Skip to main content

Vaccino? Meno pericoloso di un antinfiammatorio. Parla il farmacologo Garattini

Silvio Garattini Covid Vaccino Vaccini

“Un qualunque antinfiammatorio causa un’emorragia gastrointestinale su mille” fa notare Silvio Garattini, scienziato, farmacologo, presidente e fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, in riferimento ai timori sul vaccino anti-Covid. Sulla strategia per fermare la pandemia: “Bisogna produrre i vaccini in Italia”. E aggiunge: “Il Covid non conosce frontiere. Se non condividiamo i vaccini con i Paesi in via di sviluppo non riusciremo mai a fermare il virus”

La sospensione in via precauzionale del vaccino anti-Covid AstraZeneca, autorizzato dall’Ema meno di due mesi fa, ha creato il panico, generando un tam tam mediatico spesso confuso. E dimentico del valore intrinseco e irrinunciabile di un sistema di farmacovigilanza così efficiente. Ma come funziona e a cosa serve la farmacovigilanza? E perché una tutela nei confronti dei cittadini è vissuta invece come una minaccia? E quanto effettivamente può essere pericoloso un vaccino? Ne abbiamo parlato con Silvio Garattini, scienziato, farmacologo, presidente e fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri.

L’Aifa, come le agenzie di molti altri Paesi, ha sospeso in via precauzionale l’uso del vaccino AstraZeneca. Ci spiega a livello tecnico cosa vuol dire? Perché un’agenzia sospende un farmaco e quante volte accade?

È un atto dovuto quando si rilevano eventuali problemi di salute successivamente all’assunzione di qualunque sostanza. Tra l’altro in questo caso è stato fatto in accordo con altri Paesi in attesa che l’Ema dia un giudizio. È una procedura molto più di routine di quanto non si immagini.

Quindi accade di frequente?

Accade. Qualche anno fa, ad esempio, abbiamo fatto la stessa cosa con il vaccino dell’influenza. Ci furono due morti sospette, sospendemmo la somministrazione del vaccino e pochi giorni dopo, quando fu dimostrato che le morti non avevano alcun legame con la vaccinazione, le somministrazioni ripresero.

Quindi non sempre una morte successiva a un vaccino dipende dal vaccino…

Allora, ogni giorno in Italia muoiono circa 2mila persone. È così oggi ed era così ieri. Solo che oggi, essendo in piena fase vaccinale, può capitare che una di quelle 2mila morti avvenga in prossimità di un vaccino. Ed ecco tutti pronti a puntare il dito contro il vaccino. Ma senza il vaccino quella morte sarebbe avvenuta ugualmente. Solo che, visto che abbiamo un sistema di farmacovigilanza molto efficiente, ogni possibile dubbio o sospetto va confutato prima di procedere ulteriormente con le vaccinazioni. È sintomo di sicurezza, non di pericolo.

Però mina la fiducia delle persone nei vaccini…

Ma non dovrebbe. Al contrario dovrebbe accrescere la fiducia nel pubblico e nell’Agenzia italiana del farmaco. Perché dimostra che ogni minima presunzione di pericolo desta l’attenzione massima delle istituzioni.

Ad oggi non è stata dimostrata alcune correlazione fra i casi tromboembolici e il vaccino. Possiamo sperare che non sia così?

Possiamo aspettare che gli organi preposti rispondano a questa domanda. Anche se basterebbe guardare all’Inghilterra, che ne ha già somministrati 17 milioni, per tranquillizzarci. Dove tra l’altro il vaccino non ha causato morti ma anzi ha diminuito infettività, ospedalizzazione e mortalità del Covid. Valuti lei se c’è da aver paura o fiducia…

Per quanto riguarda il vaccino AstraZeneca parliamo di trenta casi tromboembolici su cinque milioni di vaccinati. Com’è da considerarsi questo numero? Alto? Basso?

Le rispondo con una domanda. Lei lo sa che assumendo un’aspirina o un qualunque antinfiammatorio per i dolori articolari c’è una possibilità su mille di sviluppare un’emorragia gastrointestinale? Parliamo di uno su mille, nulla a che vedere con trenta su cinque milioni. Senza dimenticare, ripetiamo, che non è stata dimostrata alcuna correlazione tra i casi tromboembolici e il vaccino. Anche perché i casi di tromboembolismo sono perfettamente in linea con la media nazionale e non è stato registrato alcun incremento.

