Il riassetto fiscale con cui il presidente democratico vorrebbe finanziare i piani pandemici potrebbe far pagare oltre 200 mila dollari all’anno all’1% delle famiglie più ricche degli Usa. Tanto basterebbe a rafforzare i già forti dubbi repubblicani. E poi c’è lo zampino della minimum tax…
I piani pandemici che il presidente Joe Biden sta cercando affannosamente di portare avanti, quasi 5 mila miliardi di dollari sul tavolo del Congresso, hanno una contropartita e non tanto leggera: l’aumento delle tasse sul ceto più ricco. Fumo negli occhi dei repubblicani che più volte hanno minacciato di far saltare il banco delle trattative, precludendo allo stesso Biden il successo dell’operazione. Temuta anche dai mercati, visto che una tale quantità di denaro nell’economia reale può accendere il fuoco dell’inflazione, spingendo la Federal Reserve a una stretta monetaria.
LE TASSE DI BIDEN
Nei giorni scorsi repubblicani e democratici hanno trovato una delicata intesa sul piano per le infrastrutture, che vale 1.200 miliardi. Un compromesso che almeno per il momento non prevede un aumento delle tasse sulle grandi imprese e sui paperoni d’America. Ma non può bastare perché le operazioni di spesa per contrastare la pandemia non sono finite e non è possibile finanziare tutto a deficit, anche a fronte di un Pil 2021 in crescita di oltre il 6%.
E poi, Biden ne ha fatto uno dei pilastri della sua campagna elettorale: l’aumento dell’aliquota dell’imposta nazionale sulle società dal 21 al 28% e dell’aliquota massima sul reddito delle persone fisiche al 39,6% dal 37%. Ancora, la Casa Bianca punta ad alzare l’aliquota dell’imposta sulle plusvalenze per coloro che guadagnano più di 1 milione all’anno dal suo attuale 20% al 39,6%. Cosa vuol dire tutto questo?
LO STUDIO BROOKINGS
Uno studio di Brookings ha tradotto in cifre le ambizioni di Biden. Ebbene, lo 0,1% più ricco degli americani, quelli cioè che guadagnano almeno oltre 3 milioni di dollari all’anno, pagherebbe tasse federali aggiuntive per 1,5 milioni. Non è finita. Sempre secondo Brookings, nel 2022 l’1% più ricco delle famiglie statunitensi vedrebbe un aumento delle tasse di oltre 213 mila dollari a a testa, in media, se il Congresso approvasse il piano fiscale proposto dal presidente Biden.
In compenso, i redditi medi (che guadagnano da 52 a 92 mila dollari annui) otterrebbero una riduzione delle tasse di 300 dollari all’anno, in media. In questo modo, il presidente democratico punta a neutralizzare parte della legge fiscale repubblicana del 2017, targata Donald Trump, che invece le aliquote sui grandi patrimoni le aveva tagliate.
UNA STRADA IN SALITA
Non sarà facile arrivare fino in fondo. Il compromesso a monte del piano per le infrastrutture è fragile e può franare da un momento all’altro. Non può stupire che le possibilità di una grande riforma fiscale nel breve termine siano ridotte, come spiegato recentemente da Tony Fratto, ex funzionario del Tesoro nell’amministrazione di George W. Bush.
“Non voglio dire che la battaglia su questo fronte sia ancora finita, perché so che ci sono ancora sostenitori di questa riforma. Ma penso che sarà difficile trovare la quadra e i repubblicani daranno battaglia. Le grandi imprese, uscendo dalla situazione economica in cui ci siamo trovati, per bloccare la riforma possono tranquillamente sostenere che un aumento delle tasse equivarrebbe a soffocare il ritorno alla crescita e la creazione di posti di lavoro, quando ci sono ancora molti milioni di persone senza lavoro”. E poi le imprese statunitensi, come quelle dell’area Ocse potranno usare come scudo il fatto di dover accettare la minimum tax globale al 15% sui profitti generati in loco, a prescindere dalla sede legale. Biden avvisato.