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Esclusivo! Spie cinesi in azione su LinkedIn, anche in Italia

Dopo il nostro articolo sulle spie cinesi che offrivano soldi a militari irlandesi in cambio di informazioni, si è fatto avanti con “Formiche” un ufficiale italiano che racconta di essere stato contattato anche lui da un “ricercatore” sospetto. Tutti i dettagli

Nei giorni scorsi, su queste pagine, abbiamo raccontato i casi di Michael Murphy e Declan Power. I due ufficiali irlandesi, rispettivamente ex vicedirettore dell’intelligence militare ed ex soldato che oggi fa il consulente (con clienti come l’Unione europea), hanno rivelato al Times di essere stati contattati su LinkedIn da persone che offrivano denaro in cambio di informazioni e che davano tutta l’impressione di essere spie del governo cinese.

Rodney Faraon, un ex analista della Cia che ora lavora per la società di consulenza statunitense Martin + Crumpton Group, ha evidenziato al Times che i servizi di intelligence cinesi hanno iniziato a utilizzare LinkedIn e altri social media per avviare contatti negli ultimi anni: “È facile individuare il personale militare e dell’intelligence in attività e in pensione su LinkedIn perché gli utenti segnalano da sé così tante informazioni per rendere i loro profili più interessanti per il networking e cercare lavoro”, ha spiegato.

Dopo la pubblicazione del nostro articolo, un ufficiale della Difesa italiana che si occupa di Mediterraneo ci ha scritto: “Alcune settimane fa sono stato contattato su LinkedIn da un ricercatore cinese. Dopo pochi scambi di messaggi”, ci ha raccontato a condizione di anonimato, “ecco l’offerta: finanziare un progetto di ricerca. Ho sentito puzza di bruciato e non ho neppure risposto a quella proposta avanzatami dopo pochi scambi. Poi ho informato chi di dovere”, aggiunge.

Un’altra fonte spiega a Formiche.net che quanto accaduto al nostro contatto non è così raro: “Ormai i funzionari dei nostri ministeri conoscono bene le procedure che vanno avviate per questo tipo di segnalazioni”, dice.

Elementi che sembrano confermare quanto il nostro Paese, membro dell’Unione europea, della Nato e del G7 oltreché snodo del Mediterraneo, sia di interesse per le intelligence di Stati ostili. L’ha confermato anche il caso di Walter Biot, l’ufficiale della Marina militare italiana, arrestato a fine marzo mentre in un parcheggio della periferia romana passava dossier top secret a un funzionario russo per 5.000 euro.

Nel mondo occidentale simili contatti da parte di “ricercatori” cinesi (ma anche russi e iraniani) riguardano ufficiali, studiosi ma anche giornalisti. Come dimostra il caso di Bethany Allen-Ebrahimian, giornalista della testata americana Axios, che ha raccontato di essere stata contattata su LinkedIn da un membro di un think tank governativo cinese che gli ha offerto soldi in cambio dei nomi delle sue fonti.

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