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G7, quel comunicato (anti-cinese) che chiude la pandemia

Nel comunicato finale del G7 in Regno Unito un duro monito contro la Cina sui diritti umani (Hong Kong, Xinjiang), le manovre militari e la Via della Seta. Biden e Draghi “soddisfatti”. Dalla Russia al clima, tutti i compromessi raggiunti, mentre sull’austerity…

Hong Kong, Xinjiang, diritti umani, Wuhan. Ma anche vaccini, clima, Russia, Crimea, Iran. Come ogni anno, è nella ricerca delle parole chiave che si percepisce il peso politico del comunicato finale del G7, la kermesse delle grandi nazioni occidentali. E il comunicato che chiude il G7 a Cardis Bay, nel Regno Unito di Boris Johnson, pesa come un macigno.

È il frutto di un compromesso, cercato non senza fatica nelle giornate in Cornovaglia insieme al nuovo presidente americano Joe Biden. “Diplomacy is back”, aveva annunciato l’inquilino della Casa Bianca al suo insediamento.

I fatti gli stanno dando ragione. Un miliardo di vaccini anti Covid-19: a tanto ammontano le dosi che i Paesi G7 (Stati Uniti, Canada, Regno Unito, Italia, Francia, Germania, Giappone) si sono impegnati a inviare ai Paesi in via di sviluppo, o direttamente o attraverso Covax. Entro il 2023 saranno 2.3 miliardi, assicura Angela Merkel, che annuncia: BioNtech, il campione tedesco dietro al vaccino Pfizer, è pronto a portare una parte della produzione in Africa.

Azzeramento delle emissioni di Co2 entro il 2050 e impegno a contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5 gradi centigradi. Ma il primo test dell’“alleanza delle democrazie” chiesta da Biden si gioca anche e soprattutto sul piano dei diritti umani. Sulla Cina c’è un evidente cambio di passo.

Due anni fa, al termine dell’ultimo G7 a Biarritz, nell’agosto del 2019, si erano registrare non poche resistenze alla linea dura di Donald Trump. Perfino l’ex premier italiano Giuseppe Conte, ormai al tramonto del primo mandato a Palazzo Chigi, aveva sbuffato contro “la spirale protezionistica” anticinese.

Due anni dopo, nel primo G7 di Mario Draghi, il j’accuse è ancora più severo, e si sposta sul piano che più infastidisce il governo cinese. “Promuoveremo i nostri valori, e richiamiamo la Cina al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, soprattutto in relazione allo Xinjiang e a quei diritti, libertà e quell’alto livello di autonomia per Hong Kong contenuti nella Dichiarazione congiunta anglo-cinese e nella Legge Base”. In tre righe ecco elencati i due tasti più dolenti.

E Draghi ci mette il cappello sopra. “Il tema politico dominante è stato l’atteggiamento del G7 nei confronti della Cina e in generale delle autocrazie che uccidono, violano i diritti umani, controllano l’informazione, tutti questi temi di risentimento sono stati toccati – spiega il premier italiano a margine, smentendo divisioni all’interno del gruppo – il comunicato riflette la nostra posizione e quella di tutti”. Da Pechino le reazioni sono furiose. “I giorni in cui le decisioni globali erano dettate da un piccolo gruppo di Paesi sono da tempo andati”, tuona una nota del Ministero degli Esteri.

Ma il guanto di sfida alla Cina si spinge oltre. Il comunicato mette in guardia il governo cinese dalle manovre militari nel Mar Cinese Meridionale, lancia una nuova indagine internazionale sulla possibile origine del Covid-19 in Cina, dopo il pressing del governo americano. Inaugura, infine, un maxi-piano di investimenti infrastrutturali nei Paesi in via di sviluppo, a partire dall’Africa, che secondo le prime indiscrezioni di stampa potrebbe generare un valore complessivo di più di 40 trilioni di dollari entro il 2035.

Un’alternativa concreta alla nuova Via della Seta cinese su cui il presidente Xi Jinping ha costruito un’era politica. Della “Belt and Road Initiative” non si è parlato, spiega Draghi in conferenza stampa. Non sfugge però che il nuovo piano economico sia anche un modo per voltare pagina e dimenticare quella firma del memorandum cinese da parte dell’Italia gialloverde, primo Paese G7 a rompere ufficialmente le righe.

Nessuno sconto alla Russia, a tre giorni dal vertice a Ginevra fra Biden e Vladimir Putin. Non sorprende, al termine di un G7 ospitato da un Paese, il Regno Unito, che in questi anni ha toccato il fondo delle relazioni bilaterali con Mosca, fra spionaggi, avvelenamenti, sanzioni e crisi diplomatiche. “Chiediamo alla Russia di indagare urgentemente e spiegare in modo credibile l’uso di armi chimiche sul suo suolo, di mettere fine alla soppressione sistematica sulla società civile e sui media indipendenti, e di identificare, sgominare e processare chi, dentro i suoi confini, conduce attacchi ransomware, fa abuso di monete virtuali a fini di riciclaggio, e commette altri crimini cibernetici”, si legge nel testo finale.

Impossibile non notare, sul fronte economico, una virata rispetto ai toni usati all’inizio della pandemia. Il comunicato finale della tele-conferenza del G7 riunitasi nel marzo del 2020 impegnava i leader a fare “whatever is necessary”, “tutto ciò che è necessario”, per arginare i danni all’economia e suonava un requiem all’austerity europea, invitando Fed e Bce a sostenere con “le necessarie misure monetarie” l’economia. Oggi, dalla Cornovaglia, torna in un inciso una parola chiave: “Sostenibilità”. “Enfatizziamo l’importanza di standard trasparenti, aperti, economicamente efficienti, corretti e competitivi per i prestiti e le gare, anche in linea con la sostenibilità del debito”.

 

(Foto: G7 UK 2021)

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