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Ci sono un americano, un cinese e… l’Onu. Accade a Roma

Incontro a Roma tra il segretario di Stato americano Antony Blinken e il direttore generale della Fao, l’ex viceministro cinese Qu Dongyu, che fu eletto nel 2019 grazie a una spaccatura Usa-Europa e nel silenzio italiano. Ora, invece…

Tra i 500 delegati del G20 dei ministri degli Esteri che si tiene oggi e martedì a Bari e Matera non c’è Wang Yi, il numero uno della diplomazia cinese, che rimarrà a Pechino seguendo i lavori in teleconferenza. Salta, dunque, il faccia a faccia con il segretario di Stato americano Antony Blinken, in Italia da domenica. E così, nonostante gli Stati Uniti sembrino pronti, come rivelato dal Financial Times, ad aprire una nuova fase con la Cina dopo cinque mesi di linea dura, potrebbe non tenersi a Roma neppure il bilaterale a margine del G20 di ottobre tra il presidente statunitense Joe Biden e l’omologo cinese Xi Jinping.

Nella prima giornata romana, Blinken ha fatto visita alle agenzie Onu nella capitale (dove dovrebbe arrivare Cindy McCain, vedova del senatore repubblicano John McCain, come ambasciatrice) sottolineando l’importanza della sicurezza alimentare: ha incontrato David Beasley, direttore del Programma alimentare mondiale con un passato da governatore della Carolina del Sud eletto per il Partito repubblicano, e Qu Dongyu, primo cinese, già viceministro dell’Agricoltura, da due anni alla guida della Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, di cui è vicedirettore l’ex ministro e segretario del Partito democratico Maurizio Martina), eletto dopo una spaccatura tra Stati Uniti ed Europa: i primi sponsorizzavano il candidato georgiano mentre la Francia aveva puntato su un suo cavallo.

Quella sconfitta, avvenuta come ricordavamo alcuni mesi fa in un assordante silenzio italiano, avrebbe rappresentato una “lezione da cui imparare” per gli Stati Uniti. È quanto detto dal diplomatico David Hale, allora sottosegretario di Stato per gli affari politici a Washington, secondo un briefing riservato visionato da Foreign Policy.

Da lì iniziarono nuovi sforzi da parte della diplomazia statunitense per contrastare l’influenza cinese alle Nazioni Unite, fino alla creazione di un inviato per l’integrazione delle Nazioni Unite, incarico oggi ricoperto dal diplomatico Mark Lambert.

Sforzi che diedero i primi frutti a marzo dell’anno scorso, con l’elezione di Daren Tang di Singapore, sostenuto da Washington, come nuovo direttore della Wipo, l’agenzia Onu che si occupa di proprietà intellettuale.

“È un’importante vittoria multilaterale per gli Stati Uniti che arriva dopo che Washington non era riuscita a impedire che Pechino conquistasse la guida della Fao l’anno scorso”, aveva commentato Richard Gowan, UN Director dell’International Crisis Group, con Formiche.net. Da qualche tempo l’amministrazione Trump stava mettendo in guardia dall’influenza crescente della Cina alle Nazioni Unite ma fino a questa settimana Pechino sembrava essere ancora in ascesa”. E ancora: “Sono convinto che stiamo entrando in un periodo in cui Cina e Stati Uniti si sfideranno per il controllo delle agenzie delle Nazioni Unite”, aveva spiegato l’esperto.

Nelle prossime settimane la Cina perderà la guida dell’Organizzazione per l’aviazione civile internazionale (Icao): ad agosto il colombiano Juan Carlos Salazar Gómez prenderà il posto di Fang Liu. Passano così da quattro a due le agenzie Onu a guida cinese: l’Unione internazionale per le telecomunicazioni (Itu) con Houlin Zhao e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (Unido) con Li Yong. Gli Stati Uniti hanno lasciato l’Unido sotto l’amministrazione Clinton ma con le elezioni alle porte sembra assai probabile che Washington accenda un faro visto il pesante sostegno alla Via della Seta che l’agenzia ha offerto in questi anni di leadership cinese.

Ed è probabile che anche per quanto riguarda il confronto con la Cina nelle sedi del multilateralismo, gli Stati Uniti di Biden, abbandonano l’unilateralismo che ha segnato i quattro anni di Donald Trump alla Casa Bianca, sperino che l’Italia di Mario Draghi assuma posizioni più euroatlantiste rispetto a quelle che hanno contraddistinto la fase di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi.

(Foto: Twitter, @SecBlinken)

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