Skip to main content

L’ora delle opere utili (e condivise). Il dibattito con Romano, Comin e Atelli

Spunti e riflessioni da “Il dibattito pubblico per opere utili, snelle e condivise”, il confronto organizzato da Comin&Partners e Avventura Urbana, a 3 anni dal Dpcm che regola il dibattito pubblico per le infrastrutture più importanti e a 2 anni dalla pubblicazione del manuale dell’Associazione Italiadecide

Si è tenuto ieri Il dibattito pubblico per opere utili, snelle e condivise, il confronto organizzato da Comin&Partners e Avventura Urbana, a 3 anni dal dpcm che regola il Dibattito Pubblico per le infrastrutture più importanti e a 2 anni dalla pubblicazione del manuale dell’Associazione Italiadecide.

L’incontro è stato introdotto da Gianluca Comin, fondatore e presidente di Comin&Partners: “mi fa particolarmente piacere toccare il tema del dibattito pubblico, a me molto caro. Come raggiungere il maggior consenso dei cittadini per la realizzazione di opere pubbliche e private? Non è un tema recente, ma oggi abbiamo tutti gli strumenti per coinvolgere in modo attivo, propositivo e democratico i cittadini nella realizzazione delle opere. A maggior ragione in una fase di grande investimento sul territorio come quella di oggi. Molte opere si fermano perché non hanno il giusto supporto e consenso da parte di chi ne dovrà fruire. Fino a qualche decennio fa questo lavoro veniva svolto dalle istituzioni e dalla politica, oggi invece i cittadini cercano la partecipazione diretta”.

Per Iolanda Romano, fondatrice di Avventura Urbana, “nella nostra cultura ancora manca la condivisione di un concetto fondamentale: consultare i cittadini è uno strumento per migliorare la qualità del progetto. Chi conosce il territorio può infatti dare un contributo prezioso. Il dibattito pubblico permette di aumentare le opportunità che un’opera, relazionandosi con il territorio, può offrire ed è uno strumento per riequilibrare lo sbilanciamento fra gli interessi di pochi e l’impatto su tanti. Il dibattito pubblico riesce in tempi estremamente contingentati a dare un enorme aiuto alla decisione e si colloca nei processi di civilizzazione del Paese. Il dibattito pubblico crea responsabilizzazione: spinge a discutere, ad informarsi, ad ascoltare gli altri. Non esistono posizioni pre-costituite”.

Caterina Cittadino, presidente Commissione Nazionale Dibattito Pubblico, ha invece sottolineato la “forte accelerazione nell’ultimo Decreto Semplificazioni per alcuni tipi di opere. Avremo due tipi di dibattito pubblico: uno ordinario e uno dedicato ad alcune opere particolari per il quale è prevista una forte riduzione delle tempistiche. Il paese si trova in un’emergenza: i tempi del PNRR vanno rispettati altrimenti i finanziamenti non arrivano. Bisogna stringere le cinghie. La Commissione sta avviando tutte le attività che rappresentano la base di partenza, per garantire la pubblicità degli atti dei dibattiti pubblici. Proprio stamattina abbiamo approvato la prima raccomandazione di carattere generale: le linee guida per il dibattito pubblico. Spesso l’amministrazione centrale riesce a parlare solo a sè stessa. Oggi abbiamo immaginato una campagna di comunicazione in cui ci sforziamo di andare oltre per contribuire ad allargare gli orizzonti del dibattito pubblico”.

Infine, il parere Massimiliano Atelli, presidente della Commissione Via (Valutazione impatto ambientale). Il dibattito pubblico ha come prima vocazione quella di migliorare la decisione finale e l’idea progettuale dalla quale si parte. Il tema della qualità della progettazione e del rapporto con i territori ha molta parte nel fenomeno di allungamento dei tempi decisionali e di realizzazione degli interventi. Abbiamo bisogno di partire bene perchè una vicenda che non parte col piede giusto difficilmente trova la strada giusta dopo. Il dibattito pubblico ha un ruolo assolutamente centrale. Esistono tre dati con i quali fare i conti. Il primo dato è quello culturale: la civilizzazione dei processi decisionali. Persino la Cei in occasione del referendum sulle trivelle ha invocato spazi di confronto che al tempo non esistevano. Il punto è proprio trovare un “non-luogo” dove il confronto possa avere luogo, dove l’inclusività del processo nasca dalla trasparenza di questa operazione”.

 



×

Iscriviti alla newsletter