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Perché Blinken incontra i membri del G7 allargato

Il G7 si allarga all’Asia Pacifico. Corea del Sud, Australia, India e Asean ospiti speciali alla riunione ministeriale di Londra, con il segretario americano impegnato ad allargare il gruppo dei grandi ai Paesi più sensibili non tanto alle idee occidentali quanto al contenimento della Cina

La sfida ai cambiamenti climatici, la lotta al Covid, le questioni condivise sul piano della sicurezza. Il segretario di Stato statunitense dedica i primi incontri di oggi, lunedì 3 maggio, agli omologhi di Corea del Sud, Giappone e India. Anthony Blinken è a Londra per partecipare alla ministeriale del G7, a cui (per volere più che altro di Washington) sono stati inviati anche i capi della diplomazia di Seul e Nuova Delhi – e Canberra e l’Asean, l’associazione dei Paesi del Sudest asiatico.

La riunione (o le riunioni) sono la rappresentazione di come il Gruppo dei Sette guardi con sempre maggiore attenzione a Est, dove il quadrante Asia-Pacifico (contesto allargato dell’Indo-Pacifico) diventa centrale per fronteggiare le sfide comuni. Una su tutti: l’ascesa della Cina. Come ha anticipato il padrone di casa, il ministro inglese Dominic Raab, quella rappresentata dalla diffusione della disinformazione è il primo test attivo. Il G7 pensa infatti a una cabina di regia congiunta con cui opporsi all’alterazione della realtà con cui Russia e Cina spingono la propria narrazione globale.

Sfruttare le preoccupazioni delle società occidentali (il coronavirus, il contesto economico, le tensioni sociali) per indebolire la fiducia nelle istituzioni e nell’ordine mondiale che il G7 rappresenta; diffondere immagini di forza; creare una contronarrazione con cui la Cina come la Russia cercano di costruire il proprio Consensus. È per certi aspetti uno scontro tra mondi, e il piano informativo è centrale, con la pandemia che ne ha esposto (in forma moltiplicata) potenzialità e linee di debolezza. Il G7 cerca di condividere la lettura del mondo con i grandi paesi asiatici con cui sente più affinità.

Dopo gli incontri con il collega giapponese Toshimitsu Motegi e con il sudcoreano Chung Eui-yong, Blinken vedrà proprio Raab, a rafforzare un’intesa che trova Londra lanciata verso l’Oriente (basta seguire la spettacolarizzazione decisa dal governo Johnson per raccontare il viaggio della “HMS Queen Elizabeth”, diretta in India, Giappone, Corea del Sud e Singapore nel suo primo impiego operativo) e super attenta alla minaccia russa.

Il Regno Unito ha capito che avrà bisogno di “qualcosa di più di James Bond per contrastare l’influenza e lo spionaggio cinese”, scrive Politico raccontato che gli inglesi stanno pensando di costruire un grande “muro” per evitare ai cinesi di infiltrarsi nelle aziende e negli istituti di ricerca nella corsa allo sviluppo di tecnologie chiave. Un’alleanza che vada oltre alla normale intelligence.

Infine l’americano avrà un faccia a faccia con Subrahmanyam Jaishankar, il ministro degli Affari esteri indiano. La giornata, senza incontri bilaterali con gli europei Ue, si chiuderà con la partecipazione di tutti a una cena operativa su Iran e Corea del Nord. Se il primo è un tema caldo, con Washington e i Paesi europei che stanno cercando di lavorare per ricomporre l’accordo JCPOA (e Russia e Cina, cofirmatari, che si muovono secondo interessi diversi), la questione nordcoreana è una di quelle tematiche su cui il G7 allargato può testare capacità d’azione diplomatica.

Se infatti l’allargamento è tendenzialmente pensato in ottica contenimento-cinese (“il denominatore comune è coinvolgere la Cina da una posizione di forza”, ha detto parlando del viaggio la Senior Bureau Official del dipartimento di Stato Usa Erica Barks-Ruggles), nel caso del riavvio delle tensioni con Pyongyang (che recentemente ha fatto sapere di voler rifiutare nuovi contatti con Washington) i membri del G7 insieme agli amici asiatici possono mostrarsi attivi nel cercare mediazioni e soluzioni al bubbone atomico del Nord – che altera la percezione di sicurezza di Seul e Tokyo, e crea tensioni tra i due super-alleati statunitensi.


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