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Lega Nord vs Lega nazionale. Cosa dice la sfida Torino-Catania per i chip Intel

Il colosso americano non ha neppure deciso se uno dei due stabilimenti di semiconduttori sorgerà in Italia che le tensioni settentrione-meridionale si sono accese. A dimostrazione delle divergenze sugli orizzonti a cui dovrebbe guardare il Carroccio. Il ministro Giorgetti nel mirino di alcuni esponenti del Sud

Torino o Catania? La sfida per ospitare la nuova fabbrica di Intel racconta molto della situazione che sta vivendo la Lega: da una parte c’è chi continua a guardare con favore al progetto nazionale del leader Matteo Salvini; dall’altra chi coltiva i sogni di un ritorno al Nord puntando su Giancarlo Giorgetti, numero due del Carroccio, che da ministro dello Sviluppo economico che lavorando per portare in Italia uno dei due stabilimenti che il colosso americano vuole aprire in Europa.

Riavvolgiamo il nastro. Intel è pronta a investire circa 80 miliardi di euro in Europa nel prossimo decennio per aumentare la sua capacità produttiva affiancando alle strutture già esistenti in Irlanda altre due fabbriche. L’obiettivo è raddoppiare entro il 2030 la produzione di semiconduttori, con la pandemia che ne ha rafforzato la domanda di semiconduttori, cresciuta dal 5-6% al 20%, fino a una carenza globale che ha creato difficoltà a molti settori, tra cui quello dell’automobile.

Pat Gelsinger, amministratore delegato di Intel, è pronto ad assecondare i piani dell’Unione europea per una maggiore autosufficienza. “Trent’anni anni fa l’Europa produceva il 44% dei semiconduttori mondiali. Oggi il 9%. Pensate, dal 44 al 9%”, ha sottolineato in una recente intervista all’emittente pubblica irlandese RTÉ.

La ricerca dei siti giusti per i nuovi impianti riguarda anche le condizioni economiche. Perché, come un portavoce di Intel aveva spiegato qualche settimana fa a Formiche.net, “attualmente, far funzionare una Fab in Europa o negli Stati Uniti può può costare il 20-40% in più rispetto ai Paesi asiatici. Guardando a Europa e Stati Uniti per aiutare a bilanciare la catena di fornitura globale di silicio, siamo incoraggiati dalla risposta che abbiamo ricevuto dai leader di governo”, aveva aggiunto.

Nelle scorse settimane il ministro Giorgetti, ricordando l’incontro di inizio luglio con Gelsinger (che durante quella permanenze a Roma aveva visto anche il presidente del Consiglio Mario Draghi), si era detto convinto che “possa esserci anche il via libera dell’Italia all’investimento dello Stato per oltre 8 miliardi”. Poi aveva aggiunto che ci sono “ragionevoli speranze su Torino”.

Una scommessa, quella sull’area Mirafiori, rilanciata nei giorni scorsi durante la campagna elettorale a sostegno di Paolo Damilano, l’unico candidato del centrodestra che a detta di Giorgetti appare in grado di diventare sindaco vincendole le elezioni del prossimo fine settimana. A Torino c’è chi già pregusta la rivalsa dopo le due docce gelate della gigafactory di Stellantis e del progetto Italcomp per gli ex operai Embraco (c’è anche il Centro per l’intelligenza artificiale che sorgerà sotto la Mole ma rimaneggiato).

Durante una visita al Politecnico di Torino Giorgetti ha dichiarato di aver “proposto la candidatura di Torino, e in particolare Mirafiori” ritenendo che”qui ci siano talenti, capacità, intelligenze, innovazione assolutamente adatte per un investimento di quel tipo”.

Le sue parole hanno scatenato la reazione dura di Nello Musumeci, presidente della Regione Sicilia, sostenuto dalla Lega: “A decidere non può essere la solita logica che privilegia il Nord a discapito del Sud”, ha dichiarato. Poi ha punta il dito contro il Mise (“aveva garantito per l’insediamento di Intel una partita da giocare facendo perno sul ‘sistema Italia’ e sulle migliori credenziali dell’area da individuare”) e contro “pressioni e rivalse nordiste”.

L’Etna Valley ribolle. Catania vuole far pesare le competenze sviluppate grazie alla presenza di ST Microelectronics. Contro Giorgetti si sono mosse le forze politiche e i sindacati. Ma la proteste arriva anche da Bruxelles: Annalisa Tardino, europarlamentare siciliana della Lega, ha dichiarato che “non c’è nessun Nord contro Sud quando si parla di sistema Paese” e ha sottolineato che “valorizzare il Sud è per la Lega di Salvini una priorità” e che Catania “ha tutte le carte in regola per poter ospitare nuove strutture e stabilimenti produttivi di alto livello”.

A provare ad abbassare i toni è intervenuto Nino Minardo, il segretario della Lega in Sicilia. Ha dichiarato che la Lega lavora “affinché gli investimenti si materializzino in Italia” e, replicando al governatore Musumeci, ha spiegato che “Giorgetti ha già chiarito di non avere mai espresso preferenze per Torino”.

Il ministro ha spiegato a LiveSicilia che “il dossier è delicato e stiamo lavorando senza sosta per portare in Italia Intel perché la concorrenza a livello europea è fortissima”. Il rischio è che Intel – che, va precisato, non ha manifestato alcuna preferenza – scelga altri Paesi, come la Germania e la Francia. Se e quando ci sarà la certezza che il colosso ha scelto di puntare sull’Italia, “si inizierà a discutere dell’insediamento e sarà scelto chi dimostrerà di avere più competenze”, ha aggiunto. E a chi lo accusa di non avere a cuore il futuro industriale ed economico di Catania, risponde: “Stiamo lottando a livello di Commissione europea per autorizzare l’investimento Stm a Catania. Il resto, polemiche, accuse, strumentalizzazioni locali non aiutano”.

Ma il riferimento agli sforzi su Stm ha alimentato nuovi sospetti sui piani di Giorgetti per Intel. A conferma delle tensioni interne alla Lega sugli orizzonti del partito.


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