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Donnet e il patto Caltagirone-Del Vecchio. Su Generali serve cautela

Dopo l’alleanza parasociale tra Caltagirone e Del Vecchio si apre la partita per il riassetto nel Leone, a cominciare dalla riconferma del ceo Donnet. Il caporedattore del Sole Ferrando: attenti a non scherzare con il fuoco, uno scontro può riaccendere appetiti stranieri. E sulle regole…

Se il tormentone dell’estate 2021 ormai agli sgoccioli è stata la quasi certa fusione tra Mps e Unicredit, quello dell’autunno potrebbe essere il futuro riassetto delle Generali. Una tra le più famose società italiane quotate nel mondo potrebbe avviarsi a un periodo turbolento, al termine del quale potrebbe prefigurarsi una nuova governance del Leone. Il blitz targato Leonardo Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone apre scenari dagli esiti tutt’altro che scontati.

IL RISIKO DEL LEONE

Come noto, il patron di Luxottica (oggi fusa con la francese Essilor) e l’imprenditore-editore hanno stretto un patto parasociale che vale l’11% del gruppo di Trieste. Il secondo attraverso una galassia di società con quote inferiori all’1%, tutte con sede in via Barberini, storico quartier generale romano del gruppo di famiglia. Il primo attraverso la Delfin, cassaforte lussemburghese che controlla sia Essilor-Luxottica sia la quota di maggioranza relativa in Mediobanca, poco al di sotto del 20%.

C’è però un gioco di specchi con quello che è ancora a tutti gli effetti il salotto buono della finanza italiana, quella Mediobanca che ha finora dettato la linea nel Leone. Sia Caltagirone sia Del Vecchio sono infatti azionisti di peso della banca fondata da Enrico Cuccia (Caltagirone ha in mano il 3%), la quale è prima azionista delle Generali con il 12,8%. Ora dunque sorge una domanda d’obbligo: dal momento in cui l’asse Caltagirone-Del Vecchio, per giunta aperto ad altri soci, totalizza l’11%, dunque poco meno di Mediobanca, è lecito o meno attendersi un cambio della governance, a cominciare dal ceo, il francese Philippe Donnet, alla guida del Leone da marzo 2016 e finora sostenuto da Mediobanca?

LA SCELTA DEL MERCATO

Se, come sembra essere intenzionato a fare, l’attuale board delle Generali dovesse decidere di procedere con la presentazione di una propria lista che contempli anche la riconferma di Donnet è pacifico immaginare uno scontro con i desiderata degli altri due azionisti, freschi di patto, che insieme alla famiglia Benetton hanno investito tra Mediobanca e Generali non meno di 6 miliardi di euro. Caltagirone e Del Vecchio potrebbero dunque, già molto prima dell’assemblea della prossima primavera (a fine ottobre c’è un’altra scadenza, l’assise di Mediobanca), proporre una propria lista.

A quel punto, non ci sarà altra via che convincere il mercato ad appoggiare l’una piuttosto che l’altra lista. Parola insomma al mercato, con gli investitori che saranno chiamati a decidere se sostenere Mediobanca e il board attuale o Del Vecchio e Caltagirone. La differenza, se davvero si finisse alla conta in assemblea, potrebbero farla i fondi azionisti del Leone, ovvero il grosso degli investitori istituzionali che pesano per il 40,3% del capitale.

ATTENZIONE A NON BRUCIARSI

Formiche.net ha chiesto il parere di Marco Ferrando, caporedattore del Sole 24 Ore e caporedattore del dorso Finanza&Mercati. Una pace con Mediobanca è possibile, per non turbare il mercato e mandare segnali di guerra all’esterno? “Questa è, in teoria una battaglia al rialzo: chi difende Donnet ne rivendica i risultati raggiunti sia in termini industriali che di redditività dalle sue Generali. Chi lo vuole cambiare, crede che la compagnia abbia un potenziale superiore a quanto fin qui espresso”, spiega Ferrando. “In questo senso, è un confronto che guarda alla crescita più che alla difesa, di quelli che piacciono al mercato. Certo è che si scherza con il fuoco: sia una parte che l’altra hanno molto da perdere, e se lo scontro dovesse scappare di mano certo potrebbe riaccendere appetiti esteri. Anche se con i multipli attuali tutte le compagnie europee sono molto care, rendendo costoso ogni possibile sogno di scalata”.

REGOLE SI, REGOLE NO

Secondo Ferrando, poi, l’accelerazione in Generali di due soci di peso come Caltagirone e Del Vecchio farà si che la partita per il Leone sia un test per le regole di governance gradite in Europa e non sempre applicate in Italia. “Questo perché le Generali sono una delle ultime società italiane note nel mondo, di mercato e con una forte presenza di investitori internazionali. Proprio per questo, si sono dotate di una governance in linea con le migliori prassi internazionali, che prevede tra l’altro che la lista per il rinnovo del board sia presentata dal board uscente, che deve dar prova di conoscere l’umore degli investitori. Le regole, però, da sole non bastano: la loro efficacia dipende da chi le applica. Questo vale per chi chiede continuità e per chi vuole discontinuità: forzature eccessive non sarebbero capite né tollerate dal mercato né dai regolatori, conseguenze pesanti per la credibilità di Piazza Affari e dei protagonisti di questa partita”. La partita le Generali è solo all’inizio.

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