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L’Italia esporta sicurezza nel mondo. Così Guerini conquista il Pentagono

A Washington, l’apprezzamento di Lloyd Austin per la Difesa italiana è andato ben oltre la solita cortesia istituzionale. Nell’incontro con Guerini, dal segretario americano è arrivata l’investitura al ruolo che l’Italia può avere sulla scena internazionale, nel Mediterraneo e oltre. E in campo bilaterale ci sono “nuove opportunità di collaborazione”…

“L’Italia è un esportatore di sicurezza nel mondo, e noi ne apprezziamo il ruolo e il contributo sulla scena internazionale”. È così che Lloyd Austin, segretario alla Difesa degli Stati Uniti, ha accolto oggi al Pentagono Lorenzo Guerini. Un’investitura del protagonismo a cui la Penisola può ambire in questo particolare momento storico, tra la leadership europea di Mario Draghi e l’approfondimento dei rapporti con l’alleato d’oltreoceano.

L’INCONTRO AL PENTAGONO

Al dipartimento della Difesa è andato in scena un incontro “a tutto campo, molto utile e proficuo”, ha spiegato il ministro italiano, accolto a Washington dall’ambasciatrice Mariangela Zappia. Per il titolare di palazzo Baracchini è stata la seconda visita ufficiale negli Usa dopo quella a gennaio 2020. Per Austin si è trattato del primo faccia-a-faccia con un collega straniero dallo scoppio della crisi in Afghanistan. In un’agenda già ricca (che ha trattato anche la “minaccia crescente” di Russia e Cina), il tema afghano ha inevitabilmente conquistato il primo posto.

L’AFGHANISTAN

Austin e Guerini si sono prima di tutto scambiati reciprochi ringraziamenti per il lavoro svolto dalle rispettive Forze armate nelle ultime settimane per il ritiro dall’Afghanistan. Il coordinamento è stato mantenuto anche nelle fasi più delicate dell’operazione di evacuazione da Kabul. “Siamo particolarmente grati all’Italia per ospitare, temporaneamente, gli evacuati afghani nella base di Sigonella; è testimonianza del valore della nostro lunga collaborazione”, ha detto il segretario americano. “Grazie agli Stati Uniti per la leadership e per il grande lavoro che hanno sempre svolto per la sicurezza internazionale e per l’onere che si sono assunti in questa occasione”, ha replicato Guerini.

L’ATTENZIONE FUTURA

Ora l’attenzione è per le fasi successive, dal completamento del ritiro al focus sul contrasto al terrorismo. “Continueremo a consultarci in futuro con l’Italia, gli altri alleati Nato e tutta la comunità internazionale”, ha detto Austin. “E’ stato raggiunto l’obiettivo del contrasto al terrorismo – ha rimarcato Guerini – è stata resa inefficace la presenza di al Qaeda, ne sono stati colpiti i vertici, si è fatto sì che in questi venti anni l’Afghanistan non fosse più un luogo sicuro per il terrorismo globale”., Tuttavia, ha aggiunto, l’epilogo della missione ci dice che abbiamo fallito dal punto di vista della costruzione di un sistema istituzionale in questo Paese”. Di questo si dovrà tenere conto per sfruttare in futuro la “lezione appresa”.

IL SENSO DELLA VISITA

E così, sebbene in agenda fossero presenti i tradizionali temi che legano Italia e Stati Uniti nel campo della Difesa, il “momento” ha consegnato alla visita di Guerini una rilevanza particolare. “Questa volta – ha scritto il generale Mario Arpino – il nostro ministro si è presentato a Washington in una veste insolita e in un momento tutto particolare, tanto che è viva l’impressione che più che un semplice ministro, abbia presentato al Pentagono un plenipotenziario con deleghe plurime”. Difatti, ha rimarcato il generale, “gli Usa, dopo gli ultimi eventi, potrebbero aver compreso che di fronte ad alleati fedeli (Nato) e amici sicuri ma ragionevolmente critici (Unione europea e vicinato), non possono continuare a decidere da soli i destini altrui, ma dovranno prima o poi rassegnarsi ad ascoltare voci amiche, credibili, rappresentative e sincere; sembra proprio che questo momento sia giunto”.

OLTRE LA CORTESIA ISTITUZIONALE

A dimostrarlo le parole di Austin, ben oltre la consueta cortesia istituzionale. “L’Italia è uno dei nostri alleati più stretti e avete accolto sempre in modo speciale le nostre forze armate”, ha detto. “Io stesso ho lavorato al fianco dei militari italiani nel corso della mia carriera e nutro un enorme rispetto per il contributo e le capacità che l’Italia porta nei nostri sforzi congiunti”.

