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Niger, perché il tentato colpo di Stato deve interessare l’Italia

Secondo informazioni media ci sarebbe stato un tentativo di colpo di stato in Niger appena prima dell’insediamento del nuovo presidente. Perché quanto succede nel Paese africano è interesse nazionale per l’Italia

Secondo quanto riporta France 24 in Niger c’è stato un tentativo di colpo di Stato proprio alla vigilia della cerimonia di entrata in carica, prevista per giovedì 1 aprile, nella capitale Niamey, del nuovo presidente Mohamed Bazoum, molto vicino al capo di Stato uscente Mahamadou Issoufou. Il suo rivale, l’ex-presidente Mahamane Ousmane, aveva contestato il risultato delle elezioni sostenendo di essere lui il vincitore.

Stando a fonti della sicurezza nigerina citate dall’emittente Rfi, la Guardia presidenziale avrebbe tuttavia organizzato rapidamente una risposta e la situazione sarebbe ritornata alla calma molto rapidamente. Tuttavia è sintomatico della situazione delicata che ancora il Paese vive, mentre è per altro base operativa di gruppi jihadisti (che, tipico del contesto africano, operano anche in ambiti criminali tra rapimenti e contrabbandi di armi, droga, persone).

Il Niger è uno dei Paesi (insieme a Burkina Faso e Mali) in cui gli Stati Uniti hanno recentemente annunciato un’attività congiunta volta a coordinare la raccolta di intelligence, l’investigazione antiterroristica e giudiziarie dei Paesi della zona del Sahel. Un lavoro di hard e soft power, come analizzato su queste colonne da Carlo Jean, in un contesto in cui la precaria stabilità interna è resa ulteriormente problematica da queste organizzazioni jihadiste.

La stabilità dell’area è da considerarsi per altro “interesse nazionale” per l’Italia, che è attiva in Niger per attività di counter-terrorism nella missione bilaterale “Misin” e recentemente ha inviato una componente altamente qualificata a far parte della “Task Force Takuba” – operativa tra quei tre Paesi individuati dagli Usa per la partnership locale e per ora coordinata dalla Francia, ma che potrebbe diventare uno schieramento di carattere Ue.

Come spiegato recentemente dal ministro della Difesa italiano, Lorenzo Guerini, “l’impegno italiano in Africa è un unicum: nel Sahel, nel Corno d’Africa, nel Golfo di Guinea e in Libia si decide la nostra sicurezza e per questo è necessario far convergere gli sforzi attuali verso una visione sistemica sotto l’egida dell’Unione europea”.

L’instabilità regionale, la presenza di gruppi armati (di carattere jihadista o criminale, e più facilmente miste), l’interessamento di attori e fattori esterni, rendono questo teatro ampio e articolato molto problematico. Ambito di estremo interesse per l’Italia sotto tanti punti di vista, non ultimo quello legato al controllo dell’immigrazione – che dal Niger prende le vie libiche del Mediterraneo.

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