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Dopo 5G e chip, basta occhi cinesi nelle città. Il Parlamento di Londra sfida Pechino

La commissione Affari esteri della Camera dei Comuni chiede al governo Johnson di bandire “aziende come Hikvision e Dahua” per i presunti legami con la repressione cinese nello Xinjiang. Sono le stesse società che forniscono le Procure italiane e Palazzo Chigi (era Conte)

Bandire i prodotti “di aziende come Hikvision e Dahua”, che “non devono avere il permesso di operare nel Regno Unito”. La ragione? Il legame – da esse sempre negato – con “le atrocità nello Xinjiang” commesse con l’utilizzo di sistemi di sorveglianza nei campi di rieducazione per gli uiguri.

Questa – oltre al boicottaggio delle Olimpiadi invernali di Pechino 2022, alla corsia preferenziali per le domande d’asilo degli uiguri e alle sanzioni ai funzionari del Partito comunista cinese nello Xinjiang – è una delle raccomandazioni al governo britannico contenute nel rapporto “Never Again: The UK’s Responsibility to Act on Atrocities in Xinjiang and Beyond” pubblicato nei giorni scorsi dalla commissione Affari esteri della Camera dei Comuni.

Quello suggerito è molto più che un bando: la proposta è di proibire a “organizzazioni e individui nel Regno Unito di fare affari” con queste aziende e bandirei investimenti e partnership.

A presiedere la commissione Affari esteri ai Comuni c’è Tom Tugendhat, deputato di spicco del Partito conservatore, considerato un “falco anti Cina” e messo recentemente sotto sanzioni dalla Repubblica popolare cinese per le sue critiche alle condotte del governo di Pechino ai danni degli uiguri nello Xinjiang, da lui (come dal resto del Parlamento di Londra attraverso una mozione) definite “genocidio”.

Le indicazioni del rapporto parlamentare non sono vincolanti per il governo. Tuttavia, è doveroso sottolineare che il lavoro in Aula di Tugendhat e altri deputati tory ha già portato il governo di Boris Johnson a compiere due importanti passi nel contrasto all’influenza cinese attraverso la tecnologia. Il primo è l’inversione a U sul 5G: un anno fa Downing Street ha deciso di bandire le aziende cinesi Huawei e Zte, rivendendo le concessioni fatte pochi mesi. Il secondo è la recente scelta di stoppare l’acquisizione dell’azienda produttrice di semiconduttori Newport Wafer Fab da parte di una società cinese. Chiedendo al primo ministro di intervenire, Tugendhat e gli altri avevano citato a esempio l’esercizio dei poteri speciali da parte del presidente del Consiglio italiano Mario Draghi per impedire che Lpe, azienda brianzola di microchip, finisse in mani cinesi.

Su Formiche.net ci siamo occupati recentemente della tecnologia “made in China” per le smart city analizzando un rapporto pubblicato dallo Swedish Center for China Studies che sottolineava il ruolo cruciale dei media del regime di Pechino nel sostenere la cosiddetta “soluzione cinese” alla lotta alla pandemia – quella fatta di raccolta e analisi di big data, telecamere di sorveglianza, tecnologia di riconoscimento facciale e app di tracciamento – definendola una delle più efficienti al mondo. “Il modello di smart city promosso dal partito-stato cinese”, spesso presentato anche come safe city, si legge, “differisce molto da quello dell’Unione europea, in quanto si concentra sulla sorveglianza e la sicurezza pubblica”. L’opposto rispetto a definito “human-centred” dalla Commissione europea.

Tre i rischi che la tecnologia cinese per le smart city presenterebbe secondo il rapporto svedese. Primo: può “aiutare a rafforzare i sistemi autoritari”. Secondo: “lo Stato cinese potrebbe ottenere l’accesso ai dati sensibili”. Terzo: “le infrastrutture critiche potrebbero diventare più vulnerabili”.

Il documento chiamava in causa anche l’Italia, ricordando che nel marzo 2020, cioè agli albori della pandemia Covid-19, Huawei aveva annunciato di aver donato apparecchiature di rete wireless agli ospedali italiani. Non citava, invece, questioni che suonano più attuali che mai dopo la pubblicazione del rapporto parlamentare britannico: oltre a quella del 5G, quelle dei termoscanner Dahua installati a Palazzo Chigi, delle telecamere Hikvision nelle Procure e (non solo Hikvision) in diverse città italiane (compresa la capitale Roma) o delle mire di Huawei su Rai Way – dossier più volte affrontati su Formiche.net.

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