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Deal, la principessa di Huawei patteggia con gli Usa

Meng Wanzhou, direttrice finanziaria e figlia del fondatore di Huawei, è detenuta in Canada dal 2018. La risoluzione del caso potrebbe risolvere uno dei punti dolenti della tenzione geopolitica tra Pechino e Washington

Il Dipartimento di giustizia statunitense ha raggiunto un compromesso che permetterà a Meng Wanzhou, la direttrice finanziaria di Huawei detenuta in Canada per conto degli Stati Uniti, di tornare a casa dopo quasi tre anni. L’accordo non riguarda l’azienda, che continuerà a combattere le accuse americane.

Il Wall Street Journal, che ne dà notizia, riporta che Meng dovrà ammettere di aver commesso alcuni atti illeciti (cosa che finora si era rifiutata di fare). In cambio i pm faranno cadere le accuse di frode informatica e bancaria, consentendo alla dirigente di lasciare il Canada.

Nota in Cina come la “principessa di Huawei” e figlia del fondatore del colosso tecnologico Ren Zhengfei, Meng fu arrestata a dicembre 2018 all’aeroporto di Vancouver dietro richiesta degli Stati Uniti. La Cina reagì poco dopo arrestando due canadesi sul suo territorio, l’imprenditore Michael Spavor e il ricercatore Michael Kovrig, in rappresaglia (anche se nega da allora che esista un collegamento) e detenuti da allora.

I rapporti tra Canada e Cina sono tesissimi da allora. È di agosto la notizia della condanna a morte di Robert Schellenberg, trentaseienne canadese arrestato per traffico di droga lo stesso mese di Spavor, Kovrig e Meng oltreoceano. Nel frattempo Ottawa e Pechino si sono scambiati un fuoco di fila di sanzioni.

L’affare è diventato anche uno dei contenziosi più amari nel rapporto tra Washington e Pechino, deteriorato da allora. Si intreccia con la “guerra fredda tecnologica” tra i due Paesi: non è un caso che Meng venne arrestata nel pieno della guerra dei dazi. Nel 2018 l’amministrazione di Donald Trump era nel pieno della sua campagna anti-Huawei, ritenuta un attore statale e accusata di spionaggio dagli Usa.

L’accusa principale dietro all’arresto di Meng (e la richiesta di estradizione negli Usa) concerneva la violazione di sanzioni americane sull’Iran. La dirigente, che al tempo rigettò le accuse, avrebbe ingannato la banca HSBC nel 2013 riguardo ai rapporto di Huawei con una compagnia, Skycom Tech.

Al tempo Meng avrebbe rappresentato Skycom come un’entità distinta da Huawei, per non dare l’impressione che il colosso tecnologico cinese facesse affari con Teheran e aggirare le sanzioni americane, anche se secondo l’accusa (e diverse prove) si trattava di un’entità singola. La dirigente ha fatto parte del consiglio di amministrazione di Skycom dal 2008 al 2009.

Ci si aspetta che Meng compaia oggi stesso, virtualmente, in un’aula di giustizia newyorkese. Non è ancora chiaro se le ammissioni che dovrà fare sono collegate alle sanzioni americane. Una specialista si è dichiarata “cautamente ottimista” riguardo alla possibilità che la liberazione di Meng possa portare alla liberazione di Spavor e Kovrig.

Possibile anche che lo sviluppo possa far scendere la tensione tra Cina e Usa per un paio di gradi, portando il confronto geopolitico verso quello che Joe Biden ha chiamato “competizione vigorosa” all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.


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