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Così la tassa sui profitti spazzerà via la web tax. La versione di Galli

L’economista e membro del Gruppo dei 20 di Tor Vergata: giusto tassare i profitti realizzati all’estero senza prendersela solo con i colossi della rete. Un accordo globale sull’imposta metterà all’angolo i paradisi fiscali come l’Irlanda e chi non ci starà dovrà subire delle penalizzazioni

L’ora delle tasse formato globo. L’improvvisa sterzata americana verso un’imposta globale sui profitti delle grandi imprese (la minimum corporate tax) generati all’estero (qui l’intervista all’ex ministro delle Finanza, Vincenzo Visco) sembra aver aperto la strada a un riassetto fiscale su scala planetaria. Prima il rilancio, a mezzo segretario al Tesoro Usa, Janet Yellen, di una proposta di stampo Ocse, ovvero un prelievo (si ipotizza del 21%) sugli utili delle multinazionali realizzati fuori dal Paese nel quale si ha la sede. Poi, l’invito del Fondo Monetario Internazionale ai governi del mondo affinché tassino i grandi patrimoni.

In mezzo, l’ok di Amazon, il cui fondatore, Jeff Bezos è l’uomo più ricco al mondo, alla richiesta di Joe Biden rivolta ai colossi americani di pagare più tasse per finanziare i piani pandemici della Casa Bianca e, soprattutto, la web tax. L’imposta sui profitti delle grandi aziende del web, che alla fine potrebbe anche assumere le sembianze della minimum tax rilanciata da Yellen. Tutto questo potrebbe porre fine al regno incontrastato dei paradisi fiscali che solo all’Italia sottraggono ogni anno 26 miliardi in termini di mancato incasso (il Pil dell’Irlanda, grazie alla fiscalità agevolata è aumentato del 32% in 5 anni). Formiche.net ne ha parlato con l’economista Giampaolo Galli, membro del Gruppo dei 20 in seno alla Fondazione Economia Tor Vergata.

Galli, il segretario al Tesoro Yellen ha rilanciato una proposta Ocse, ovvero una tassa minima globale sui profitti delle imprese generati all’estero. Come giudica nel merito tale proposta? Solo ideologia o un approccio moderno a una questione, finora, irrisolta?

Non è ideologia, ma una proposta molto importante. Ed è una delle proposte che da tempo avanza l’Ocse e mi sembra fra le meno difficili da attuare se c’è un accordo fra i grandi Paesi. Si tratta di un radicale cambiamento rispetto alla precedente amministrazione americana che aveva ostacolato ogni possibilità di accordo. Poi, ovviamente, saranno essenziali i dettagli.

In che senso?

Se la tassa sarà al 10% non farà un gran differenza, se sarà al 20% il cambiamento sarà sostanziale. Bisognerà poi preoccuparsi anche di come è definita la base imponibile perché un Paese può avere un’aliquota alta, ma una base imponibile che è un colabrodo. Comunque oggi prendiamo atto di un notevole passo avanti.

Uno degli scopi della proposta è porre fine, o tentare almeno, all’esistenza dei paradisi fiscali, come l’Irlanda, il cui Pil grazie a una tassazione agevolata, è aumentato del 32% in 5 anni. Secondo lei può funzionare?

Non so se l’Irlanda debba la sua crescita solo alla bassa tassazione e comunque, nella misura in cui ciò è vero, si tratta di una crescita che in qualche modo è stata sottratta ad altri Paesi. L’Irlanda dovrà adeguarsi. Inoltre l’accordo dovrà prevedere un qualche modo per penalizzare le imprese con sede nei paradisi fiscali o comunque in Paesi a tassazione molto bassa.

L’Europa si è posta talvolta il problema irlandese…

L’Europa non può imporre nulla all’Irlanda, perché la materia fiscale non è competenza dell’Unione e quindi si decide solo all’unanimità. Ma in un accordo internazionale, l’Irlanda dovrà vedersela con tutti i grandi paesi, compresi gli Stati Uniti.

Un’altra tassa formato globale di cui si dibatte e che presto potrebbe vedere la luce è la web tax. Lei Galli vede una qualche forma di sovrapposizione tra l’imposta sui profitti e la web tax? E se si, quali i punti di congiunzione?

Penso che la proposta Yellen sia alternativa alla web tax. Peraltro, anche la Commissione Europea non ha mai davvero creduto alla web tax fatta in casa. L’imposta che era stata messa sul tavolo – la cosiddetta Digital Service Tax – era sostanzialmente inapplicabile e aveva senso come un modo per mettere pressione sugli Stati Uniti. Come in tanti abbiamo ripetuto in questi anni, la via maestra è una accordo internazionale per la tassazione di tutte le imprese multi localizzate, senza prendere di mira un particolare settore. Con la presa di posizione dell’amministrazione Biden, l’obiettivo si è molto avvicinato.


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