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Supply chain di Biden? La Cina punta all’autonomia tecnologica

Pechino ha svelato il nuovo piano quinquennale e una visione al 2035 per trasformare il Paese: non solo come piattaforma di servizi digitali all’avanguardia, ma anche nell’industria ad alto contenuto tecnologico per rilanciare il settore manifatturiero. Con l’obiettivo di ridurre le vulnerabilità strategiche e la dipendenza dalla tecnologia occidentale

La scorsa settimana, la Cina ha svelato un nuovo piano per rilanciare le sue capacità manifatturiere entro il 2025, coprendo sette settori industriali di rilevanza strategica per l’economia nazionale e per la sfida tecnologica con gli Stati Uniti.

A delineare obiettivi, priorità e strumenti del quattordicesimo piano quinquennale durante la sessione plenaria del Congresso nazionale del popolo, massima autorità legislativa cinese, sono stati i principali leader della Repubblica popolare cinese, tra cui il premer Li Keqiang che ha annunciato il target di crescita dell’economia cinese al 6% per il 2021.

Obiettivi cruciali, il quantum computing e l’intelligenza artificiale, settori per i quali il governo cinese si impegnerà ad aprire nuovi centri di ricerca e laboratori, oltre a incentivare startup e aziende nel settore dell’e-commerce e nella raccolta dei dati cruciali per nutrire lo sviluppo dell’Ai.

Non solo software e deep tech al centro dell’attenzione. Il nuovo piano guarda anche a rafforzare le scienze dure e l’industria avanzata. Tra i comparti cruciali di questa nuova politica industriale, riporta il South China Morning Post, vi sono le terre rare e i materiali speciali, la robotica, i motori per l’aeronautica, i veicoli elettrici e a guida autonoma, la medicina intelligente e innovativa, i macchinari agricoli e industriali utilizzati nella cantieristica, nell’aviazione e i treni ad alta velocità, oltre che alle tecnologie emergenti per il sistema satellitare. “Dobbiamo mantenere stabile la quota del settore manifatturiero nell’economia e rinforzare i nostri vantaggi competitivi”, si legge nel documento programmatico di 142 pagine ripreso dal quotidiano di Hong Kong.

Secondo i dati riportati, le industrie 4.0 nascenti potranno apportare un valore aggiunto all’economia cinese dell’ordine di 17 punti percentuali tra il 2021 e il 2025, contribuendo tanto ad aumentare l’occupazione del settore manifatturiero quanto a catturare le supply chain globali.

I funzionari hanno inoltre assicurato di impegnarsi ad aumentare la spesa in ricerca e sviluppo oltre il 7% del prodotto interno lordo per ogni anno entro il 2025, una cifra in aumento rispetto al periodo precedente. L’enfasi è dunque sulle tecnologie avanzate e sull’innovazione, due vettori cruciali per la realizzazione della “Visione al 2035”, anno in cui economisti e analisti si aspettano che la Cina possa raggiungere importanti traguardi tecno-industriali forieri di poter declassare gli Stati Uniti come principale potenza tecnologica e scientifica.

Tra i punti di forza, la Cina si aspetta di aumentare la percentuale di utenze per il 5G del 50%, contando su un network consolidato di 690.000 base station – a fronte delle 50.000 negli Stati Uniti – e gettando le basi per la prossima generazione di dispositivi 6G.

A dominare l’illustrazione degli obiettivi industriali è stata dunque la parola “tecnologia”, nell’ottica di raggiungere “l’autosufficienza tecnologica” per svincolare i destini di sviluppo della Repubblica popolare cinese dalle strategie di contenimento degli Stati Uniti. Per la prima volta, infatti, riporta il Global Times, il quattordicesimo piano quinquennale è stato pensato all’interno di una nuova cornice di pensiero che unisce “sicurezza e sviluppo” dentro la più ampia concettualizzazione della sicurezza nazionale. Il riferimento è alle continue pressioni, interferenze e iniziative delle amministrazioni americane negli ultimi anni sul piano politico, diplomatico e commerciale per minacciare “la completezza delle filiere industriali cinesi e i diritti di sviluppare la sua economia”.

Il rinnovato focus sulla manifattura avanzata, dopo la pubblicazione del piano Made in China 2025 nel 2015 a cui sono seguiti risultati altalenanti, specialmente nel settore dei microchip, è ancor più evidente di fronte all’offensiva statunitense sulle componenti critiche e ai dilemmi dell’Unione europea sul fronte commerciale e tecnologico. Fattori che spingono la Cina a ricercare nuovi impulsi alla competitività nei settori di punta e una maggiore sovranità tecnologica. Nel solo 2019 la Cina ha importato semiconduttori per un valore di 306 miliardi di dollari, circa il 15% del valore totale delle sue importazioni. Un ritardo che pesa come un macigno sulle ambizioni cinesi.

“Le capacità di base sono ancora deboli, mentre tecnologie chiave sono nelle mani di altri, e così il rischio di ‘essere presi per la gola’ e di ‘perdere la catena della bicicletta’ è cresciuto significativamente”, ha commentato durante la Conferenza consultiva politica del popolo cinese Miao Wei, per dieci anni ministro ministro dell’Industria e dell’information technology e ora a capo dell’importante comitato consultivo del governo. Secondo Miao, l’industria manifatturiera cinese ha fatto notevoli progressi, ma i problemi di una maggiore qualità nello sviluppo high-tech “non sono cambiati”.

Vulnerabilità sfruttate dagli Stati Uniti, che ora testimoniano un certo grado di continuità tra le iniziative unilaterali dell’amministrazione di Donald Trump su Huawei, Zte ed altre importanti player cinesi come Smic nella guerra sui semiconduttori e il focus di quella di Joe Biden sul monitoraggio delle filiere strategiche e verso l’approfondimento del decoupling tra Stati Uniti e Cina.

La strategia industriale cinese rappresenta anche una risposta alla sfida speculare lanciata in Senato dal leader democratico Chuck Schumer: 100 miliardi di dollari per i prossimi cinque anni per finanziare ricerca di base in manifattura avanzata, intelligenza artificiale e quantum computing. Settori sui quali si è concentrato il denso rapporto della National Security Commission on Artificial Intelligence e sui quali la Cina pone una minaccia non solo in termini di competizione economica convenzionale. “Guidare lo sviluppo dell’Ai e del computing consentirebbe alla Cina di raccogliere ingenti benefici nella guerra ibrida e nell’intelligence” ha dichiarato Alex Capri, senior fellow alla National University di Singapore, sulle pagine del Wall Street Journal.

Gli obiettivi generali del piano presentato nelle Due Sessioni guardano, dunque, a una Cina dal reddito più elevato entro il 2025, passando dal raddoppio del prodotto interno lordo pro capite entro il 2035. Un obiettivo ambizioso, sul quale si è spesso fatto il confronto relativo tra Stati Uniti e Cina, e che dipenderà dalle capacità della Cina di ridurre il gap tecnologico in alcune filiere critiche e di vincere la corsa alla supremazia nelle nuove frontiere high-tech.



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