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Sarà (finalmente) anche un Recovery demografico?

La richiesta di inserire nel Recovery Plan una “rinascita demografica” per l’Italia, portata avanti da settanta associazioni no profit, non è caduta nel vuoto. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza preparato dal governo è stato specificatamente – e significativamente – indirizzato alla “next generation” sulla base di espliciti riferimenti proprio alla crisi demografica e ancorandosi direttamente ai drammatici dati forniti da Istat nel febbraio 2020. L’analisi di Domenico Menorello, Osservatorio parlamentare Vera lex?

Il 15 febbraio scorso settanta associazioni no profit proponevano un proprio contributo al nuovo Governo Draghi, chiedendo che fra gli obiettivi prioritari del Recovery Plan si scegliesse senza tentennamenti la “rinascita demografica”.

La richiesta non è caduta nel vuoto. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) preparato dal governo è stato specificatamente – e significativamente – indirizzato alla “next generation” sulla base di espliciti riferimenti proprio alla crisi demografica e ancorandosi direttamente ai drammatici dati forniti da Istat non più tardi dell’11 febbraio 2020 (cfr. pag. 42). In quell’occasione, l’Istituto Nazionale di Statistica fra l’altro dava atto del continuo allargarsi della forbice fra nati e defunti: “Per 100 persone decedute arrivano soltanto 67 bambini (dieci anni fa erano 96)”. La mera proiezione matematica ci avverte che questo trend ci porterà fra soli dieci anni a una situazione in cui i nati saranno meno della metà dei morti!

Così, a pag. 13 del Pnrr si legge che la strategia proposta intende tener conto “dell’attuale contesto demografico, in cui l’Italia è uno dei Paesi con la più bassa fecondità in Europa (1,29 figli per donna contro l’1,56 della media Ue)”, esplicitamente affermando di voler affrontare “sfide generali come quelle legate alle… tendenze demografiche” (pag. 43).

Il tema demografico viene, per un verso, direttamente riferito ad alcuni interventi previsti nelle 319 pagine del Pnrr, ma, per un secondo e forse più importante aspetto, non potrà che essere anche la principale preoccupazione con cui affrontare gli scenari di riforma che lo stesso Recovery Plan evoca in termini generali.

In particolare, il governo ritiene che siano funzionali alla questione demografica l’ambiziosa ristrutturazione territoriale e di prossimità del Sistema Sanitario (cfr. missione 6), strategiche infrastrutture al Sud (cfr. pag. 183), nonché il proposto “percorso di riforma sulle politiche della famiglia” (cfr. pag. 42). Quest’ultimo, a sua volta, sembrerebbe, allo stato, perimetrato dai pur interessanti interventi per una significativa implementazione degli asili nido (cfr. pag. 192) e per la maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro (cfr. pag. 31), nonché dall’“istituzione dell’assegno unico universale” (cfr. pag. 89).

Non si può trattare che di primi – seppur molto importanti – passi. Se, infatti, la rinascita demografica è, come riconosciuto dal Pnrr, una indifferibile necessità per la stessa tenuta economica e sociale del Paese, a questo medesimo obiettivo dovranno essere finalizzati in sede di attuazione del Piano anche gli altri principali investimenti e le riforme strategiche di molti comparti della vita economica e sociale del Paese descritti dal Recovery Plan.

La strada della rinascita demografica potrà, cioè, essere davvero imboccata se si sceglierà un radicale sostegno culturale e istituzionale alla vita nascente e alla genitorialità familiare anche quando si scriveranno le architetture delle riforme del fisco, del lavoro e di altri numerosi comparti dell’economia e della società italiane, su cui si impegna a chiare lettere il Piano di Ripresa e Resilienza. In altri termini, la nuova fiscalità, gli incentivi alle assunzioni, la aggiornanda disciplina del lavoro, nonché (e almeno) gli interventi per la casa, per i trasporti e per il turismo, ma anche per l’educazione, dovranno essere riformati e riformulati attorno non al “singolo” ma avendo come perno i figli e la genitorialità familiare. Ciò implica il voler scommettere con forza sul principio di sussidiarietà, richiamato a pag. 295 del Pnrr, senza il quale prevarrebbe, ancora una volta, una logica centralista che non potrà realmente accendere la ripartenza che il Paese attende.

Infatti, senza scommettere sulle persone e sulle comunità intermedie, specie nel rifondare il fisco, il lavoro e le politiche dello sviluppo, l’obiettivo della rinascita demografica rischierà di rimanere marginale e di apparire la solita ancillare preoccupazione cui far fronte solo con varie forme di pur preziosi sussidi. Pertanto, senza scommettere sulla vitalità di una nuova sussidiarietà non riusciremo a invertire davvero il trend della natalità e, così, la “next generation” rimarrà travolta e atrofizzata da un inverno demografico che mortificherà il coraggio di ogni “resilienza” e impedirà ogni reale “ripresa”.

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