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Cosa c’entrano i gamberi rossi con gli spari contro i pescatori italiani

La Zona di pesca protetta libica è ampia 74 miglia per decisione unilaterale di Gheddafi, sempre accettata dall’Italia. La Marina sconsiglia ai pescherecci italiani di violarla. La Farnesina pensa a una trattativa per una convenzione

Il figlio del pescatore rimasto ferito davanti alle coste a est di Tripoli racconta che la Guardia costiera libica (a quanto pare guidata da miliziani misuratini) ha sparato ad alzo zero. Non sono stati “colpi di avvertimento”, come detto dai libici. Raggiunto telefonicamente dalla Stampa, Alessandro Giacalone spiega che la barca – “Aliseo” – di suo padre (ferito dai vetri della cabina di comando rotti dai colpi, medicato a bordo di “Nave Libeccio”, intervenuta sul posto), “è certo” che stessero “pescando in acque internazionali”. È il cuore della questione: quelle acque, a sud del Canale di Sicilia e poco oltre Pantelleria, sono acque territoriali libiche oppure internazionali?

Non è la prima volta che la Guardia costiera libica compie operazioni contro i pescherecci italiani. Meno di una settimana fa un’altra unità della Marina era intervenuta ancora più a Est a difendere sette imbarcazioni di pescatori siciliani finiti sotto i colpi di una motovedetta della milizia LNA – l’unità armata guidata dal signore della guerra della Cirenaica, Khalifa Haftar, che già nel settembre scorso aveva trattenuto per 108 giorni dei marittimi italiani (tra loro anche Giacomo Giacolane, fratello di Alessandro) accusati di pescare oltre le acque internazionali.

Il punto è quali siano o meno questi limiti territoriali, si diceva. Secondo le informazioni di Formiche.net, le motopesca siciliane navigavano all’interno di acque teoricamente vietate: la Zona di pesca protetta (Zpp) libica. La richiesta di non sconfinare è stata inviata più volte dal governo italiano nel corso degli anni, anche perché dal 2012 anche l’Ue riconosce in modo implicito quella Zpp. Non è certo questo un giustificativo per l’uso di armi, spiegano i funzionari italiani, o per sequestrare persone (nel caso dei pescatori bloccati da Haftar lo scorso il sequestro anno avevano ragioni diverse, connesse al procedere della formazione dell’attuale governo libico unitario: importante interlocutore dell’Italia).

La Zpp fu istituita nel 2005 per decisione unilaterale del rais Gheddafi, ed è ampia 74 miglia nautiche – più o meno sei volte le 12 miglia delle acque territoriali previste dai trattati internazionali. Vi è vietata la pesca per ragioni di ripopolamento marino. Ai tempi della creazione c’era il governo Berlusconi, e non ci si oppose; nemmeno nell’ambito del Trattato Italia-Libia del 2008 furono ridefinite le perimetrazioni. La questione è rimasta appesa, consolidata nel corso del tempo, ed è tra quelle sul tavolo da riaffrontare nel continuo piano di contatto italo-libico. La Farnesina pensa a una trattativa per creare una convenzione, secondo quanto noto, adesso spinta anche da un coro unanime uscito dalle forze politiche italiane (mentre il governo non ha commentato).

Finora i pescatori, ben consci della situazione, hanno accettato: nonostante la Marina lo sconsigli, sconfinano a loro rischio, consapevoli che le violazioni non vengono quasi mai intercettate. Quando succede subiscono il fermo del peschereccio, il sequestro del pescato e una multa. Poi vengono rilasciati. Di solito non ci sono colpi d’avvertimento, e la Difesa sta indagando su cosa sia successo/cambiato nelle ultime occasioni. Le imbarcazioni italiane si spingono oltre i confini marittimi libici per pescare soprattutto il gambero rosso: crostaceo pregiato che va dai 50 ai 70 euro al chilo, diffuso soprattutto nelle acque a sud di Mazara del Vallo, ma presente anche tra quelle libiche. Le violazioni valgono un rischio d’impresa per i pescatori. I libici lo sanno, e hanno consapevolezza che sono molte di più di quelle poche che riescono a intercettare.

La Guardia costiera libica è un’unità composta da alcuni miliziani selezionati della Tripolitania. Dai tempi del precedente governo Serraj (il GNA, che agiva anche quello sotto egida Onu), è stata strutturata attraverso donazioni e training anche italiano. La barca che sembra sia stata usata ieri dai guardacoste libici contro l’Aliseo, la “Obari”, rientra tra le motovedette che l’Italia ha passato a Tripoli per controllare le proprie acque. L’obiettivo è finalizzato al contenimento dell’immigrazione: negli ultimi giorni quelle stesse motovedette sono state protagoniste di una campagna contro il traffico di uomini nella fascia a Ovest della capitale, uno dei principali rubinetti migratori. Operazione che sta riducendo i flussi verso l’Italia. L’Ue sta pensando rafforzare la Guardia costiera di Tripoli attraverso l’European Peace Facility.

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