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Evergrande in casa, Bri fuori. La via della Seta è lastricata di debiti

L’esposizione verso le banche cinesi dei Paesi in via di sviluppo destinatari della Belt&Road tocca la cifra stratosferica di 385 miliardi di dollari, certificando la natura opaca dei prestiti concessi dal Dragone. E in casa non va meglio, il debito degli enti locali vale la metà del Pil cinese. Intanto Evergrande mette un piede nella fossa…

Dentro o fuori i confini, il nemico pubblico numero 1 della Cina è sempre lui, il debito. Sistemico, contagioso, enorme, domestico o estero che sia, sta fiaccando giorno dopo giorno la seconda economia mondiale, come dimostra la raffica di sforbiciate al Pil cinese arrivate dalle principali banche d’affari mondiali. Evergrande, colosso immobiliare a un passo dal default (per Fitch ormai è solo questione di tempo), è solo una delle tante facce della crisi del Dragone. Dietro c’è molto, molto altro. Per esempio l’enorme esposizione maturata e poi esplosa all’ombra della via della Seta.

PAESE CHE VAI, DEBITO (CINESE) CHE TROVI

L’origine del male è stata raccontata da Formiche.net. I prestiti delle banche cinesi concessi ai governi dei Paesi in via di sviluppo, spesso africani, per finanziare le infrastrutture della Belt&Road si tramutano in vere e proprie trappole a causa dell’opacità di certe clausole e dei vincoli di riservatezza presenti nei finanziamenti stessi. Il risultato è che molti Stati si ritrovano spesso con un debito doppio rispetto al prestito ricevuto e nell’impossibilità di ripagarlo, con conseguenze negative per le stesse banche cinesi, che non riescono a incassare il dovuto.

Uno studio curato da AidData, laboratorio di ricerca del College of William & Mary in Virginia, ha aggiornato il contatore del disastro finanziario della via della Seta, analizzando oltre 13 mila progetti finanziati dalla Cina per un valore di oltre 843 miliardi di dollari erogati a 165 Paesi. Ebbene, la Belt&Road ha lasciato decine di Paesi a reddito medio e basso gravati da debiti nascosti per un totale di 385 miliardi di dollari. In pratica gli investimenti in strade, ponti, porti, si sono rivelati per molti Paesi un enorme boomerang con un debito che piano piano ha cominciato a mettere in difficoltà i governi.

I ricercatori di AidData hanno stimato che i debiti esistenti derivanti dai prestiti concessi da Pechino sono “sostanzialmente più grandi” di quanto precedentemente calcolato dalle agenzie di rating e da altre organizzazioni intergovernative. In altre parole, i debiti sono esplosi. Al punto che ad oggi, più di 40 paesi a reddito medio e basso hanno livelli di esposizione verso la Cina superiori al 10% del loro Prodotto interno lordo nazionale. “Sono rimasto senza fiato quando abbiamo scoperto per la prima volta quella cifra”, ha detto al Financial Times Brad Parks, direttore esecutivo del team AidData. Ma c’è di più. “Questi debiti per la maggior parte non compaiono nei bilanci del governo nei Paesi in via di sviluppo il che li rende assolutamente insidiosi e difficili da contabilizzare nell’ambito delle finanze di uno Stato”. Clamoroso, tanto per fare un esempio, è il caso dello Zambia, su cui grava un debito di 6,6 miliardi verso la Cina, il doppio rispetto alle stime ufficiali di due anni fa.

UNA MINA DENTRO CASA

Rientrando in Cina, il problema è sempre lo stesso. Stavolta la miccia non brucia nel cuore dell’Africa nera, ma nelle remote province dell’ex Celeste Impero. Secondo gli economisti di Goldman Sachs, i debiti dei governi locali verso banche e finanziarie sono cresciuti fino alla cifra stratosferica di 53 mila miliardi di yuan, oltre 8.200 miliardi di dollari. Un ammontare pari alla metà del prodotto interno lordo cinese. Tutta, o quasi, colpa della bolla immobiliare, con gli enti locali che per realizzare case poi invendute anche a causa della crisi demografica, hanno fatto ricorso a ingenti finanziamenti bancari, ora diventati crediti inesigibili per gli istituti. Lo stesso schema visto con Evergrande, ormai vicina al tracollo definitivo.

EVERGRANDE, ULTIMO ATTO?

Fitch ha infatti tagliato a C da CC il rating su Evergrande, appena una tacca sopra il default, a causa del probabile mancato pagamento degli interessi dovuti sui bond. Un declassamento che “riflette il fatto che è probabile che Evergrande manchi il pagamento degli interessi su titoli senior non garantiti”, hanno scritto gli analisti di Fitch in una nota, essendo la società già nel periodo di tolleranza di 30 giorni superato il quale scatta il default.

E a poco sembra essere servita la vendita per 1,5 miliardi di dollari del 19,93% di Shengjing Bank a Shenyang Shengjing Finance Investment, società di gestione patrimoniale statale, al fine di raccogliere liquidità. Shengjing Bank aveva chiesto che i proventi netti della cessione fossero usati per estinguere le passività del gruppo con l’istituto: Evergrande, che la scorsa settimana non ha pagato interessi per 83,5 milioni, non sarà in grado di usare tali fondi per come la cedola dovuta agli obbligazionisti offshore in scadenza oggi per 47,5 milioni. Male, malissimo.



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