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Parigi mina il Consiglio tech Usa-Ue. Italia al lavoro per ricucire

Mancano poche ore all’inaugurazione del forum transatlantico su tecnologia e commercio. Ma per la Francia pesa ancora la questione Aukus. Negoziati in corso sul testo. Da Bruxelles trapela un po’ di insofferenza verso Macron, mentre a Washington si lavora per aiutare il 5G europeo (contro Huawei e Zte)

I vicepresidenti della Commissione europea Margrethe Vestager e Valdis Dombrovskis sono già negli Stati Uniti per l’inaugurazione del Consiglio Ue-Usa su commercio e tecnologia che si terrà domani a Pittsburgh, in Pennsylvania.

La prima ha in programma una partecipazione alla conferenza Code 2021. Il secondo ha già tenuto un discorso sulla cooperazione transatlantica alla Johns Hopkins University School of Advanced International Studies. E citando l’ex presidente americano Woodrow Wilson per sottolineare lo storico legame tra Unione europea e Stati Uniti, ha spiegato che serve “unire le forze e assicurare che le democrazie scrivano le regole per il XXI secolo”.

L’obiettivo è chiaro seppur non esplicito: far fronte comune davanti all’ascesa delle autocrazie, in primis della Cina.

Ma nonostante la telefonata della scorsa settimana tra il presidente francese Emmanuel Macron e quello statunitense Joe Biden, la crisi dell’Aukus – l’accordo di sicurezza tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti che fatto perdere un’importante commessa di sottomarini alla Francia – non è ancora rientrata.

E Parigi ha cercato di far pesare quelle tensioni durante le riunioni tra i diplomatici europei in vista dei lavori di Pittsburgh. L’ha fatto presentando diverse obiezioni al testo della dichiarazione congiunta, che pure era già stato piuttosto ridimensionato rispetto alle aspettative iniziali. Semiconduttori, commercio globale e sforzi comuni all’Organizzazione mondiale del commercio sono i temi su cui l’ambasciatore francese ha suggerito modifiche. Inoltre, ha chiesto che nel testo fosse inserito un chiaro riferimento al secondo incontro del Consiglio da tenersi a marzo dell’anno prossimo durante il semestre di presidenza francese del Consiglio dell’Unione europea.

Le richieste francesi, confidano fonti europee a Formiche.net, “sembrano appunto francesi, e poco europee”. Tradotto: Parigi non fa gioco di squadra facendo leva sulla questione Aukus. Il testo finale, che in queste ore rimbalza da Bruxelles a Washington, rischia di essere debole, notano le stesse fonti. La Francia sta ancora cercando di far saltare tutto?

Certo, le elezioni tedesche e i prossimi mesi di trattative per la formazione di un governo a Berlino rappresentano un’occasione per la Francia di Macron e l’Italia di Mario Draghi. Ma sullo specifico dossier del Consiglio Ue-Usa su commercio e tecnologia la diplomazia italiana sta lavorando assieme a quella tedesca e ad altre per ammorbidire le richieste di Parigi e finalizzare una dichiarazione. Obiettivo: convincere tutti ma senza abbassare, almeno non troppo, il livello di ambizione, in modo che il testo possa essere ritenuto un successo e un rilancio dei legami transatlantici, e non una semplice dichiarazione d’intenti.

Anche a Washington si cerca di ricucire. Politico ha rivelato che i senatori Jeanne Shaheen (democratica) e Rob Portman (repubblicano), entrambi membri della commissione Esteri, stanno per presentare al Senato una proposta di legge gemella di quella avanzata al Congresso dai deputati Marcy Kaptur (democratico) e Adam Kinzinger (repubblicano): un Transatlantic Telecommunications Security Act per far sì che l’agenzia governativa U.S. International Development Finance Corporation possa finanziare progetti privati (meglio se già sostenuti dalla Commissione europea) per le reti 5G in 22 Paesi dell’Europa centro-orientale. Una proposta che risponde evidentemente alla sfida rappresentata dalle aziende cinesi Huawei e Zte. Ma che apre un interrogativo, quello avanzato da Thorsten Benner, fondatore e direttore del think tank tedesco Global Public Policy Institute, su Twitter: gli Stati Uniti vogliono solo rafforzare il fronte anticinese o vogliono allo stesso tempo cercare anche di sostenere alternative americane alle europee Ericsson e Nokia?


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