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L’Ue ha esportato 34 milioni di vaccini. Le ragioni di una scelta impopolare

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L’Europa ha esportato milioni di vaccini contro il Covid. Una scelta che rischia di farle perdere consensi ma che al contempo le garantisce quel vantaggio strategico nella partita (apertissima) della geopolitica del farmaco. Perché la corsa al vaccino non è una gara che l’occidente può rischiare di perdere

Nella corsa al vaccino contro il Covid c’è un unico (vero) vincitore. Chi è in grado di guardare oltre il proprio naso. Che è un po’ quello che ha deciso di fare l’Unione europea quando ha scelto di condividere 34 milioni di dosi di vaccino con altri Paesi (fra una dozzina e una trentina stando a quanto riportato da Bloomberg e dal New York Times) pur dovendo far fronte alle carenze interne e alle inevitabili critiche dei più scettici (e non solo).

EUROPA, GARANTE INTERNAZIONALE 

Schiacciata fra l’incudine di chi dice che non è stata in grado di proteggere i propri cittadini e il martello di chi invece sostiene che non è stata in grado di mettere il proprio cappello nell’imperialismo sanitario che vede Russia e Cina in testa (a torto, tra l’altro), l’Europa ha fatto una scelta strategica, dimostrando di avere ancora un ruolo centrale come garante sul piano internazionale.

CHARLES MICHEL: NESSUNO È AL SICURO FINCHÈ NON LO SONO TUTTI 

Mentre infatti il presidente americano Joe Biden annuncia di essere disposto a condividere l’eventuale surplus di dosi con gli altri Paesi, sottintendendo che in assenza di surplus la condivisione non avverrà, l’Ue sceglie una strada diversa. Cogliendo la necessità, di più ampia visione, di un mondo vaccinato, piuttosto che di un Paese o un singolo continente vaccinato – affinché la pandemia si arresti – davvero e per tutti. “Nessuno è al sicuro finché tutti non sono al sicuro”, ha infatti scritto pochi giorni fa sul suo blog il presidente del consiglio europeo Charles Michel.

IL RUOLO NEGOZIALE DELL’EUROPA

Allo stato attuale solo il 6,5% delle persone nell’Unione europea è stato vaccinato, contro il 33% della Gran Bretagna e il 18% degli Stati Uniti. Numeri che sono costati all’Unione dure critiche che non hanno tenuto conto – o che hanno preferito non tenere conto – del fatto che senza Europa, e senza il supporto negoziale della stessa, saremmo tutti molto più indietro. Italia compresa.

VACCINI, UNA SCELTA STRATEGICA?

Una scelta strategica, anche in vista della battaglia che si sta giocando sul piano geopolitico e che stiamo facendo finta di dimenticare. Mentre infatti Balcani, America del Sud e Africa iniziavano a rivolgersi verso altri Paesi – di ben altre posizioni – per ottenere quel supporto che si aspettavano dall’Unione europea, l’Unione europea non ha dimenticato di guardare a quei vicini cui tutti avevano promesso di guardare, ma con le dita incrociate dietro la schiena.

LE DOSI A USA, GRAN BRETAGNA E CANADA 

Se però fanno polemica di quelle 34 milioni di dosi i circa 15 milioni finiti a Regno Unito, Stati Uniti e Canada (che già dispongono di una copertura vaccinale ben superiore alla nostra), lo fanno meno i quasi venti milioni finiti, stando a Bloomberg, in altri 31 Paesi – non ancora identificati.

VERSO ULTERIORI RITARDI? 

Il ritardo di AstraZeneca, che tra l’altro sta or ora affrontando la sospensione della somministrazione del proprio vaccino proprio in alcuni Paesi europei per potenziali effetti avversi, ha scatenato il panico. Comprensibile, visto che il virus avanza e le variazioni fanno paura. E ulteriormente alimentato dalla recentissima notizia di Johnson&Johnson che, annuncia, potrebbe avere “un ritardo nelle consegne del secondo trimestre”.

ITALIA, LO STOP ALL’EXPORT IN AUSTRALIA 

Una strada che in parte, però, sembra non incontrarsi con quella imboccata dall’Italia che, con l’appoggio poi proprio dell’Europa e con il plauso dei Paesi vicini, Francia in primis – ha bloccato l’esportazione di 250mila dosi verso l’Australia. Ma il Paese oceanico non è in emergenza Covid – c’è da dire – e non subisce la stessa penuria di vaccini di Paesi che hanno goduto dell’export europeo. Stesso discorso, però, potrebbe essere fatto per le dosi inviate negli Usa, o in Gran Bretagna, verso le quali il meccanismo per il controllo e l’autorizzazione all’export di vaccini extra Ue – misura temporanea creata dalla Commissione – non è stato attivato.

EUROPA E GRAN BRETAGNA, NUOVA DIATRIBA 

Nel frattempo, intanto, l’Ue punta il dito contro la Gran Bretagna. Il presidente del consiglio Charles Michel, infatti, ha esplicitamente difeso la vocazione esportatrice dell’Ue nel suo blog, mettendola a paragone con Gran Bretagna e Stati Uniti che, scrive “hanno imposto un divieto assoluto all’esportazione di vaccini o componenti di vaccini prodotti sul loro territorio”. Dura la reazione del ministro degli Esteri britannico Dominic Raab, che ha negato qualunque divieto.

IL PRIMATO DEI VALORI UE 

La vicenda dei vaccini, insomma, muove su un terreno molto fragile. Dove non condividere può risultare pericoloso – sul piano geopolitico e sanitario – e condividere può esserlo altrettanto. Intanto ritroviamo nella scelta dell’Europa quei valori di cui è intrisa e che ne compongono la sue essenza profonda. Quegli stessi valori che altri Paesi, forse, non hanno.

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