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La Nasa vuole più risorse. Ecco la corsa alla Luna (con la Cina)

Ieri tre taikonauti sono arrivati sul modulo Tianhe, primo pezzo di un’intera stazione spaziale, tutta cinese. Il giorno prima, Russia e Cina hanno presentato la tabella di marcia per il programma “Ilrs” con cui vogliono stabilire una presenza stabile sulla Luna (a partire dal 2036). Negli Usa, il numero uno della Nasa Bill Nelson preme il Congresso per aver più risorse e sostenere i partner internazionali. La corsa è servita…

Si accende la corsa allo Spazio. Ieri, l’arrivo sul modulo Tianhe dei tre taikonauti cinesi per assemblare la nuova stazione spaziale di Pechino è stato accolto dal numero uno della Nasa Bill Nelson con le “congratulazioni” e l’auspicio di “nuove scoperte scientifiche”. Oggi il Washington Post racconta però che l’ex senatore e astronauta è impegnato in un’opera di pressione sul Congresso affinché aumenti le dotazioni dell’agenzia al fine di mantenere il vantaggio sulla Cina.

LA NUOVA CORSA

L’amministrazione guidata da Joe Biden ha già presentato una richiesta per il 2022 pari a 24,7 miliardi di dollari, un aumento del 6,3% rispetto allo scorso anno e rimpinguata nei programmi di esplorazione, a partire da Artemis, l’ambizioso piano di ritorno (per restare) sulla Luna, con 325 milioni in più (sugli 850 del 2021). Nelson vorrebbe però ancora di più, e per questo starebbe descrivendo a vari rappresentanti di Capitol Hill il rischio di essere superati oltre l’atmosfera dalla Cina. Il Dragone sembra d’altra parte lanciato. Il progetto per la nuova stazione spaziale (Tiangong-3) procede spedito, con il rischio (già notato da Nelson in audizione al Congresso) che dal 2030 l’unico avamposto abitabile nell’orbita terrestre sia cinese, stanti gli attuali programmi di dismissione della Iss (verso un futuro commerciale). È recente l’approdo su Marte del rover “Zhurong”, letteralmente “dio del fuoco”, sullo stesso Pianeta rosso dove la missione Nasa Perseverance sta registrando diversi successi. Anche per la Luna la tabella di marcia cinese è ben avviata. I piani per stabilire una presenza stabile sul nostro satellite naturale sono al centro della nuova era esplorativa.

IL VALORE DI ARTEMIS

Gli Stati Uniti hanno lanciato Artemis da diversi anni. Il target del ritorno nel 2024 posto da Donald Trump è superato, ma non la determinazione a sostenere il programma. L’esecutivo di Biden ha confermato il progetto nel complesso, lo stesso Nelson (sostenitore da sempre dell’esplorazione umana oltre l’atmosfera) ha promesso a più riprese impegno per portarlo avanti. La strada scelta è quella della partnership internazionale, con una vera a propria coalizione (tra i firmatari degli Artemis Accords, Italia compresa) per lanciare la nuova era esplorativa. Per riuscire nell’intento gli Stati Uniti hanno inoltre fatto più forte affidamento agli attori privati, chiamati a partecipare negli investimenti e negli sviluppi per poter poi godere dei ritorni commerciali. È recente l’assegnazione da parte della Nasa del contratto “Human Landing System”, per 2,9 miliardi di dollari, per la realizzazione del sistema che permetterà agli astronauti di scendere sulla superficie. Ha vinto il progetto StarShip targato SpaceX, l’azienda del visionario miliardario Elon Musk.

IL PROGRAMMA CINESE

Artemis se la dovrà vedere con il progetto russo-cinese. Difatti, Mosca (che ha già annunciato l’abbandono al 2025 della Stazione spaziale internazionale) si è affidata a Pechino per il ritorno sulla Luna. A settembre 2019, le due agenzie, Roscosmos e Cnsa, hanno siglato un a prima intesa per collaborare nel campo dell’esplorazione lunare, attraverso un reciproco contributo per la sonda orbitante russa Luna-26 e per la missione cinese Chang’e 7, che prevede l’approdo sul polo sud lunare, lo stesso identificato dagli Usa per Artemis. Intesa corredata dal lancio di un data center condiviso, da realizzare con hub in entrambi i Paesi. Più di recente, a inizio marzo, le due agenzie hanno siglato un memorandum per realizzare insieme una stazione spaziale lunare, già rinominata International Lunar Research Station (Ilrs). Il 23 aprile, a margine della 58esima sessione del sottocomitato tecnico-scientifico del Copuos (il comitato dell’Onu per l’uso pacifico dello Spazio), Russia e Cina hanno invitato formalmente tutti gli altri Paesi ad aderire al progetto “a tutti i livelli”, dalla progettazione fino alle operazioni.

I PIANI DI RUSSIA E CINA

Due giorni fa, in occasione del convegno “Global space exploration” di San Pietroburgo, Roscosmos e Cnsa hanno illustrato la tabella di marcia del loro progetto, notando che l’Ilrs ha già ricevuto “l’interesse di numerosi Paesi e organizzazioni” (qui il “caso italiano”). La prima fase del progetto comprende le missioni già avviate e in corso, con l’obiettivo di acquisire dati preziosi per stabilire una base in superfice (Chang’e 4, 6 e 7; Luna 25, 26 e 27). La seconda fase sarà dedicata alla “costruzione” e si dividerà in due pari: verifica, raccolta campioni e arrivo dei materiali (si prevede collaborazione tra le missioni Chang’e 8 e Luna 28); realizzazione di infrastrutture orbitati e in superficie per comunicazioni, approvvigionamento energetico e utilizzo delle risorse in situ. Di questa parte se ne occuperanno le missioni Ilrs da 1 a 5. Poi, dal 2036 in poi, si passerà alla “utilizzazione”, con l’arrivo degli equipaggi in superficie.

IL PROGRAMMA DI PECHINO

Il programma di Pechino è tutt’altro che improvvisato. Nel 2007 e nel 2010 sono partite rispettivamente Chang’e-1 e Chang’e-2, con due sonde orbitanti intorno al satellite. Nel 2013, Chang’e-3 ha condotto sulla superficie un lander e un rover che, nonostante alcuni problemi di mobilità, ha operato per 31 mesi. A inizio 2019 (poco prima dell’annuncio Usa su Artemis) la sonda Chang’e 4 sorprese il mondo, diventando la prima nella storia a posarsi sul lato nascosto della Luna. Più di recente, a dicembre, la missione Chang’e 5 ha permesso alla Cina di diventare il terzo Paese al mondo a riportare a Terra campioni della superficie lunare (non succedeva dal 1976, missione sovietica Luna 24, quattro anni dopo l’Apollo 17). Lo stesso farà Chang’e 6, con obiettivo specifico sul polo sud lunare. Sarà poi la volta della Chang’e 7 e della Chang’e 8, dedicate allo studio profondo della superficie, con tanto di stampante 3D per costruire in situ strutture di ricerca e preparare così il terreno all’obiettivo più ambizioso: l’approdo dei primi taikonauti (e cosmonauti) sulla Luna.

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