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Verso Zapad-2021. Così Mosca sposta le truppe in Bielorussia

Mentre la crisi migratoria dalla Bielorussia preme sulle Repubbliche baltiche, Mosca si prepara a inviare 2.500 militari nel territorio del regime di Lukashenko. Parteciperanno a Zapad-2021, il maggior impegno addestrativo dell’anno (anche per la Flotta del nord). E intanto, in Cina, sono già iniziate le manovre congiunte russo-cinesi…

Manca poco più di un mese al maggior impegno addestrativo dell’anno per le forze armate di Russia. È Zapad-2021, nuova edizione dell’esercitazione congiunta con la Bielorussia che si tiene ogni quattro anni. Questa volta arriva dopo numerose manovre nel distretto occidentale russo, comprese quelle che ad aprile hanno portato all’imponente concentrazione di forze al confine ucraino.

I TIMORI DI RIGA

Il primo campanello d’allarme lo ha suonato Edgars Rinkevics, ministro degli Esteri della Lettonia, che ha spiegato al Financial Times tutte le sue preoccupazioni: “c’è il rischio di incidenti”. Ad alimentare i timori di Riga è il contesto attuale, nel pieno della crisi migratoria bielorussa che Rinkevics ha definito “un caso evidente di guerra ibrida”. Il regime di Lukashenko usa i migranti “come un’arma”, ha spiegato il ministro, ricordando anche come negli ultimi mesi sia aumentata la presenza di guardie di frontiera e formazioni militari bielorusse ai confini con le Repubbliche baltiche e la Polonia.

VERSO ZAPAD-2021

Ora lo sguardo si sposta su Zapad-2021, al via il prossimo dieci settembre per una settimana. È organizzata ogni quattro anni dal distretto occidentale delle Forze armate di Russia, congiuntamente con lo Stato maggiore della Difesa di Minsk. Secondo il vice ministro della Difesa Viktor Gulevich, l’esercitazione porterà in Bielorussia 2.500 militari russi, per un totale di 12.800 unità impegnate nel territorio della Repubblica guidata da Lukashenko. Bisogna poi aggiungere il numero di militari impegnati nel territorio russo, compresi 400 bielorussi.

GLI ASSETTI IN CAMPO

A preoccupare i vicini occidentali (e la Nato tutta) sono soprattutto gli assetti impiegati. Secondo Tass sarà “massiccio” il dispiegamento di velivoli militari russi, già protagonisti nelle ultime settimane di sortire nei pressi delle aree del Baltico di competenza della Nato. Nel complesso la Russia impiegherò 350 assetti, tra cui 140 carri armati e 110 tra sistemi d’artiglieria e missilistici, e una trentina tra caccia, elicotteri e velivoli di altro tipo. La Bielorussia dovrebbe mettere a disposizione una trentina di assetti.

IL CONTESTO

Il ministro della Difesa russa Sergei Shoigu ha ribadito via Tass la scorsa settimana che le manovre hanno natura “difensiva” e sono finalizzate a “garantire la sicurezza dei nostri confini occidentali”. Ma l’esercitazione arriva a pochi mesi dal consistente addensamento di forze al confine con l’Ucraina, ritenuto dagli esperti un test, sia della capacità di proiezione verso ovest, sia della volontà europea (e Nato) di coinvolgimento nelle questioni che riguardano l’est Europa. A fine aprile è stato lo stesso Vladimir Putin ad annunciare il ritiro delle forze (per l’Ue erano 100mila unità), ma diversi assetti sarebbero rimasti nell’area proprio in previsione di Zapad-2021.

GLI OBIETTIVI DI MOSCA

Tra l’altro, l’alternanza di manovre ed esercitazioni garantisce alla Russia una presenza militare pressoché stabile in Bielorussia. Tanto più adesso che il regime di Lukashenko aumenta le distanze dall’Occidente, tra la crisi migratoria, il dirottamento del volo con a bordo l’oppositore Roman Protasevich e le conseguenti sanzioni di Usa e Ue. L’impressione è che l’esercitazione serva a Mosca per cementificare l’alleanza con Minsk dal punto di vista militare, e per consegnare alla Nato un nuovo show di forze. Lo dimostra il coinvolgimento della Flotta del nord, per cui Zapad-2021 è “il maggior impegno dell’anno” secondo il comandante Aleksandr Moiseev. Tra l’altro, considerando che la Bielorussia non ha sbocchi sul mare, l’impiego della flotta (in scena con i suoi assetti solo poche settimane fa) confermerebbe ambizioni addestrative piuttosto ampie.

LE MANOVRE RUSSO-CINESI

E intanto è iniziata oggi un’altra esercitazioni, la Sibu/Interaction 2021. “Sibu” è la traslitterazione in caratteri latini del termine cinese per indicare l’Occidente, parola che in russo suona come “Zapad”. Trattasi di manovre congiunte che si terranno fino a venerdì nella parte occidentale della Cina, destinate a culminare nella regione autonoma di Ningxia, al confine con la Mongolia, con una serie di test di sparo per carri armati russi e cinesi. L’esercitazione coinvolgerebbe all’incirca 10mila unità. Il ministero russo della Difesa parla di “migliaia di militari” e di oltre “400 sistemi d’arma”.

IL PARERE DI TRENIN

Non è il primo caso di collaborazione militare tra Russia e Cina. Negli ultimi anni le manovre congiunte si sono intensificate. “I due Paesi sono vicini e condividono lo stesso confine”, ha spiegato a Formiche.net Dmitri Trenin, politologo e direttore del Carnegie Moscow. Di più: “Il riavvicinamento è iniziato nel 1989 ed è da allora è stato continuo; dal 2014 le sanzioni di Ue, Usa e dei Paesi G7 hanno avuto un impatto sul commercio fra la Russia e l’Occidente, e hanno spinto Mosca a guardare a Pechino per gli scambi economici e tecnologici; la pressione simultanea degli Stati Uniti su Cina e Russia continua a stimolare la cooperazione fra i due Paesi anche nell’area militare”.

DAL CONVENZIONALE ALL’IBRIDO

Secondo Helena Legarda, senior analyst del Mercator Institute for China Studies (Merics, qui l’intervista), è ancora presto per parlare di alleanza tra Mosca e Pechino. “Ci sono chiari limiti a ciò che Cina e Russia farebbero l’una per l’altra; basti alla mancanza di coinvolgimento della Russia nella questione del Mar cinese meridionale e alla reazione cinese all’annessione della Crimea, quando Pechino non ha sostenuto pubblicamente Mosca”. Certo, “negli ultimi anni si è assistito a una maggiore cooperazione militare, con visite di alto livello ed esercitazioni congiunte anche nel Mediterraneo e nel Mar Baltico”. Tuttavia, ha aggiunto, “è improbabile che la Marina russa sostenga quella cinese nel Mar cinese meridionale, come lo è che la Marina cinese sarà presente nel Mar Nero”. A preoccupare di più è invece il campo della guerra ibrida, ha concluso Legarda: “c’è la possibilità di trasferimenti di know-how e di condivisione di informazioni”.

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