necessità della pandemia (Sputnik V), la condivisione dei valori, le posizioni comuni in teatri come la Libia. Il viaggio, spiega Ramani (Oxford) non si allinea a dinamiche nuove, ma a un processo in corso sin dal primo mandato di Barack Obama, proseguito con Trump e ora continua con Biden

Non c’è dubbio che al fondo della visita del ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, in Medio Oriente ci sia anche una lettura che riguarda gli Stati Uniti. Mentre l’amministrazione di Joe Biden dimostra in vari modi la volontà di ricalibrare il proprio impegno nella regione, Mosca invia il capo della diplomazia tra Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti. Ma non solo, Samuel Ramani, esperto di politiche russe in Medio Oriente dell’Università di Oxford, vede il viaggio come indipendente dalle strette dinamiche attuali e sul solco di un processo in corso da almeno un decennio.

Washington ha recentemente pubblicato un report di intelligence velenoso che imbarazza Mohammed bin Salman e il nuovo corso politico che segue l’erede al trono di Riad (accusato di essere il mandante dietro al caso Khashoggi); ha dimostrato continuità con gli Emirati Arabi Uniti, ma mandando il messaggio che il rapporto seguirà le traiettorie classiche, sostituite negli ultimi anni da quelle sfacciate dell’amministrazione Trump; ha accolto il riavvicinamento del Golfo col Qatar; dimostrato l’interesse a mantenere Israele primus inter pares; cercato di ricomporre pragmaticamente i cocci del dossier nucleare con l’Iran; avviato negoziati ulteriori per la pace in Yemen e rinvigorito le proposte sull’Afghanistan (teatro che influenza ancora il Medio Oriente).

All’interno di questo movimento, la Russia – che ha interessi comuni con diversi attori regionali – continua la propria ricerca di spazi. Niente di nuovo. Un po’ (per restare sulla cronaca recente) come quando si erano intensificate le conversazioni con Israele nei giorni in cui Biden non telefonava a Banjamin Netanyahu. Allo stesso modo, la posizione comprensiva presa da Mosca (attraverso i media controllati dal Cremlino) dopo la pubblicazione del report su Jamal Khashoggi – per dimostrare una necessità identitaria, la difesa dell’autoritarismo detta semplificando, ma anche per mostrare vicinanza a Riad in un momento in cui i rapporti con Washington scricchiolano in un complesso riassetto.

“Ma la visita di Lavrov riflette il più ampio riorientamento dei paesi del Consiglio di cooperazione del Golfo verso un ordine regionale multipolare e la Russia è parte integrante di quell’ordine” spiega a Formiche.net Ramani. “Questo – continua – è un processo graduale, che ha subito un’accelerazione durante il secondo mandato di Barack Obama, la presidenza di Donald Trump e ora sotto Joe Biden”.

Secondo l’esperto di Oxford, il viaggio di Lavrov e gli argomenti all’ordine del giorno discussi sarebbero avvenuti indipendentemente dalle decisioni di Biden sulla guerra saudita in Yemen, dalle dinamiche sul nucleare iraniano o dal rapporto Khashoggi. Perché? “La tattica di pressione di Biden sui partner statunitensi del Golfo – risponde – offre alla Russia un’apertura, ma non è la fonte o il motore dell’impegno della Russia con le monarchie del Golfo”.

”L’energia sarà al centro delle discussioni, poiché la Russia vuole riaffermare la conformità dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti con l’Opec+, oltre a raggiungere una maggiore intesa con il Qatar sul gas naturale”, spiega Ramani affrontando i vari dossier sul tavolo. Certamente si parlerà anche di investimenti esteri, ma spesso questi colloqui producono poco in termini di risultati tangibili, ma c’è un fattore cardine adesso: “La Russia lancerà in modo aggressivo il suo vaccino ‘Sputnik V’ durante questi incontri e poiché il Fondo russo per gli investimenti diretti sovrintende alla distribuzione dello Sputnik V, spera che ne seguano investimenti”.

Dal punto di vista della sicurezza globale del Golfo, la Russia può mettersi a disposizione come garante (quanto efficace è da vedersi) anche per via del canale aperto con l’Iran – che gli Usa non hanno – e per la condivisione di posizioni comuni con alcuni paesi dell’area, come nel caso della Libia, dove Abu Dhabi paga i mercenari della Wagner con cui i russi marcano presenza in Cirenaica, in un fronte condiviso anche dall’Arabia Saudita (mentre il Qatar è sul lato opposto, sebbene in forma più distaccata degli emiratini).

“La Russia – spiega Ramani – lancerà il suo piano di sicurezza del Golfo che abbraccia il dialogo tra l’Iran e gli Stati arabi del Golfo. Il Qatar potrebbe ricevere quel piano con il massimo calore, ma Lavrov lo sta proponendo ovunque” (il Qatar si è offerto già di mediare tra Washington e Teheran, mentre la proposta di Mosca potrebbe anticipare una analoga su cui secondo Cinzia Bianco dell’Ecfr potrebbe lanciarsi Bruxelles).

Infine, secondo le previsioni di Ramani, “Siria e Israele-Palestina, così come lo Yemen, saranno punti all’ordine del giorno ma probabilmente secondari rispetto alle preoccupazioni immediate della Russia”. La Siria, in cui la Russia ha peso enorme e che sia Doha che Riad (e Abu Dhabi) vogliono vedere sistemata con una costituzione accettabile; il dossier caldo dello Yemen, dove Lavrov vuole giocare un ruolo di mediazione per accontentare i sauditi; e quello israelo-palestinese, dove la Russia vuole portarsi dietro i Paesi regionali nel suo tentativo di mediazione (storica).

(Foto: Twitter, mfa_russia)



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