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Armi (nucleari) tra Putin e Biden. Così riparte il dialogo

Il primo risultato dell’incontro a Ginevra tra Vladimir Putin e Joe Biden è una dichiarazione congiunta sul controllo degli armamenti. Si punta a lanciare “un dialogo approfondito”, guardando all’ipotesi di “un nuovo trattato”. Oltre “la responsabilità” che le due potenze avvertono in tema nucleare, c’è la comune preoccupazione per l’ascesa di Pechino nel campo degli armamenti strategici

Era previsto e così è stato. Il dialogo tra Stati Uniti e Russia è ripartito dal controllo degli armamenti. A Ginevra, Vladimir Putin e Joe Biden hanno siglato una nota congiunta per “riaffermare il principio che non possono esserci vincitori pin una guerra nucleare”. Ne deriva un impegno messo nero su bianco: “La Russia e gli Stati Uniti lanceranno presto un dialogo bilaterale approfondito sulla stabilità strategica”, così da “mettere le fondamenta per un nuovo sistema di controllo e per misure che riducano i rischi”. Putin ha parlato anche di “un nuovo trattato”, visto che l’innovazione tecnologica ha ampliato gli assetti da poter comprendere.

I due presidenti avevano in agenda tanti temi intricati e distanze apparentemente insormontabili, tra interferenze cyber e diritti umani. L’unico tema “facile” era proprio il controllo delle armi nucleare. D’altra parte, tra i primi atti dell’amministrazione Biden c’è stata la proroga del trattato New Start che era giunto ormai a scadenza. Dopo la fine del trattato Inf e le accuse reciproche sugli accordi Open Skies, restava l’unico baluardo di un regime di controllo che affonda le radici nella Guerra fredda. Da qui è ripartito il dialogo svizzero.

Siglato da Barack Obama e Dmitrij Medvedev nel 2010, il New Start ha sostituito i precedenti Start I, Start II e Sort, fissando a 1.550 il limite di testate nucleari dispiegabili per le due superpotenze e a 700 il massimo di vettori nucleari dispiegati contemporaneamente (tra velivoli, missili e sottomarini). A scadenza ormai imminente è stato prorogato a gennaio per altri cinque anni, con la prospettiva di partire da qui per un nuovo regime di controllo degli armamenti. Scelta voluta da Biden rispetto alle insofferenze del predecessore Donald Trump. Una scelta “tempestiva e responsabile”, ha commentato oggi Putin. È il tema su cui si registra la maggiore convergenza tra Usa e Russia, non senza qualche stoccata reciproca. “Noi imprevedibili?”, ha chiesto il presidente russo. “Sono stati gli Stati Uniti a uscire dal trattato Open Skies”, ha affermato.

Il punto più rilevante riguarda l’ipotesi di un nuovo trattato (da leggere le prospettive di Davide Urso). È nota la volontà di un accordo più ampio, che aumenti la prevedibilità, riduca i rischi e che (soprattutto) coinvolga anche la Cina. L’ascesa di Pechino sul fronte nucleare preoccupa Washington quanto Pechino. Non è un segreto che la scarsa determinazione messa in campo da americani e russi per far sopravvivere il trattato Inf (che vietava il dispiegamento a terra di armi nucleari a medio raggio, ossia quelle con una gittata tra i 500 e i 5.500 chilometri) sia stata legata soprattutto all’insofferenza verso obblighi che non vincolavano la Cina, libera di proseguire la sua modernizzazione missilistica. E Pechino è infatti andata avanti notevolmente negli ultimi anni, tra nuovi vettori intercontinentali, missili a planata ipersonica e testate nucleari sempre più moderne (qui tutto l’arsenale cinese).

Nel suo Yearbook 2021, l’autorevole Sipri nota che la Cina è, tra i nove Paesi nucleari, quello che ha aumentato dal 2020 di più la disponibilità di testate nucleari, trenta in più, da 320 a 350, senza la possibilità di capire quali siano quelle dispiegate e quelle in stato di allerta (Usa e Russia hanno su questo obblighi di trasparenza). I numeri complessivi di Pechino sembrano poca cosa rispetto alle 5.550 testate degli Stati Uniti e alle 6.255 della Russia (che comunque hanno ridotto i rispettivi arsenali), anche se ormai il confronto non è più sui numeri, ma sull’evoluzione tecnologica tra miniaturizzazione e vettori ipersonici. Che l’attenzione sia rivolta alla Cina lo dimostrano le parole di Putin. “I Paesi nucleari – ha detto – hanno una responsabilità speciale riguardo la stabilità strategica a livello globale”.

Biden, da parte sua, arrivava a Ginevra dopo aver compattato il fronte Nato. L’unità ritrovata al summit di Bruxelles si è estesa anche sul tema del controllo degli armamenti. Lunedì, nel comunicato finale del summit di Bruxelles, ampia parte è stata dedicata al dossier, non senza critiche per l’attivismo di Russia e Cina sul fronte degli armamenti strategici. Da tempo gli Stati Uniti cercano di rendere la Nato più protagonista sui fori internazionali del controllo degli armamenti. L’obiettivo è aumentare la pressione internazionale su Mosca e, soprattutto, Pechino.

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