Movimenti attorno al vertice tra Biden e Putin. I capi della diplomazia si vedono, mentre i consiglieri della sicurezza organizzano i lavori per il meeting
Con un faccia a faccia durato un’ora e quarantacinque minuti, a Reykjavik, a margine del Consiglio artico, il segretario di Stato americano, Anthony Blinken, e il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, nella serata di mercoledì 19 maggio hanno compiuto il primo, importante contatto tra gli Stati Uniti di Joe Biden e la Russia di Vladimir Putin.
La discussione tra i due capi della diplomazia di Washington e Mosca è stata definita “produttiva”, “costruttiva”, “rispettosa” e “onesta”; ha ruotato attorno a tanti dossier, dal nucleare iraniano alla Corea del Nord, fino al Clima; le fonti da dietro alle porte dell’incontro hanno fatto sapere al pool di giornalisti americani che accompagna il segretario che comunque le distanze c’erano, ci sono e si percepiscono.
Blinken è il segretario di un’amministrazione che inquadra la Russia come un nemico reale, percezione opposta alla precedente, che ha innalzato il tema dei diritti umani a vettore di politica internazionale e ha più volte attaccato il Cremlino per le violazioni più o meno esplicite — tutto usato come tema per ricompattare l’Occidente. Lavrov è l’uomo che Putin dal 2004 tiene a capo della gestione dei dossier internazionali della Russia e del suo racconto.
Figure agli antipodi, che godono di considerazione tecnica reciproca. “Cooperazione” una delle parole più usate, ma trovare quei terreni comuni su cui applicarla non è sembrato facile. Blinken ha fatto presente “se la Russia si comporta in modo aggressivo contro di noi, i nostri partner o i nostri alleati, risponderemo”; Lavrov ha risposto che i due paesi hanno “grandi divergenze nella loro valutazione della situazione internazionale”.
Lo spazio di contatto tuttavia c’è, anche a valutare la postura pubblica con cui i due leader governativi si sono posti: cordialità diplomatica che richiama per contrasto lo scontro a favore di telecamere che aveva segnato il primo incontro tra la delegazione americana e quella cinese. È sulla base di questo, stante a una dichiarazione di un funzionario ai media americani – “abbiamo preparato il terreno in modo efficace” – e su uno scoop del Kommersat riguardo a un incontro tra consiglierei per la Sicurezza nazionale, che il vertice Biden-Putin sembra prendere forma.
Jake Sullivan e Nikolai Patrushev, secondo le indiscrezioni del più serio dei quotidiani russi, dovrebbero vedersi già nei prossimi giorni per definire i dettagli generali. C’è una data ipotetica, il 15 giugno, e un luogo: la Svizzera (Ginevra?). Ma niente di sicuro. E però di solito le riunioni tra certi funzionari sono propedeutiche a certi meeting. Si definisce il protocollo e l’agenda, si delimita il perimetro di quello che si può dire e quello che l’uno e l’altro preferirebbero evitare (per esempio: un argomento da evitare sarà proprio l’Artico, non fosse altro per legittimare le rivendicazioni russe). Sono passaggi interlocutori e organizzativi, ma importanti. Poi il resto è in mano ai leader.
Kommersat scrive che la riunione tra Sullivan e Patrushev ci sarà “nelle prossime settimane” ed è interessante sottolineare come i preparativi per il vertice procedano nonostante Mosca non abbia mai risposto formalmente alla proposta di Washington. Biden sarà in Europa in quei giorni, e — secondo le informazioni che circolano da diverso tempo — sfrutterà l’occasione per vedere Putin. A metà aprile la Casa Bianca aveva reso noto che il presidente statunitense aveva proposto al capo del Cremlino di parlare di persona in un Paese terzo.
Sul faccia a faccia pesano anche i rigidissimi protocolli di sicurezza che il russo continua a mantenere nonostante sia stato vaccinato con lo Sputnik V (alcune voci dicono che dietro l’eccessiva salvaguardia ci sia il dubbio dello stesso Putin sul fatto che il vaccino russi funzioni davvero).