Francia, Germania e Regno Unito hanno una strategia per l’Indo Pacifico, quadrante dove le relazioni transatlantiche si integrano in ottica contenimento cinese, secondo volontà di Washington, con le partnership regionali
Facendo seguito a voci che circolano dal febbraio 2019, il Giappone e la Germania firmeranno questo mese un accordo per la condivisione delle informazioni di intelligence militare come forma di più stretta cooperazione nella regione dell’Indo Pacifico.
L’accordo sulla sicurezza delle informazioni, spiega l’Asia Nikkei, renderà più facile per Tokyo e Berlino scambiarsi dati sensibili sui piani di dispiegamento delle truppe, sulle attrezzature di difesa e sulle attività terroristiche. L’intesa arriva mentre i tedeschi dimostrano una crescente attenzione all’Indo-Pacifico, teatro in cui gli Stati Uniti intendono creare un’alleanza regionale per contenere l’influenza della Cina oltre che traslarvi parte degli interessi transatlantici.
Il tema è emerso anche durante i colloqui di questi giorni all’interno della ministeriale Nato, alleanza regionale focalizzata un tempo sul contenimento russo, che adesso vede ancora in Mosca un rivale attuale e in Pechino la dimensione futura.
La Germania ha elaborato le linee guida per la diplomazia nella regione lo scorso anno e si prevede che invierà una fregata già in estate per operazioni di diplomazia miliare, sicurezza marittima, e sostanzialmente geopolitica. Dimensione la cui rotta è stata già tracciata dall’Unione europea, che ha recentemente diffuso pubblicamente la propria visione sull’Indo Pacifico confermando che sul quadrante si allunga l’occhio delle relazioni transatlantiche.
Come la Germania, la Francia è già piuttosto attiva nell’area. Parigi si sente a tutti gli effetti una potenza indo-pacifica, ha relazioni profonde con i territori oltremare, già a maggio del 2018 il presidente Emmanuel Macron parlava di Indo Pacifico (in un discorso fatto da una base extraterritoriale in Australia, Garden Island) e recentemente le unità francesi si sono fatte vedere in esercitazioni nel quadrante. Prima un sottomarino, poi un’unità d’assalto anfibia, hanno circolato per le acque del Mar Cinese e si sono integrate nelle manovre delle marine locali e della US Navy.
Allo stesso anche il Regno Unito ha allungato verso l’Indo Pacifico le ambizioni collegate alla “Global Britain”. La portaerei intitolata alla regina come primo dispiegamento operativo avrà proprio quel quadrante, che per Londra è sia una sovrapposizione agli interessi statunitensi (con le relazioni a cavallo dell’Atlantico centrali per il post-Brexit), sia un’affermazione delle volontà di contenimento della Cina che si allinea con una serie di mosse portate avanti dal governo di Boris Johnson e recentemente messe nero su bianco nella review strategica integrata di sicurezza, difesa, sviluppo e politica estera.
L’importanza dell’area – individuata anche in uno studio della Catham House uscito in questi giorni – è tracciata dalle due settimane di diplomazia tra gli alleati condotte dagli Stati Uniti. La scorsa, i vertici dell’amministrazione Biden si sono incontrati con gli omologhi di Giappone, India e Corea del Sud, mentre la Casa Bianca dirigeva il primo meeting tra leader del Quad. In questa, il capo della diplomazia americana è a Bruxelles, per vedere gli alti ranghi dell’Unione europea, gli omologhi alleati, e partecipare alla ministeriale sugli Esteri della Nato.
Questa continuità segna un ideale collegamento tra i due quadranti, davanti ad attori competitivi che si muovono come rivali a livello globale. In questi stessi giorni, infatti, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov è in Cina – da dove dice che con l’Ue non ci sono più rapporti – e nei prossimi il collega cinese viaggerà in Medio Oriente, da cui il russo è appena rientrato. Sono dinamiche dettata anche dalle agende, certamente vincolate dalle restrizioni della pandemia, ma pensare soltanto a un casualità sarebbe ingenuo.
Così come il collegamento tra Ue, Usa e Regno Unito nel sanzionare figure che hanno violato i diritti umani e democratici, anche russe e cinesi, è sintomo di quella volontà che gli Stati Uniti di Joe Biden si portano dietro nel voler trasformare certi temi a vettori della politica internazionale, idealmente istituzionalizzabili nella Lega delle Democrazia, il D-10 di allargamento al G7.
Contemporaneamente, come fa notare Giulia Sciorati su queste colonne, il contrattacco cinese alle sanzioni (per l’abominio nello Xinjiang) colpisce think tank europei, ossia i luoghi del pensiero – pensiero occidentale che recentemente è finito palesemente sotto attacco dei funzionari cinesi nell’incontro di Anchorage. Indici di come la partita sia multipla, e temi, regioni, alleanze si uniscono.
(Foto: US Navy)