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Sulla Web tax non è ancora detta l’ultima. Fazzini spiega perché

L’economista e docente dell’Università Europea: il raggiungimento di un accordo entro luglio è un traguardo ambizioso anche perché in seno all’Ocse non mancano le visioni differenti sulla questione. E comunque è sbagliato tassare i ricavi, meglio agire sui profitti

La strada per la tassazione digitale è ancora lunga. L’idea di costringere i colossi del digitale a versare una fetta più consistente di fatturato nei paesi in cui offrono i loro servizi sta lentamente prendendo corpo, complice l’ulteriore giro di bullone dato la scorsa settimana in occasione dell’incontro, a Roma, tra i ministri dell’Economia francese e italiano, Bruno Le Maire e Daniele Franco. Eppure, l’accordo in ambito Ocse è ancora difficile da raggiungere. Il perché lo spiega a Formiche.net Marco Fazzini, docente di economia aziendale all’Università Europea di Roma e autore del saggio La tassazione dell’economia digitale. Una prospettiva economico-aziendale.

“Ricordo che il mancato accordo in ambito Ocse e l’arresto delle trattative erano dipesi soprattutto dalle minacce paventate dall’amministrazione Trump di applicare dazi sui beni importati dall’Europa”, spiega Fazzini. “La rinuncia alla clausola di safe harbor (porto sicuro, ndr), a seguito delle dichiarazioni del segretario al Tesoro degli Usa Janet Yellen, è stata accolta con estremo favore anche dagli Stati che si erano mostrati sinora più reticenti. Ma ciò non vuol dire che la strada sia spianata, dal momento che in ambito Ocse sussistono visioni differenti.”

Dunque? Per Fazzini bisogna andarci piano. “La prospettiva di un accordo entro luglio, come annunciato dal ministro dell’Economia Franco, mi sembra piuttosto ambiziosa, anche se la presidenza italiana del G20 potrebbe costituire una spinta positiva al raggiungimento dell’obiettivo.” Ora la domanda è, cosa può ostacolare l’intesa? Fazzini ha la sua diagnosi. “Come al solito la difesa del particulare, per dirla alla Guicciardini. Anche se, a onor del vero, il protrarsi della pandemia e la variegata complessità degli scenari economici stanno forzando i Paesi a trovare una soluzione condivisa.”

E che dire del fatto che  molti osservatori hanno criticato una tassazione sui ricavi, perché finirebbe per scaricarsi sul costo dei servizi e quindi sugli utenti finali? “Condivido questa riflessione, perché il rischio è concreto. Anche a mio modo di vedere sarebbe auspicabile una rivisitazione del tributo attraverso l’imposizione dei profitti e non dei ricavi, per scongiurare l’effetto di un aumento dei prezzi a discapito degli utenti. Al contempo sarebbe utile trovare una sintesi anche sul concetto di stabile organizzazione in base alla presenza digitale significativa. Comunque si legga la questione, il problema è che l’economia, come mai nella storia, sta correndo molto più velocemente del diritto. E non è detto che ciò che sembra sensato oggi vada bene anche domani.”

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