Il pericolo del vaccino, ad ogni modo, non è inferiore a quello del Covid? Sospendendo le vaccinazioni non rischiamo di fare più danni che benefici?

Di base le direi di sì, ma la vaccinazione è sospesa non annullata. Giovedì l’Ema dirà la sua e vedrà che in breve il problema verrà risolto. Non si può pensare di avere dei dubbi su un vaccino e non sospenderne la somministrazione proprio perché il nostro è un sistema molto sicuro e previdente.

Il via libera dell’Ema al vaccino AstraZeneca è arrivato meno di due mesi fa, a fine gennaio. Lei crede fosse troppo presto?

No, i tempi erano giusti. Ovviamente c’è stata una rapida accelerazione, ma nessuna fase è stata saltata, da quella clinica a quella animale fino a quella sulle persone. Del resto le nuove tecnologie ci sono venute incontro, basti pensare che Moderna ha realizzato il suo vaccino in soli 42 giorni. È chiaro che di solito ci si prende più tempo, ma di fronte all’emergenza che stavamo e stiamo tuttora vivendo è chiaro – e per fortuna! – che è stato fatto tutto più in fretta. Chiaramente ci sarà bisogno ancora di tempo per avere tutte le informazioni, come ad esempio la durata della copertura del vaccino, ma le assicuro che nessuna fase è stata saltata. Anche perché sarebbe stato controproducente.

Assistiamo ancora oggi a una forte reticenza nei confronti dei vaccini, nonostante questi salvino ogni anno la vita a milioni di persone. Cos’è andato storto?

La comunicazione, evidentemente. Sia da parte dei mass media, che fanno becero allarmismo, sia da parte del governo. Le fonti sono troppe, parlano i ministri, parla il presidente, poi parlano i primari, parla l’Istituto superiore di sanità, poi l’Aifa. Invece servirebbe una persona di riferimento che, dopo aver sentito tutti ed essersi confrontata con tutti, comunichi con l’esterno. Alle persone serve un punto di riferimento, e ad oggi non ce l’hanno.

E poi?

E poi bisogna ripetere le cose. Spiegarle. Rendersi conto che il cittadino non conosce i tecnicismi. Parlare senza farsi capire non solo non è utile ma è addirittura controproducente. E a volte bisogna sapere dire “non lo so” quando le cose non si sanno e “ho sbagliato” quando succede. La trasparenza spesso paga.

Mario Draghi, con l’importante supporto del ministro Giancarlo Giorgetti, sta avviando una produzione nazionale dei vaccini. È una soluzione auspicabile? Pensa sia fattibile?

Non solo è fattibile, ma va fatto. E andava fatto mesi fa, quando già lo scorso maggio si pregava il governo di muoversi in tal senso. Se lo avessimo fatto per tempo ora non saremmo in questa situazione.

Ed è troppo tardi?

No, non lo è. Il Covid non passerà domani e la situazione resterà critica ancora per un po’ di tempo. Non ci siamo fatti trovare preparati ma siamo ancora in tempo per recuperare. L’importante però è che se nell’immediato ci limitiamo a fare i terzisti questo non avvenga anche nel lungo termine. L’Italia ha la capacità di sviluppare vaccini, ha una grande tradizione ed è la sesta potenza industriale al mondo.

Però non l’abbiamo fatto…

Certo, se riduciamo la ricerca alla miseria! I mezzi per farlo ci sono, basta volerlo. Per anni la ricerca è stata considerata una spesa e non un investimento, e i risultati si vedono. L’auspicio è che la pandemia ci abbia insegnato che non è così.

Oltre alla produzione nazionale cosa occorre?

Capire che i vaccini vanno condivisi con il resto del mondo. Il virus non conosce frontiere, non conosce confini, non ha bisogno di passaporto. Se non vacciniamo la popolazione nei Paesi in via di sviluppo il virus continuerà a girare, nasceranno sempre nuove varianti e saremo sempre più in pericolo. Se non vogliamo farlo per beneficenza, dobbiamo farlo per nostro interesse. Se non fermiamo il virus in tutto il mondo non lo fermeremo mai.



×

Iscriviti alla newsletter