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Riaprite i confini. Il grido delle banche che spaventa Hong Kong

Le restrizioni nell’ex colonia britannica si fanno sempre più dure, mentre le quarantene sui flussi in entrata spingono molte aziende a valutare lo spostamento del personale, dissanguando l’economia del Porto Profumato. L’allarme di BlackRock e Goldman Sachs

Il più grande polmone finanziario dell’Asia comincia ad avere il fiato corto. E dalle parti di Pechino non possono esserne certo felici. La ripresa dei contagi nel continente asiatico rischia di giocare un brutto scherzo a Hong Kong, le sue aziende e la sua Borsa. Per un motivo molto semplice: le crescenti restrizioni in Cina e le ferree regole sui flussi in entrata stanno lentamente dissanguando l’ex colonia britannica, oggi dipendente in tutto e per tutto dal Dragone, in piena crisi immobiliare. Imprese a corto di personale, consumi in picchiata, migliaia di persone in quarantena, stanno privando Hong Kong della sua linfa, fatta di transazioni e spesa.

L’allarme è stato lanciato da due pesi massimi statunitensi, presenti in loco con i loro uffici, ovvero Goldman Sachs e BlackRock. Le due istituzioni finanziarie hanno lanciato un monito molto chiaro alle autorità di Hong Kong: lo status di cuore finanziario dell’Asia è fortemente a rischio a causa delle politiche anti-Covid altamente restrittive che soffocano i viaggi all’estero, soprattutto per lavoro e i flussi in entrata, in gran parte turistici.

In una lettera a Paul Chan, segretario finanziario di Hong Kong, Goldman Sachs e BlackRock, unitamente ad altri colossi stranieri hanno invitato i funzionari dell’ex colonia inglese ad allentare le regole su quarantene e contingentamento degli ingressi, proprio mentre altre regioni e metropoli circostanti riaprono al mondo. La scorsa settimana, per esempio, Singapore ha aperto ai viaggi senza quarantena. Anche Australia, Nuova Zelanda e Thailandia hanno elaborato piani per la riapertura delle frontiere nelle ultime settimane e abbandonato la strategia zero-Covid. Ma i visitatori di Hong Kong provenienti da 25 paesi, tra cui Regno Unito e Stati Uniti, devono invece essere messi in quarantena in un hotel, a proprie spese per tre settimane.

Il risultato è che il 48% delle società operative a Hong Kong sta pensando seriamente di spostare parte del suo personale a causa dell’incertezza su quando e come verranno revocate le restrizioni e le quarantene. “Temiamo che se Hong Kong non sviluppa e non comunica una strategia di uscita chiara e significativa dall’attuale approccio, come nel caso di molte altre giurisdizioni, la stessa rischia di perdere il suo vitale status internazionale”, si legge nella missiva. “Il governo deve fare tutto il possibile per promuovere un dialogo informato e una piena considerazione dei rischi a lungo termine se i suoi confini rimangono effettivamente chiusi, contrariamente ai centri finanziari e commerciali internazionali in competizione”.

Le cose, comunque, non sembrano mettersi bene. Un funzionario di Hong Kong ha dichiarato al Financial Times che il confine con la terraferma potrebbe rimanere chiuso fino a dopo il congresso del partito comunista, nel novembre 2022. Banche e Borsa sono avvisate.

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