IL MOMENTO PER L’ITALIA

D’altra parte, il ritiro dall’Afghanistan e le sue ragioni (chiarite da Joe Biden in prima persona) hanno palesato l’intenzione degli Stati Uniti di dirigere la postura internazionale verso obiettivi considerati più vicini e dirimenti, a partire dal confronto con la Cina e dall’Indo-Pacifico. Tale cambio di rotta, che precede l’attuale amministrazione, è accompagnato dal rilancio delle tradizionali alleanze, Nato in primis, e dalla richiesta agli alleati di assumersi maggiori responsabilità nelle aree di più diretto interesse. L’Italia ha chiarito di essere pronta a tale ruolo, in un momento di potenziale protagonismo sulla scena internazionale, tra la presidenza del G20 e la leadership di Mario Draghi apprezzata oltreoceano come in Europa, lì dove l’era di Angela Merkel è al tramonto.

DALL’IRAQ AL SAHEL

Emblematico lato Difesa il caso dell’Iraq, tra i temi del bilaterale tra Austin e Guerini. Il prossimo anno l’Italia assumerà il comando della missione rafforzata della Nato, con obiettivi di addestramento che ereditano le competenze della Coalizione globale anti-Isis e procedono in parallelo alla volontà americana di ridurre l’impegno nel Paese. Se ciò vale con evidenza nel Mediterraneo (con la Libia che resta in cima alle priorità italiana), vale anche per il Sahel, per cui l’Italia ha aumentato considerevolmente l’impegno negli ultimi anni.

IL FUTURO DELLA NATO

Il tutto, tra alleati, passa pure per l’Alleanza di riferimento, ovvero la Nato. La crisi in Afghanistan ha reso ancor più evidente l’importanza del processo di riflessione strategica #Nato2030 lanciato dal segretario generale Jens Stoltenberg. È la base per la definizione del nuovo Concetto strategico (quello attuale risale al 2010), che dovrà adattare l’Alleanza al mutato contesto internazionale, abbracciare la nuova postura americana (compreso il confronto con la Cina) e accogliere l’innalzamento del livello d’ambizione dei Paesi europei. Di tale processo hanno parlato Austin e Guerini (non del prossimo segretario generale, ha spiegato il ministro italiano).

LA DIFESA EUROPEA CHE PIACE AGLI USA

Per gli Usa la sponda italiana risulta particolarmente utile. Nel Vecchio continente si discute di difesa comune ed esercito europeo, e la Penisola è da sempre tra i Paesi che intendo tale processo come un rafforzamento dell’alleanza transatlantica, e non come una spinta all’indipendenza dall’alleato d’oltreoceano. L’Afghanistan, ha detto Guerini, impone “un rafforzamento della difesa europea con l’assunzione di responsabilità quando bisogna prendersele” ma “sempre sotto l’ombrello delle relazione transatlantiche e della Nato”. Di più: “La nostra è una posizione di sintesi tra una visione realista, che preferisce continuare ad affidarsi alla Nato, e una visione ambiziosa, che punta su una difesa europea con una sua autonomia”.

LA COLLABORAZIONE BILATERALE…

Come di consueto, a chiudere l’agenda del bilaterale sono stati i temi più specifici di collaborazione bilaterali, compresa la cooperazione industriale. Il rapporto è ben consolidato, evidente nella presenza (e nei successi) negli Usa per i campioni italiani, Leonardo e Fincantieri. C’è il programma F-35, condito dalla recente campagna americana di Nave Cavour, non senza prospettive di sinergie per l’impiego dei velivoli su portaerei, una capacità che avranno solo quattro Paesi. C’è la collaborazione tra Boeing e Leonardo per gli elicotteri MH-139 destinati alla US Air Force, e c’è quella tra Lockheed Martin e Fincantieri sulle unità Lcs. Ma Austin e Guerini hanno anche “esplorato altre aree dove possiamo approfondire la nostra cooperazione”, ha detto il segretario statunitense.

…E LE NUOVE OPPORTUNITÀ

Il dibattito negli Usa sul budget per il 2022 mostra l’attenzione trasversale che il mondo americano della Difesa sta dedicando all’innovazione in campo militare. Tra intelligenza artificiale, cyber e 5G, l’attenzione è per le tecnologie “disruptive”, capaci di stravolgere il terreno di confronto. Gli esperti e i teorici prevedono per il futuro una guerra sempre più “informativa e multi-dominio“, con conseguente adattamento di forze e assetti. Negli Usa stanno così partendo programmi “trasformazionali”, come nel campo dell’ala rotante, su cui (non a caso) l’Italia ha mostrato interesse per le prospettive legate al Future Vertical Lift.

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