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La Tunisia si spacca per fronti regionali, i cittadini soffrono il Covid

Movimenti tra i fronti interni al sunnismo mentre la variante Delta non si ferma. Dentice (CeSI) e Profazio (IISS/Nato Foun.) commentano l’appello di Formiche.net per l’arrivo di aiuti sanitari a Tunisi

Il ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Farhan, venerdì 30 luglio è stato ricevuto dal presidente tunisino Kais Saied per un lungo colloquio sulla situazione del paese — su cui l’Arabia Saudita ha interessi da molto tempo nel quadro delle dinamiche regionali intra-sunnite tra le posizioni conservatrici che interpreta Riad e quella anti-status quo di Turchia e Qatar. Consiglieri politici del presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi erano al Palazzo di Cartagine poco prima della decisione di Saied sul congelamento delle attività parlamentari e del licenziamento del governo a Tunisi che ha prodotto lo stallo attuale. L’Egitto, con gli Emirati, guida l’allineamento pro-saudita, contro l’Islam politico interpretato da Ankara e Doha, a cui si ispira Ennahda, partito islamista illuminato tunisino che coordina l’opposizione a Saied.

Con piena consapevolezza che queste siano questioni strettamente collegate alla situazione sanitaria, Formiche.net ha lanciato un appello affinché davanti alle complessità della crisi si scelga di intervenire in fretta pensando ai civili vittime innanzitutto del dilagarsi dell’epidemia Covid. Appoggiato da diversi esperti della regione, il nostro sito ha chiesto all’Italia di guidare l’azione Ue con cui inviare aiuti medico-sanitari e vaccini per fronteggiare l’aumento dei casi legati al dilagare della variante Delta.

“Gli aiuti sanitari alla Tunisia sono sicuramente un buon passo per assistere il Paese in questo momento difficile: del resto questa è la strada che ha intrapreso l’Italia già nelle settimane precedenti la crisi del 25 luglio, sin dalla visita del Presidente tunisino in Italia”, commenta Giuseppe Dentice, Head del Mena Desk del CeSI.

“Primo — continua — perché permettono di dare un segnale concreto alla Tunisia alle prese con una crisi economica e sociale aggravata dalla pandemia e dalla sua gestione a dir poco problematica tanto da fungere da acceleratore del processo attivato da Saied il 25 luglio. In secondo luogo gli aiuti sanitari possono essere un viatico necessario per approfondire il sostegno economico e politico a un Paese cruciale nel quadrante nordafricano e per il suo ruolo (non solo) simbolico legato alle Primavere Arabe. In questo senso, infine, il supporto europeo (e italiano in particolare) può essere significativo per frenare il grado di pericolosità della crisi in corso, ma anche per impedire che le mosse intraprese da Saied possano assumere traiettorie pericolose che ricordano altre esperienze e derive autoritarie,  come ad esempio avvenuto in altre realtà vicine nell’area (si pensi al caso egiziano del 2013)”.

In altre parole sulla Tunisia “si gioca una partita importante e multi-sfaccettata per il presente e il futuro del Paese, ma anche per le capacità europee in termini di credibilità politica e di ambizioni in politica estera, specie in un quadrante strategico come il Mediterraneo”, chiude Dentice.

“La deriva presidenzialista della Tunisia, scaturita da una serie di decisioni politicamente discutibili e costituzionalmente dubbie da parte del Presidente Saied, rischia di mandare in frantumi l’eccezione democratica faticosamente sopravvissuta al riflusso autoritario successivo alla Primavera Araba”, sottolinea Umberto Profazio, associate fellow presso l’IISS e analista esperto di Maghreb della Nato Foundation. Secondo cui di fronte al riaccendersi della polarizzazione, che sta spingendo verso l’estremo la tensione tra le forze politiche, la cui legittimità era stata già erosa dall’incompiuta transizione economica che ha rappresentato un terreno fertile per “l’esasperazione delle tensioni sociali alle quali la pandemia da COVID-19 ha prevedibilmente dato il definitivo colpo di grazia, i partner occidentali hanno finora dato risposte alquanto limitate”. “Al di là della consueta retorica diplomatica e degli appelli a un ripristino tempestivo del bilanciamento dei poteri — continua — ad essere messa in discussione è soprattutto l’ambizione, per non dire illusione, degli occidentali di giocare un ruolo geopolitico di primo piano nella regione e, allo stesso tempo, salvaguardare l’esperimento democratico tunisino”.

Per Profazio, “un piano di aiuti europeo che contribuisca a rendere meno grave la crisi sanitaria rappresenterebbe uno strumento dal valore inestimabile per ridurre le sofferenze della popolazione tunisina e un’opportuna inversione di tendenza rispetto alla reazione nazionalista e nazionalistica facilmente osservabile in Europa e negli Stati Uniti nei primi mesi successivi allo scoppio della pandemia. Consapevoli dell’essere rimasti dietro rispetto ai principali competitor nella corsa alla diplomazia delle mascherine prima e dei vaccini dopo, Bruxelles e Washington hanno accumulato notevoli ritardi in Nord Africa, dove Cina e Russia si sono mostrati più tempestivi, fornendo un modello alternativo e apparentemente più efficace di governance ed al tempo stesso alimentando le tendenze autoritarie già presenti nella regione”.

“Per tale motivo — spiega — e visto il recente colpo di mano di Saied, un piano di aiuti rappresenterebbe uno strumento necessario ma non sufficiente a impedire una deriva presidenzialista in Tunisia che, nonostante le inevitabili difformità di vedute nelle varie capitali del Vecchio Continente, rappresenterebbe senza dubbio un ulteriore perdita d’influenza e di prestigio per l’Europa nella regione. Trinceratisi nella cosiddetta ‘Fortress Europe’, le potenze europee sono divenute un attore troppo spesso passivo, incapace di trovare un minimo comune denominatore, per quanto facile esso sia, come nel caso della salvaguardia dell’eccezione tunisina, subendo gli inevitabili contraccolpi sia dal punto di vista geopolitico che valoriale”.


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