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Londra balla da sola. Lo sgambetto inglese alla minimum tax

A tre giorni dallo storico accordo del G7 sulla tassa globale al 15% sui profitti delle multinazionali il Cancelliere dello Scacchiere Sunak punta i piedi e prova a chiedere l’esenzione dall’imposta per le grandi aziende con base a Londra. Ma Goldman Sachs dall’altra parte dell’Atlantico rassicura, niente shock planetario dall’intesa fiscale

Londra balla da sola sulla global minimum tax fresca di accordo al G7 finanziario? A quanto pare sì. E pensare che era stato lo stesso cancelliere dello Scacchiere (il nostro ministro dell’Economia) Rishi Sunak a trionfalmente annunciare al mondo l’accordo tra le sette grandi economia sulla tassa con aliquota al 15% sui profitti generati dalle multinazionali direttamente nei Paesi in cui si è presenti, indipendentemente dalla sede legale. Ora però dalla Gran Bretagna rischia di arrivare un colpo basso, proprio mentre cresce il pressing per estendere la minimum tax all’Ocse.

Sembra che il governo di Sua Maestà, proprio per mezzo di Suank, stia spingendo per esentare parte delle istituzioni finanziarie, banche, assicurazioni, colossi della tecnologia, presenti nella City dalla tassa flat globale. Secondo il Financial Times, Londra starebbe sperando in una vera e propria “esenzione sui servizi finanziari”, proprio su pressing di Sunak, intimorito dal fatto che la tassa al 15% possa abbattersi sui margini delle grandi banche. Molte delle quali hanno sì, sede Oltremanica, ma generano il grosso dei profitti altrove.

Una paura che si sarebbe manifestata già nel corso dei colloqui interni al G7 che hanno portato allo storico accordo. Nonostante l’intesa sulla minimum tax (che ora, è bene ricordarlo, va strutturata e dunque applicata), l’esponente del governo inglese sarebbe ben disposto a perorare la causa del settore finanziario anche al prossimo G20 di luglio, in programma a Venezia. “La nostra posizione è che vogliamo che le società di servizi finanziari siano esenti dalla tassa e che i paesi dell’Ue siano nella stessa posizione”, ha affermato un alto funzionario del britannico. Il timore, nelle stanze del governo, è che tassare i profitti delle grandi banche e finanziarie possa comportare una stretta sul credito, proprio mentre il Regno Unito si sta lasciando alle spalle la sua peggior crisi economica e sociale dal 1945 ad oggi.

Ma c’è chi non la pensa così, ed è guarda caso proprio una grande banca, con base in America ma con attività in tutto il mondo: Goldman Sachs. La prima banca d’affari statunitense ha rassicurato dagli effetti della global minimum tax, sulle grandi aziende, spiegando in un report che  “lo storico accordo delle nazioni più ricche del mondo per imporre una tassa minima globale non rappresenta una grande minaccia per i profitti delle aziende americane”, Goldman inclusa. “Una tassa minima globale avrebbe solo un piccolo impatto sui profitti delle grandi imprese americane ma attive in tutto il mondo”.

Tale tassa “rappresenterebbe un ribasso di appena dell’1-2% in termini di utili. E questo è uno dei motivi per cui gli investitori oggi non sono turbati dall’accordo fiscale del G7. E comunque l’imposta minima globale ha ancora molta strada da fare prima che diventi realtà”.

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