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Biden come Trump, guai a investire nelle società cinesi

Il presidente americano allunga la lista di aziende cinesi dalle quali stare alla larga perché legate a doppio filo ai comparti sicurezza e difesa del Dragone. Facendo suo il blitz di Trump di otto mesi fa

Si scrive Donald Trump, si legge Joe Biden. Può sembrare fantascienza eppure, se l’argomento è la Cina, il segno della continuità c’è. Sono passati solo otto mesi da quando il tycoon divenuto presidente vietò ai cittadini americani di investire anche un solo dollaro in 31 società cinesi attive nel campo militare e della difesa. Un ordine esecutivo che assunse subito le sembianze di una black list, ora destinata ad allungarsi ulteriormente, benché l’inquilino della Casa Bianca non sia più l’irrequieto Donald, bensì il mai sleepy Joe, che ha fatto dei piani pandemici a base di sussidi e investimenti pubblici il suo credo.

E così, nella notte, Biden ha firmato un ordine esecutivo che rafforza ed estende il precedente divieto di Trump alle aziende Usa di investire in compagnie legate all’esercito del partito comunista cinese. Il provvedimento di fatto si allarga a tutto il settore della difesa e della sicurezza, anche in relazione alla violazione dei valori democratici e dei diritti civili, come la sorveglianza e la repressione delle minoranze etniche e religiose. Il presidente democratico ha elencato nella black list 59 società cinesi, con un decreto che entrerà in vigore dal 2 agosto, lasciando agli statunitensi che si sono già impegnati finanziariamente un anno di tempo per disinvestire.

La mossa di Biden conferma la continuità con l’amministrazione precedente per quanto riguarda la Cina, che da un punto di vista finanziario, a dispetto della crescita al 18% nel primo trimestre, non se la passa granché bene come raccontato a più riprese da Formiche.net, complice un debito sovrano poco sostenibile. Tornando agli Stati Uniti, una buona parte delle aziende colpite dall’intervento di Biden rientravano già nella lista nera di Trump, inclusi i colossi delle telecomunicazioni China Mobile Commnications, China Unicom e China Telecommunications. Sul fronte della difesa, fra le società nel mirino ci sono Aviation Industry Corp, China North Industries Group, China Aerospace Science and Industry Corporation e China Shipbuilding Industry.

Attenzione per, perché la lista di Biden aggiunge qualcosa in più, tra cui Hikvision, un’azienda che produce telecamere di sorveglianza e tecnologie per il riconoscimento facciale: secondo diversi esperti, i suoi prodotti sono stati usati per la repressione degli uiguri nella regione dello Xinjiang.

A novembre 2020, all’indomani dal voto presidenziale, Trump aveva stilato una prima lista, il cui filo rosso era “il principio che i capitali americani non finanzieranno la militarizzazione cinese”, aveva spiegato in conferenza stampa l’allora consigliere presidenziale Peter Navarro. La misura era entrata in vigore l’11 gennaio (cioè poco più di una settimana prima del giuramento del successore alla Casa Bianca Biden) e prevedeva la vendita delle azioni o partecipazioni in queste aziende entro il novembre 2021. Ora con Biden si prosegue.

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