Ci sono dei teatri dominati dal tema di sicurezza e difesa in cui la partnership tra Francia e Stati Uniti difficilmente verrà intaccata. Il Sahel come l’Ucraina, il Nordafrica e lo stesso Indo Pacifico sono territori in cui i francesi si muovono in coordinamento con gli americani
L’intesa del 2016 con cui la Francia avrebbe venduto 12 sottomarini diesel-elettrici all’Australia sarebbe stata la commessa militare più importante della storia per Parigi. Ma l’Aukus, l’intesa militare tra Washington, Londra e Canberra, l’ha cancellata, perché gli americani hanno offerto agli australiani una fornitura tecnologica di eccellenza, i sommergibili nucleari. E il nuovo deal è un peso che tende a buttare a fondo le volontà di impegno francese nella grande regione geopolitica dell’Indo Pacifico.
Il contraccolpo è sulle pagine di tutti i giornali, la Francia è irata, e sta provando a portarsi dietro l’Europa sulla sua posizione. Ma la distensione tra Parigi e Washington arriverà, nonostante i primi parlino di un “reset” delle relazioni quasi in senso negativo.
Non è detto che questo reset abbia accezione sfavorevole per i due Paesi, e per esempio un invito nelle prossime settimane (mesi?) alla Casa Bianca potrebbe arrivare all’Eliseo, oppure un incontro su un territorio terzo (in Europa?). Un faccia a faccia tra Emmanuel Macron e Joe Biden potrebbe servire come riavvio delle relazioni franco-americane e segnare un guadano per entrambi. Biden potrebbe lasciare più spazio a uno dei grandi obiettivi di politica estera di Macron, la difesa comune europea, puntello dell’autonomia strategica. Per gli Stati Uniti il guadagno sarebbe nell’ottenere una maggiore attività dalla componente europea della Nato (perché l’autonomia difficilmente potrà smarcarsi dall’alleanza transatlantica, ma semmai esserne valore aggiunto), abbassando di livello i vari coinvolgimenti. Per la Francia ci sarebbe in cambio un ruolo da capofila, che è fondamentalmente quello che interessa Macron.
Il tema difesa e sicurezza è quello predominante nelle relazioni franco-americane. Se la crisi segue compartimenti stagni per non inquinare l’intero campo delle relazioni, le partnership di carattere securitario è legittimo pensare che resteranno attive. Dopo la Brexit, la Francia è il principale attore militare dell’Ue, l’unico con il deterrente nucleare. Parigi è stata proattiva in vari contesti, come il Sahel per esempio, dove dal 2013 guida una missione anti-terrorismo – l’Operazione Barkhane. Il ruolo francese ha (e ha avuto) un doppio valore: da un lato la cooperazione saheliana franco-americana è integrata sugli stessi obiettivi (i gruppi armati, anche jihadisti, dell’area), dall’altro la stessa è servita politicamente a coinvolgere altri Paesi europei, portati nella regione attraverso la Task Force Takuba.
La Francia è presente nel Nordafrica e in Medio Oriente, e contemporaneamente anche parte del Formato Normandia, il tavolo diplomatico con Russia, Ucraina e Germania che gli Stati Uniti usano come punto di contatto sulla crisi del Donbas. Parigi è uno dei Paesi europei che ha in piedi con Mosca una forma di dialogo preferenziale, e per Washington è importante mantenere questa linea aperta e indiretta (sebbene senza scatti in avanti non controllati). Inoltre i francesi sono stati fondamentali nella chiusura del Jcpoa nel 2015, ponendosi davanti all’Iran con una posizione critica, tenuta anche per conto degli Stati Uniti (che invece giocavano su una linea più accomodante): per ricomporre l’accordo sul nucleare iraniano, Washington ha bisogno anche della sponda francese.
Ma Parigi è anche un attore importante nell’Indo Pacifico stesso: la collectivité d’outre-mer è una forza sociale con forma di protettorati come la Polinesia e la Nuova Caledonia, mentre i 7000 soldati francesi presenti nella regione sono una forza militare da non sottovalutare (la Francia grazie ai Territori d’Oltremare ha la seconda Zona economica esclusiva più grande del mondo). Le unità francesi partecipano alle operazioni di libera navigazione nel Mar Cinese, ma anche a esercitazioni congiunte con Corea del Sud (a cui ha offerto sottomarini), Giappone, India (a cui ha venduto 36 Rafale) e Australia stessa.
L’effetto Aukus è stato forte, moltiplicato da tre fattori. Il primo riguarda la perdita della commessa economico-industriale per la Francia. Il secondo il timore di Parigi di perdere contatto con il quadrante dell’Indo Pacifico. Il terzo si lega al contraccolpo per alcune decisioni unilaterali sofferte dall’Eliseo, come per esempio il ritiro dall’Afghanistan, su cui i francesi hanno preso una posizione critica lamentandosi di non essere stati adeguatamente informati. Un reset potrebbe portarsi dietro effetti positivi per tutti: difficile che gli uni possano rinunciare all’alleanza con gli altri.