Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

La Cina ha un problema con la finanza. E chiama le banche straniere

Pechino ha approvato il regolamento che prevede la vendita di prodotti per i risparmiatori cinesi da parte delle grandi banche estere, tra cui le britanniche Hsbc e Standard Chartered Bank. Un modo per stemperare la tensione tra gli investitori messi un fuga dal crack di Evergrande. Ormai certo

C’è chi va e chi viene. Mentre i prodotti derivati cinesi viaggiano per mezzo mondo, contaminando la finanza occidentale, la Repubblica Popolare spalanca le porte alle grandi istituzioni finanziarie europee, ma non solo. In realtà qualcosa si era già mosso nei mesi scorsi, come raccontato da Formiche.net, quando giganti statunitensi del calibro di Goldman Sachs e BlackRock hanno siglato importanti accordi per gestire parte del risparmio privato cinese.

BENVENUTE BANCHE (STRANIERE)

Adesso la falla nell’economia del Dragone si allarga ulteriormente con le britanniche Hsbc e Standard Chartered Bank più altri 16 istituti di credito che hanno ricevuto l’autorizzazione dal governo cinese per iniziare a vendere prodotti di investimento ai risparmiatori. Più nel dettaglio, l’Autorità monetaria di Hong Kong ha approvato per 19 istituti di credito occidentali il Wealth Management Connect Scheme (Wmc), che consente di vendere prodotti di investimento nella Greater Bay Area, inclusa la provincia del Guangdong e le regioni amministrative speciali di Hong Kong e Macao.

Delle 19 banche in questione, 16 potranno vendere prodotti di gestione patrimoniale sia a Hong Kong che nella Cina continentale, mentre altri tre istituti di credito – Bank of East Asia, Dah Sing Bank, DBS Bank – potranno vendere prodotti solo a investitori continentali tramite. Per la Cina, l’apertura commerciale verso gli istituti stranieri rappresenta la possibilità di compensare il progressivo disinteresse di molti investitori verso il debito cinese, considerato sempre meno sicuro a causa della drammatica crisi del settore immobiliare, innescata dal crack di Evergrande.

EVERGRANDE AL CAPOLINEA

Crack ormai conclamato, visto che la trattativa fra Hopson Development ed Evergrande per rilevare il 51% della controllata di quest’ultima, Property Services, per dare un po’ di cassa al gruppo, è stata sospesa. Si sarebbe trattato di iniettare 40 miliardi di dollari di Hong Kong (5,14 miliardi di dollari) nell’ormai ex colosso immobiliare, appesantito da 305 miliardi di dollari di debito, sospeso dalle contrattazioni da giorni proprio in attesa di una comunicazione rilevante, ovvero l’intervento di Hopson come cavaliere bianco.

Questo, però, non è avvenuto. Secondo l’agenzia di stampa finanziaria Cls, “la ragione è piuttosto complicata. È probabile che gli azionisti di Evergrande Real Estate non abbiano raggiunto un accordo”. Non è ancora noto se le due parti riprenderanno la trattativa. Intanto il colosso del mattone non ha pagato diverse cedole in dollari di bond scaduti a partire da fine settembre e se non rimborserà i creditori entro il 23 ottobre rischia di incassare un giudizio di default da parte delle agenzie di rating.

EFFETTO DOMINO

A questo si aggiunga che Sinic Holdings, secondo quanto riporta Bloomberg, in linea con l’avvertimento della scorsa settimana, è risultata inadempiente su un’obbligazione di 246 milioni di dollari in scadenza ieri. Il default del gruppo immobiliare del lusso si aggiunge a quello di Fantasia Holdings all’inizio di ottobre. E solo due giorni fa Fantasia Holdings, gruppo immobiliare di lusso, è entrato nella lista delle società cinesi che possono fallire, saltando un pagamento di 206 milioni di dollari agli obbligazionisti. A differenza di Evergrande, si pensava che Fantasia avesse i soldi necessari per far fronte ai suoi obblighi finanziari. Ma non è così.

×

Iscriviti alla newsletter